No alla conversione del permesso di soggiorno per motivi religiosi in permesso per lavoro subordinato

Tema della sentenza qui in esame è la possibilità di assentire la conversione del permesso di soggiorno, rilasciato per motivi religiosi, in permesso di soggiorno per lavoro subordinato.

Preliminarmente si precisa, da parte del Consiglio di Stato, il quadro normativo di riferimento.

La fattispecie del soggiorno per motivi religiosi costituisce oggetto di una disciplina piuttosto scarna, rinvenibile essenzialmente nel disposto dell’art. 5, comma 2, secondo periodo, d.lgs. n. 286/1998, a mente del quale “il regolamento di attuazione può prevedere speciali modalità di rilascio relativamente ai soggiorni brevi per motivi di turismo, di giustizia, di attesa di emigrazione in altro Stato e per l’esercizio delle funzioni di ministro di culto nonché ai soggiorni in case di cura, ospedali, istituti civili e religiosi e altre convivenze”, nonché, con specifico riguardo alla fase dell’ingresso, nel Decreto del Ministero degli Affari Esteri del 12 luglio 2000, concernente “definizione delle tipologie dei visti d’ingresso e dei requisiti per il loro ottenimento”, il cui allegato, al punto 12, prevede che “il visto per motivi religiosi consente l’ingresso, ai fini di un soggiorno di breve o lunga durata, ai religiosi stranieri, intesi come coloro che abbiano già ricevuto ordinazione sacerdotale, o condizione equivalente, religiose, ministri di culti appartenenti ad organizzazioni confessionali iscritte nell’elenco tenuto dal Ministero dell’Interno, che intendano partecipare a manifestazioni di culto o esercitare attività ecclesiastica, religiosa o pastorale”.

Devi eseguire l'accesso per visualizzare il resto del contenuto.Si prega . Non sei un membro? Registrati
Share