di Vittorio Italia e Lorenzo Camarda
Le emergenze sanitarie del COVID – 19 e le ordinanze dei Sindaci
SOMMARIO: 1. Premessa – 2. Il divieto di ordinanza dei Sindaci, dubbi sulla legittimità dell’articolo 35, e la modificazione esplicita del Testo unico degli Enti locali – 3. Se l’articolo 35 costituisca un principio – 4. Come devono comportarsi i Sindaci rispetto al problema sollevato dall’articolo 35 – 5. Conclusioni.
1. Premessa.
Il decreto legge 3 marzo 2020, n. 9: “Misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenze epidemiologiche di COVID -19” (in Gazzetta Ufficiale del 2 marzo 2020, n. 539), contiene il Capo IV (dal Titolo: Disposizioni finali e finanziarie), e l’articolo 35, dal Titolo. “Disposizioni in materia di ordinanze contingibili ed urgenti”, che stabilisce:
“1. A seguito dell’adozione delle misure statali di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, non possono essere adottate, e, ove adottate sono inefficaci, le ordinanze sindacali contingibili ed urgenti dirette a fronteggiare l’emergenza predetta in contrasto con le misure statali”.
2. Il divieto di ordinanza dei Sindaci, dubbi sulla legittimità dell’articolo 35, e la modificazione esplicita del Testo unico degli enti locali.
Questo articolo vieta ai Sindaci di emanare ordinanze contingibili ed urgenti in contrasto con le misure statali di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica di COVIT – 19, e considera inefficaci tali ordinanze, ove fossero adottate.
L’articolo ha previsto un’importante finalità, ed ha voluto evitare, da parte dei Sindaci, che siano adottate misure e regole contrarie a quanto stabilito in sede governativa, perché la gravità della situazione sanitaria comporta la necessità di regole unitarie in tutto il territorio nazionale, senza frammentazioni o iniziative discordi.
Ma questa positiva finalità non elimina i dubbi sulla legittimità dell’articolo 35, e sulla possibilità che una semplice legge ordinaria dello Stato renda inefficace un’ordinanza di un Sindaco. Infatti, l’articolo 35 ha come presupposto la tutela della salute (ed interviene sulle ordinanze contingibili ed urgenti del Sindaco, già previste nella leggi comunali e provinciali) ed ora disciplinate dall’ articolo 54 del Testo unico degli Enti locali, articolo che è espressione del riconoscimento e della “promozione” delle autonomie locali di cui all’articolo 5 della Costituzione.
Dato questo quadro normativo, ne deriva che una legge ordinaria dello Stato non può incidere su queste ordinanze, rendendole inefficaci. Queste ordinanze non sono semplici regolamenti di esecuzione (di cui all’articolo 4 delle Disposizioni sulla legge in generale), sono atti normativi emanati “nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento” (art. 54, comma 4, Tuel) e questo potere di stabilire l’inefficacia delle ordinanze dei Sindaci da parte di una semplice legge ordinaria statale, sarebbe in contrasto con l’articolo 54 del Testo unico degli Enti locali.
Ma non è tutto.
L’articolo 34 si presenta in contrasto con l’articolo 1, comma 3, del Testo unico degli Enti locali, per cui le modificazioni al Testo unico degli Enti locali devono essere effettuate in modo esplicito, e non – come nel caso di specie – in modo implicito.
È pur vero che il comma 3 dell’ articolo 1 richiama l’ articolo 128 della Costituzione (che stabiliva “Le Province ed i Comuni sono enti autonomi nell’ambito dei principi fissati da leggi generali della Repubblica che ne determinano le funzioni”), e quest’ ultimo è stato abrogato dalla modifica costituzionale del 2001, ed è stata prevista una particolare disciplina per la potestà regolamentare ( si veda, come esempio, l’ articolo 117 Cost, nell’inciso: “I Comuni e le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’ organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite”). La potestà di ordinanza dei Sindaci e dei Presidenti delle Province (ai quali si è aggiunta, dopo il 2001, quella dei Sindaci metropolitani) non è stata presa in considerazione dagli estensori delle norme costituzionali, ma le modifiche stabilite per le competenze degli enti ed organi nell’ordinamento degli enti locali, e quindi le modifiche al Testo unico degli enti locali, sono avvenute, e nelle stesse norme costituzionali, in modo esplicito, e non in modo implicito. In conseguenza, tutte le modifiche alle norme del Testo unico degli enti locali, non possono avvenire in modo implicito, ma devono avvenire in modo esplicito.
3. Se l’articolo 35 costituisca un “principio”.
Il dubbio che una legge ordinaria statale possa sopprimere – in taluni settori coinvolti dall’epidemia – la potestà di ordinanza dei Sindaci potrebbe essere superato soltanto con le seguenti considerazioni.
– L’ articolo 35 del citato decreto legge riguarda la tutela della “salute”, che è materia di legislazione concorrente. In questa materia spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali riservata alla legislazione dello Stato.
– L’ articolo 35 stabilisce una regola di principio, che non è rivolta alle leggi regionali, ma alla potestà di ordinanza di cui all’articolo 54 del Tuel.
– È pur vero che nell’articolo 54, comma 4, è previsto il rispetto dei “principi generali dell’ordinamento”, e non dei “principi fondamentali”, e che nel Titolo del Capo IV e nel Titolo dell’articolo 35 non si fa riferimento ai principi, né fondamentali né generali.
Ma ciò trova una spiegazione nella scarsa considerazione che il legislatore ha per questi aspetti formali che incidono sulla sostanza dei rapporti tra le norme, statali e quelle contenute nelle ordinanze. Oltre a ciò, l’articolo 35 è inserito in un decreto legge, necessariamente affrettato, c scarsamente attento agli aspetti tecnico-formali.
