La cognizione sulla pronuncia di decadenza del Consigliere comunale per assenze ingiustificate appartiene alla competenza del giudice amministrativo in quanto, pur incidendo su un diritto soggettivo pubblico alla funzione elettiva, la pronuncia medesima è espressione del potere amministrativo che viene esercitato, sia pure con il controllo di legittimità, con criteri discrezionali.
La decadenza dalla carica di Consigliere comunale può essere pronunciata solo quando le giustificazioni sono futili, generiche, e non pertinenti. Di contro, giustificazioni pertinenti e serie possono essere fornite anche successivamente all’evento e può essere esibita ogni documentazione ritenuta idonea.
Il fatto.
Il Consiglio Comunale di un Comune della Calabria, esaurita la fase istruttoria, e assicurato il rispetto delle garanzie procedimentali, ha deliberato la decadenza di un suo Consigliere per assenza da oltre tre sedute consecutive, non avendo ritenuta convincente la documentazione medica prodotta a giustificazione perché considerata generica nella indicazione della patologia invalidante e formata posteriormente al verificarsi dell’impedimento, ed in quanto in semplice copia. A motivo della decadenza era stata invocata anche una norma regolamentare che impone la presentazione preventiva delle giustificazioni e non anche, come nel caso in esame, posteriore.
La sentenza
Il TAR ha accolto il ricorso annullando le deliberazioni adottate e con esse il regolamento nella parte invocata, quale atto presupposto. E’ stata pure disposta la condanna al risarcimento consistente nel pagamento delle indennità non percepite per il tempo dell’assenza, oltre alle spese di lite.
I motivi della decisione.
Sul punto della competenza, sollevato dall’amministrazione resistente, il TAR ha affermato la propria giurisdizione con il richiamo ad una conforme e costante giurisprudenza. Viene posto in evidenza che, sebbene si verta in tema di compromissione di un diritto soggettivo di partecipare a una funzione pubblica, la valutazione dei presupposti per il riconoscimento di tale diritto attiene ad un potere discrezionale, sia pure sottoposto a sindacato di legittimità. Ed in effetti le giustificazioni che il Consiglio comunale è chiamato a valutare comportano criteri propri di un esame discrezionale, come appunto avvenuto nel caso esaminato, dove doveva essere accertato il grado di attendibilità e pertinenza della documentazione esibita.
Coerentemente con questo indirizzo, il TAR afferma che, pur trattandosi di controversia attinente al diritto di esercitare funzioni pubbliche in quanto espressione dell’elettorato passivo, la valutazione dei presupposti applicativi negli aspetti fattuali appartiene pur sempre al potere amministrativo.
Quanto al merito della controversia, i Giudici hanno, in base all’ articolo 43 del D.lgs. 267/200, enunciato i principi ai quali costantemente si ispira l’orientamento della giurisprudenza, quali:
- la decadenza dalla carica di Consigliere comunale costituisce una compressione dello ius ad officia e le relative cause devono esser valutare con rigore;
- il rigore interpretativo deve essere applicato anche per evitare provvedimenti che finiscono con ledere le minoranze;
- le giustificazione delle assenze devono attestare l’involontarietà dell’impedimento a partecipare alle sedute consiliari, e non anche un atteggiamento di disinteresse all’esercizio di una funzione pubblica;
- presa d’atto che la assenza dalle sedute non è dipesa da volontaria manifestazione di disinteresse nei confronti della cosa pubblica.
Sotto questo profilo, di assenza dichiaratamente volontaria, non sono insoliti atteggiamenti di consiglieri che adottano il mezzo dell’abbandono dei lavori del consiglio comunale come manifestazione di dissenso: quello che nella prassi e letteratura politica richiama la figura dell’Aventino.
Anche di questa causa di decadenza si è occupato il Giudice amministrativo quando ha dovuto dirimere un contenzioso promosso da Consiglieri dichiarati decaduti, perché assenti dalle sedute consiliari per dichiarata protesta rispetto all’atteggiamento della maggioranza (TAR Brescia, n. 383/2006; Cons. Stato. Sez.V, n. 4433/2017).
Attesa la volontarietà della assenza dalle sedute, in quanto riferita a un asserito atteggiamento della maggioranza prevaricatore e di grave compromissione dei diritti della minoranza, l’assenza medesima è stata ritenuta non validamente giustificata, e quindi non ostativa alla pronuncia di decadenza (TAR Brescia, n. 383/2006; Cons. St. V, n. 4433/2017).
Si veda anche, su questo strumento di lotta politica espressa con il rifiuto di partecipazione alla formazione e deliberazione di deliberazioni consiliari, la precedente sentenza della medesima V sezione del Consiglio di Stato, 29 novembre 2005, n. 7761, ove si legge che ”la protesta politica, dichiarata a posteriori, non è idonea a costituire valida giustificazione delle assenze dalle sedute consiliari, in quanto, affinché l’assenza dalle sedute possa assumere la connotazione di protesta politica, occorre che il comportamento ed il significato di protesta che il consigliere comunale intende annettervi siano in qualche modo esternati al Consiglio o resi pubblici in concomitanza alla estrema manifestazione di dissenso, di cui la diserzione delle sedute costituisce espressione” (qui ritenuta la protesta politica valida giustificazione purché anticipata e non formulata a posteriori).
Da ultimo, la sentenza affronta l’aspetto risarcitorio avendo il TAR dovuto decidere sulla domanda di danni formulata dalla parte ricorrente, invero limitata al ristoro del mancato recepimento dell’indennità di carica. Sul punto i Giudici affermano che la corresponsione dell’indennità è effetto conseguente agli effetti retroattivi dell’annullamento della pronuncia di decadenza, oltre agli interessi nella misura di legge.
Mario Bassani
Riferimenti:
Tar Calabria, Catanzaro, sez. I, 20/04/2018, n. 925