Nella sentenza in esame il Consiglio di Stato osserva come l’azione di condanna al risarcimento del danno “derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria” sia sottoposta, ai sensi dell’art. 30 D.Lgs. n. 104/2010, al termine, di natura decadenziale (Corte cost. 4 maggio 2017, n. 94), di centoventi giorni, variamente decorrente, a seconda dei casi:
1) “dal giorno in cui il fatto si è verificato”, laddove il danno si correli (sub specie facti) alla mera condotta commissiva del soggetto pubblico (comma 3, prima parte);
2) “dalla conoscenza del provvedimento”, laddove il danno rimonti (“direttamente” e sub specie acti) all’illegittimo esercizio di attività provvedimentale dell’amministrazione (comma 3, seconda parte);
3) da “un anno dalla scadenza del termine per provvedere” (comma 4, ad finem), le quante volte il danno (c.d. da ritardo: cfr. art. 2 bis l. n. 241/1990) derivi dall’ “inadempimento” – sub specie omissionis, trattandosi di “mancato esercizio” (comma 2) di attività “obbligatoria” – del dovere di provvedere, nel rispetto della scolpita tempistica procedimentale (cfr. art. 2 l. n. 241/1990 e art. 30, comma 4, primo alinea c.p.a.);
4) dal “passaggio in giudicato” della sentenza, resa a definizione della domanda di annullamento, ove proposta (comma 5), del provvedimento amministrativo riconosciuto in jure (e sub specie acti) come “illegittimo esercizio dell’attività amministrativa” (comma 1).