Gare pubbliche e limiti all’interesse ad agire in giudizio

Intervenuto in materia di gare pubbliche di appalto il Consiglio di Stato, nella sentenza, in esame, ha modo di osservare come l’interesse ad agire in giudizio non consista (contrariamente a quanto ritenuto dagli appellanti), nell’interesse indifferenziato al rispetto della legalità, nemmeno quando si tratta dell’interesse al rispetto dei principi di imparzialità e di parità di trattamento tra concorrenti ed al rispetto delle norme che regolano le procedure di evidenza pubblica di affidamento di pubblici servizi.

Siffatto interesse può infatti consentire di individuare ipotesi speciali di legittimazione ad agire, ma ciò avviene soltanto per espressa previsione di legge (tra cui l’attuale art. 211, commi 1 bis e 1 ter, d.lgs. n. 50 del 2016, introdotti dalla L. 21 giugno 2017, n. 90 secondo cui espressamente: <<1-bis.  L’ANAC è legittimata ad agire in giudizio per l’impugnazione dei bandi, degli altri atti generali e dei provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, emessi da qualsiasi stazione appaltante, qualora ritenga che essi violino le norme in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture>>; <<1-ter.  L’ANAC, se ritiene che una stazione appaltante abbia adottato un provvedimento viziato da gravi violazioni del presente codice, emette, entro sessanta giorni dalla notizia della violazione, un parere motivato nel quale indica specificamente i vizi di legittimità riscontrati. Il parere è trasmesso alla stazione appaltante; se la stazione appaltante non vi si conforma entro il termine assegnato dall’ANAC, comunque non superiore a sessanta giorni dalla trasmissione, l’ANAC può presentare ricorso, entro i successivi trenta giorni, innanzi al giudice amministrativo. Si applica l’articolo 120 del codice del processo amministrativo di cui all’allegato 1 annesso al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104>>).

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