Legittimazione alla proposizione del giudizio di ottemperanza

Si afferma in sentenza come, in termini generali, legittimate alla proposizione del giudizio di ottemperanza siano tutte (e solo) le parti la cui domanda sia stata accolta all’esito del giudizio di cognizione, concluso con la pronuncia oggetto della domanda di esecuzione, in coerenza con la nozione di “cosa giudicata” di cui all’art. 2909 c.c., la quale fa stato, ad ogni effetto, tra le parti, i loro eredi o aventi causa (artt. 112 ss. D.Lgs. n. 104/2010, CPA) (v. anche id.: Cons. Stato, sez. VI, 27 luglio 2017, n. 3757).

<<Una conferma in tal senso la giurisprudenza (v. TAR Abruzzo, L’Aquila, 9 dicembre 2010 n. 826) l’ha rinvenuta anche nel sopraggiunto “codice del processo amministrativo”, in quanto, ai sensi dell’art. 112, il giudizio di ottemperanza assume un’ampia latitudine, per essere esso preordinato non solo a conseguire l’attuazione delle sentenze (comma 2) ma anche ad “…ottenere chiarimenti in ordine alle modalità di ottemperanza” (comma 5), evidentemente su istanza di tutte le parti del giudizio di cognizione, e per essere quindi esso contraddistinto dall’investire il giudice della pronuncia su “…tutte le questioni relative all’ottemperanza …” (art. 114, comma 6)>> (T.a.r. Emilia-Romagna, Bologna, sez. I, 27 febbraio 2012, n. 158; v. anche Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 02 gennaio 2012, n. 19).

Quando il giudicato venga a incidere su di un atto indivisibile (che, oltre ad essere caratterizzato da una pluralità di destinatari, abbia un contenuto inscindibile sicché non possa essere scisso in distinte ed autonome determinazioni, ovvero su un atto collettivo, che, parimenti, non possa essere ritenuto, all’esito del giudicato di annullamento, esistente per taluni o inesistente per altri), l’individuazione della sfera di efficacia soggettiva della sentenza amministrativa di annullamento dipende a seconda che si abbia riguardo alla sua parte cassatoria dell’atto, ovvero a quella ordinatoria.

In ordine alla prima, gli «effetti della sentenza» non possono che prodursi erga omnes; in ordine alla seconda, l’«autorità del giudicato» ‒ e i vincoli conformativi che esso comporta ‒ fa stato unicamente inter partes.

Si è precisato ancora in giurisprudenza: <<la sfera di efficacia soggettiva di una pronuncia giurisdizionale amministrativa di annullamento va individuata in maniera differente a seconda che si abbia riguardo alla sua parte dispositiva-cassatoria dell’atto, ovvero a quella ordinatoria-prescrittiva, statuente limiti e vincoli per la successiva azione dell’Amministrazione, atteso che, mentre in ordine alla prima parte, comportante la eliminazione dal mondo giuridico di una entità obiettiva quale il provvedimento impugnato, la pronuncia non può che operare erga omnes, essendo l’istituto dell’annullamento ontologicamente insuscettibile di produrre la caducazione di un atto per taluni e non per altri, relativamente alla parte ordinatoria-prescrittiva, la pronuncia si atteggia come tipicamente inerente al rapporto giuridico dedotto in giudizio che viene esaminato ed in ordine al quale prescrizioni e vincoli sono posti negli stretti limiti degli interessi sostanziali fatti valere dall’istante, delle censure dedotte e delle contrapposte eccezioni sollevate, donde l’applicabilità, in parte qua, del principio proprio delle pronunce giurisdizionali civili, pur esse, di norma, tipicamente inerenti a rapporti, secondo cui il giudicato fa stato unicamente fra le parti, i loro eredi ed aventi causa (cfr. ex multis: Cons. Giust. Amm. Reg. Sic. 30 gennaio 2013, n. 75)>> (T.a.r. Lazio, Roma, sez. II, 06 aprile 2016, n. 4161).

Riferimenti:

Consiglio di Stato, sez. VI, 01/12/2017, n. 5634

Art. 2909 c.c.

D.Lgs. 02/07/2010 n. 104 art. 112

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