Osserva il Tar Sicilia, Palermo, come in materia di informazioni antimafia, operino i seguenti principi di diritto:
– la normativa di settore (D.Lgs. n. 159/2011) privilegia una concezione della pericolosità in senso oggettivo, che prescinde dall’individuazione di responsabilità di rilevanza penale;
– l’informativa interdittiva non richiede la prova dell’intervenuta infiltrazione mafiosa, né presuppone l’accertamento di responsabilità penali in capo ai titolari dell’impresa sospettata;
– ai fini del provvedimento in esame è sufficiente che dalle informazioni acquisite tramite gli organi e le indagini di polizia si evinca un quadro fattuale indiziario sintomatico anche del solo pericolo di collegamento o di contiguità tra l’impresa e la criminalità organizzata;
– non è richiesta la dimostrazione della colpevole contiguità, della sotterranea collusione, della mascherata prossimità con ambienti o personaggi mafiosi, ma rileva soltanto la (pur incolpevole, pur imbarazzata, pur anche in ipotesi subita) permeabilità dell’operatore economico, di cui interessa non la soggettiva inclinazione nei confronti del fenomeno mafioso, ma l’oggettiva funzionalità e lo strumentale asservimento ai disegni ed alle mire della criminalità organizzata;
– la valutazione del Prefetto richiede soltanto la presenza di elementi in base ai quali non sia illogico o inattendibile, o manifestamente infondato, ritenere sussistente un collegamento dell’impresa con organizzazioni mafiose, o un possibile condizionamento dell’impresa da parte di queste;
– l’ampiezza dei poteri di accertamento, resa necessaria dalla finalità preventiva sottesa al provvedimento, giustifica che il Prefetto possa ravvisare l’emergenza di tentativi di infiltrazione mafiosa in fatti in sé e per sé privi dell’assoluta certezza – quali, segnalazioni delle Forze dell’Ordine; accertate cointeressenze economiche con società riconducibili, direttamente o indirettamente, a soggetti controindicati, o ritenuti di particolare interesse operativo dagli organi investigativi; dichiarazioni di pentiti – ma che, nel loro coacervo, siano tali da fondare un giudizio di possibilità che l’attività d’impresa possa, anche in maniera indiretta, agevolare le attività criminali o esserne in qualche modo condizionata;
– la discrezionalità delle valutazioni effettuata è particolarmente ampia ed è sindacabile in sede di legittimità solo sotto il profilo della illogicità, incoerenza o inattendibilità, con riferimento al significato attribuito agli elementi di fatto e all’iter seguito per pervenire a certe conclusioni;
– nel formulare tale giudizio sui rischi di inquinamento mafioso, le Prefetture non possono non tener conto delle modalità operative secondo le quali operano le organizzazioni criminali, e della varia natura di rapporti intercorrenti tra gli associati, i favoreggiatori e i semplici fiancheggiatori delle predette organizzazioni, con la conseguenza che gli elementi sintomatici di una possibile ingerenza non possono essere valutati alla stregua di astratti modelli di comportamento o di vincoli interpersonali giuridicizzati; piuttosto, i predetti indizi sintomatici vanno apprezzati in concreto, in relazione cioè allo specifico contesto sociale in cui essi sono stati raccolti, e per il significato che essi possono assumere in detta trama di rapporti;
– la legittimità del provvedimento deve essere vagliata con riferimento ai presupposti di fatto e di diritto esistenti al momento dell’adozione dell’atto stesso.
Riferimento:
D.Lgs. 06/09/2011 n. 159