Precisa il Consiglio di Stato, intervenuto in tema di abusivismo edilizio, come il carattere «reale» della misura ripristinatoria della demolizione (e la sua doverosità in vista del ripristino dei valori tutelati dalle discipline che regolano l’uso e la trasformazione del territorio) non esime la Pubblica Amministrazione dal motivare scrupolosamente gli elementi raccolti per individuare l’autore dell’abuso, ove si tratti di persona diversa dall’attuale proprietario.
Ciò in quanto, si osserva ancora in sentenza, nel processo amministrativo l’integrazione in sede giudiziale della motivazione dell’atto amministrativo è ammissibile soltanto se effettuata mediante gli atti del procedimento ‒ nella misura in cui i documenti dell’istruttoria offrano elementi sufficienti ed univoci dai quali possano ricostruirsi le concrete ragioni della determinazione assunta ‒ oppure attraverso l’emanazione di un autonomo provvedimento di convalida (art. 21-nonies, secondo comma, L. n. 241 del 1990).
È invece inammissibile un’integrazione postuma effettuata in sede di giudizio, mediante atti processuali, o comunque scritti difensivi.
Abusivismo edilizio e misura ripristinatoria della demolizione, quali gli obblighi di motivazione in capo alla P.A.?
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