Osserva il Tar Lazio nella sentenza in esame come, secondo il costante indirizzo del Consiglio di Stato, <<In materia di pubblici concorsi le commissioni esaminatrici – chiamate a fissare i parametri di valutazione e poi a giudicare su prove di esame o di concorso – esercitano non una ponderazione di interessi, ma un’amplissima discrezionalità tecnica, sulla quale il sindacato di legittimità del giudice amministrativo è limitato al riscontro del vizio di illegittimità per violazione delle regole procedurali e di quello di eccesso di potere in particolari ipotesi-limite, riscontrabili dall’esterno e con immediatezza dalla sola lettura degli atti (errore sui presupposti, travisamento dei fatti, manifesta illogicità o irragionevolezza); costituiscono, pertanto, espressione di ampia discrezionalità, finalizzata a stabilire in concreto l’idoneità tecnica, culturale ovvero attitudinale dei candidati, tanto il momento (a monte) dell’individuazione dei criteri di massima per la valutazione delle prove, quanto quello (a valle) delle valutazioni espresse dalla commissione giudicatrice; da ciò discende che sia i criteri di giudizio, sia le valutazioni non sono sindacabili dal giudice amministrativo se non nei limitati casi in cui l’esercizio del potere discrezionale trasmodi in uno o più dei vizi sintomatici dell’eccesso di potere (irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento dei fatti), i quali – tipicamente – rappresentano vizi della funzione (rectius, della disfunzione) amministrativa” (Consiglio di Stato, sez. IV, 20 dicembre 2017 n. 5982; Consiglio di Stato, sez. IV, 30 agosto 2017 n. 4107; v, anche: T.a.r. Lazio, Roma, sez. I 5 giugno 2017, n. 6532; T.a.r. Puglia, Bari, sez. I 17 febbraio 2015, n. 256).
Pubblici concorsi e poteri delle commissioni esaminatrici
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