La responsabilità civile della Pubblica Amministrazione, derivante da un provvedimento illegittimo, ha natura extra-contrattuale e, nel caso di un provvedimento adottato in sede di autotutela, la collegata posizione giuridica del privato è di interesse legittimo (art. 2043 c.c.).
Ciò significa, secondo l’argomentare proprio del Consiglio di Stato nella sentenza in esame, che non può sussistere una forma di responsabilità oggettiva che prescinda dall’accertamento della colpevolezza che peraltro risulta necessario anche se si potesse configurare un diritto soggettivo.
La colpevolezza dell’amministrazione autrice di un atto illegittimo non può essere ritenuta per ciò solo, alla stregua di una responsabilità oggettiva (Consiglio di Stato, sez. IV 18 luglio 2017, n.3520; Consiglio di Stato, sez. VI 8 ottobre 2008 n. 4924) ma richiede appunto la dimostrazione di una colpa, che è esclusa in presenza di date circostanze, e in particolare ove la situazione di fatto presentasse elementi di rilevante complessità (Consiglio di Stato, sez. VI, 5 marzo 2015, n. 1049; Consiglio di Stato, sez. V 20 ottobre 2008, n. 5124).
In presenza di atti illegittimi la colpa in astratto si può presumere, integrando l’accertamento dell’illegittimità, ai sensi degli artt. 2727 e 2729, comma 1, c.c., una forma di presunzione semplice in ordine alla sua sussistenza in capo all’Amministrazione, superabile da prova contraria.
Quanto all’elemento soggettivo della colpa dell’Amministrazione (elemento che oltretutto, alla luce della giurisprudenza Eurounitaria, non risulta neppure necessario ai fini della risarcibilità del danno da illegittima mancata aggiudicazione di una gara pubblica), un consolidato orientamento giurisprudenziale, inquadrando la responsabilità della P.A. da provvedimento illegittimo nell’ambito del modello aquiliano, precisa che il privato può provare la colpa dell’amministrazione anche semplicemente dimostrando l’illegittimità del provvedimento lesivo, illegittimità la quale, pur non identificandosi nella colpa, costituisce, tuttavia, un indizio (grave, preciso e concordante) idoneo a fondare una presunzione (semplice) di colpa che l’amministrazione può vincere dimostrando elementi concreti da cui possa evincersi la scusabilità dell’errore compiuto (Consiglio di Stato, sez. IV, 16 aprile 2016, n. 1347; Consiglio di Stato, sez. VI, 4 settembre 2015, n. 4115; Consiglio di Stato, sez. VI, 16 aprile 2015, n. 1944 Consiglio di Stato, 7 giugno 2016, n. 3858).
Non solo. Si afferma altresì nella sentenza qui i n esame che, in materia di responsabilità civile, anche nei confronti delle persone giuridiche ed in genere degli enti collettivi è configurabile il risarcimento del danno non patrimoniale, da identificare con qualsiasi conseguenza pregiudizievole della lesione – compatibile con l’assenza di fisicità del titolare – di diritti immateriali della personalità costituzionalmente protetti, ivi compreso quello all’immagine, il cui pregiudizio, non costituendo un mero danno-evento, e cioè in re ipsa, deve essere oggetto di allegazione e di prova, anche tramite presunzioni semplici (Cass. civ., sez. III, 13 ottobre 2016, n. 20643; Cons. Stato, sez. IV, 07 dicembre 2017, n. 5755).
Si è affermato ancora in giurisprudenza:
– in materia di appalti pubblici: <<Nel caso di mancata aggiudicazione, il danno conseguente al lucro cessante si identifica con l’interesse c.d. positivo, che ricomprende sia il mancato profitto (che l’impresa avrebbe ricavato dall’esecuzione dell’appalto), sia il danno c.d. curricolare (ovvero il pregiudizio subìto dall’impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum e dell’immagine professionale per non poter indicare in esso l’avvenuta esecuzione dell’appalto). Spetta, in ogni caso, all’impresa danneggiata offrire, senza poter ricorrere a criteri forfettari, la prova rigorosa dell’utile che in concreto avrebbe conseguito, qualora fosse risultata aggiudicataria dell’appalto, poiché nell’azione di responsabilità per danni il principio dispositivo opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell’azione di annullamento (ex art. 64, commi 1 e 3, c.p.a.), e la valutazione equitativa, ai sensi dell’art. 1226 cod. civ., è ammessa soltanto in presenza di situazione di impossibilità – o di estrema difficoltà – di una precisa prova sull’ammontare del danno.
- Il mancato utile spetta nella misura integrale, in caso di annullamento dell’aggiudicazione impugnata e di certezza dell’aggiudicazione in favore del ricorrente, solo se questo dimostri di non aver utilizzato o potuto altrimenti utilizzare maestranze e mezzi, in quanto tenuti a disposizione in vista della commessa. In difetto di tale dimostrazione, può presumersi che l’impresa abbia riutilizzato o potuto riutilizzare mezzi e manodopera per altri lavori, a titolo di aliunde perceptum vel percipiendum>> (Cons. Stato, Ad. Plen., 12 maggio 2017, n. 2);
– in tema di espropriazione per p.u.: <<La sintesi equilibrata dell’orientamento del Consiglio di Stato … si rinviene nella … sentenza dell’Adunanza plenaria 9 febbraio 2016, n. 2, la quale ha definitivamente chiarito che “la condotta illecita dell’amministrazione incidente sul diritto di proprietà non può comportare l’acquisizione del fondo e configura un illecito permanente ex art. 2043 c.c. – con la conseguente decorrenza del termine di prescrizione quinquennale dalla proposizione della domanda basata sull’occupazione contra ius, ovvero, dalle singole annualità per quella basata sul mancato godimento del bene”.
15.5. Il riportato principio ripete, nella sostanza, quello elaborato dalle ricordate Sezioni unite della Corte di cassazione secondo cui “la prescrizione quinquennale per la richiesta di risarcimento del danno da occupazione illegittima decorre, quanto alla reintegrazione per equivalente, dalla data della domanda e, per il pregiudizio da mancato godimento, dalle singole annualità” (sentenza 19 gennaio 2015, n. 735, cit.; indi sez. I, 5 aprile 2016, n. 6563)>> (Consiglio di Stato, sez. IV, 03 novembre 2017, n. 5084).
Riferimenti:
Consiglio di Stato, sez. IV, 07/12/2017, n. 5755
Art. 2043 c.c.
Art. 2727 c.c.
Art. 2729 c.c.