4. Come devono comportarsi i Sindaci rispetto al problema sollevato dall’articolo 35.
A questo punto sorge un ulteriore problema concreto, che riguarda direttamente i Sindaci. Di fronte a situazioni di fatto collegate in vario modo con i problemi della salute, come devono comportarsi i Sindaci?
A giudizio degli scriventi:
– i Sindaci possono emanare delle ordinanze contingibili ed urgenti, che riguardano situazioni di fatto collegate con la salute, ma queste ordinanze devono essere “in armonia, cioè devono corrispondere anche con i dettagli, con quanto stabilito dalle Autorità centrali rispetto alle emergenze epidemiologica COVID-19;
– i Sindaci non possono emanare delle ordinanze contingibili ed urgenti che siano “in contrasto” con quanto stabilito dalle Autorità centrali rispetto alle emergenze epidemiologiche COVID-19. Le ordinanze non possono quindi stabilire regole contrarie ed opposte;
– I Sindaci possono emanare delle ordinanze d’ urgenza che si riferiscono a nuovi problemi che possono sorgere nel Comune, ma tali ordinanze devono “inserirsi nel
“tessuto normativo” precedente. Vi è qui un ulteriore problema che si aggiunge a quelli accennati. Ipotizziamo che, durante il periodo di epidemia del COVID 19, si verifichi in un Comune una situazione urgente ed indifferibile, che non consenta ritardi. Si pensi, ad esempio, al rischio tangibile del crollo di un edificio su altro edificio, oppure alla scoperta che sono vendute in esercizi pubblici delle merci avariate. Il Sindaco può intervenire con i poteri di ordinanza contingibile ed urgente in base all’articolo 54 del Testo unico degli enti locali?
La risposta è affermativa.
Vi sono in questo caso due situazioni urgenti, che si assommano l’una all’altra, e che devono entrambe essere considerate. L’ ordinanza contingibile ed urgente (ad es, quella per il crollo dell’edificio e dello sgombero dei residenti) dovrebbe esplicitamente far salvi i problemi della salute in relazione al COVID 19, e stabilire che tali interventi avvengano nel rispetto di quanto hanno stabilito le Autorità in relazione al COVID 19. Non è un compito facile, e si tratta di armonizzare esigenze diverse, che devono entrambe essere tenute presenti. E’ perciò opportuno, come misura cautelativa, che l’ordinanza precisi che tali interventi si svolgano nel rispetto di quanto stabilito dalle Autorità governative, ma nei limiti della situazione di fatto. Ad esempio, non sarebbe possibile pretendere il rigoroso rispetto della distanza di sicurezza sanitaria per il COVID 19 da parte degli operai addetti a risolvere il crollo dell’edificio e lo sgombero dei residenti.
Andando oltre con gli esempi, si potrebbe ipotizzare il caso di natura igienico-sanitario dell’inquinamento delle falde acquifere che interessa esclusivamente il territorio di un Comune. Non vi è dubbio che l’emergenza è di natura igienico-sanitaria e non vi è dubbio che, in quanto locale, la competenza è del Sindaco del luogo. Stante i presupposti il Sindaco avrebbe il dovere di intervenire con un’ordinanza contingibile ed urgente nelle vesti di capo dell’amministrazione locale (art. 50 T.U.E.L.). Si può allora pensare che, allorquando vi sia una emergenza igienico-sanitaria a livello locale (sia essa collegata o meno alla attuale epidemia) legittimi l’intervento del Sindaco. Con l’avvertenza che, allorquando l’ordinanza venisse emanata in costanza dell’epidemia COVID-19 dovrebbero essere osservate le misure dettate a livello governativo.
5.Conclusioni.
Nonostante la scrittura non felice della norma, inserita in un contesto economico-finanziario che pur riguardando la questione dell’epidemia, nulla a che vedere con l’impianto del T.U.E.L e pertanto non agevola una chiara interpretazione, tuttavia la questione può essere ricondotta ad una questione sulla competenza di poteri tra gli organi.
In sintesi la questione (fatte salve le osservazioni sollevate in apertura) si incentra sull’ampiezza del “perimetro inibitorio del Sindaco rispetto alle ordinanze contingibili ed urgenti in materia di emergenze sanitarie del COVID-19”. In sostanza i poteri del Sindaco possono configurarsi come un semplice “obbligo” a non adottare misure contrarie a quelle adottate a livello governativo in materia. Però il profilo negativo della misura non esclude quello positivo, cioè la possibilità di adottare delle ordinanze contingibili ed urgenti anche in materia di emergenze sanitarie del COVID-19.
In quest’ottica interpretativa verrebbero attenuate le perplessità che hanno accompagnato l’ingresso nell’ordinamento giuridico del D.L. 9/2020 e verrebbero anche attenuati i potenziali conflitti tra le Istituzioni dinnanzi ad un testo che, sotto il profilo giuridico formale, sarebbe utile fosse aggiustato in sede di conversione in legge.
Allo scopo, nel rivolgerci al legislatore, si suggerisce di tenere presente i rilievi riportati nei primi punti di questo intervento e rimodulare il testo ridimensionando, le seguenti locuzioni “ove adottate sono inefficaci” (per le ragioni motivate in premessa) ed anche “in contrasto con le misure statali” (in quanto le ordinanze sono per definizione rispettose della “rule of law”). Infatti le espressioni usate dal legislatore sono foriere di malintesi giuridici nell’ambito dell’interpretazione alla luce del T.U.E.L. e malintesi politici in un contesto di solidarietà umana e suscitano una nascosta paura sulla tenuta dello Stato di diritto che, invece, è supportato dal principio costituzionale di leale collaborazione tra le Istituzioni.