Nello stabilire il collocamento di figli minorenni, va prilegiata la convivenza protratta con uno dei genitori già in atto da tempo. La misura del mantenimento va determinata in base alla valutazione implicita del tenore di vita goduto ex ante e va fissata in modo da sostenere le spese di gestione della casa familiare.
Cassazione, ord. 21 maggio 2018, n. 12458
Ai fini della determinazione del genitore convivente in via principale con i figli minori, va valutata non solo la loro età ma anche la loro convivenza già in atto sin dal momento dell’allontanamento dell’altro genitore dalla casa familiare e cioè per un periodo significativo, oltre quattro anni, anche in difformità con le conclusioni del CTU.
La prosecuzione della convivenza dei figli con la madre risponde al loro superiore interesse in ragione della positiva esperienza di vita in comune e della opportunità di non arrecare, almeno allo stato, perturbamenti rilevanti nella loro situazione esistenziale. La misura del contributo al mantenimento dei figli va determinata sulla base di una valutazione implicita del tenore di vita goduto dai minori nel corso della convivenza dei loro genitori, dalla disponibilità finanziaria e patrimoniale degli stessi, nonché della qualità dell’abitazione in cui è stata fissata la residenza familiare (art. 337 ter e sexies c.c.).
L’interesse dei minori alla conservazione della situazione abitativa anche dopo la separazione dei genitori giustifica, inoltre, l’elevazione dell’assegno al fine di poter sostenere le spese di gestione della casa familiare, anche in considerazione dell’ammontare modesto del reddito a disposizione dell’altro genitore affidatario.
Riferimenti normativi
Artt. 155 e 155 quater c.c.