Il tema trattato nella decisione in esame, parte dell’adito Collegio giudicante, è quello del rapporto tra trasferimento di sede disposto ex art. 33, V, L. n. 104/1992 (per la cura e l’assistenza di un disabile) e il decesso disabile assistito.
Si osserva in sentenza come il trasferimento in esame sia disposto a vantaggio, e nell’interesse esclusivo, non già dell’Amministrazione né del richiedente, bensì del disabile: il movimento, dunque, ha natura strumentale ed è intimamente connesso con la persona dell’assistito.
In particolare, si è di fronte ad un movimento non definitivo, ma subordinato ad un presupposto di fatto esterno ed estraneo all’ambito lavorativo, la cui perdurante presenza è condizione non solo per l’iniziale disposizione del trasferimento, ma anche per la sua perdurante efficacia.
Quindi, una volta avvenuto il decesso del disabile, si svuota ab interno la funzione stessa del provvedimento, irrimediabilmente privato della propria costitutiva ragione d’essere, e, dunque, si impone all’Amministrazione la revoca del movimento a suo tempo disposto.
L’interesse pubblico all’ottimale allocazione del personale, non più compresso dal concorrente interesse alla cura del disabile e di rilievo parimenti pubblico in virtù della qualificazione normativa recata dalla L. n. 104 cit., torna, così, a riespandersi pienamente.
A dispetto del nomen juris tale revoca in esame non presenta tratti di discrezionalità: si tratta, a ben vedere, di un atto doveroso nell’an e vincolato nel quomodo, d’indole decadenziale, con cui l’Amministrazione, sulla scorta del venir meno dell’unico presupposto fattuale posto a fondamento di una precedente determinazione di mobilità che, altrimenti, non sarebbe stata assunta, ricostituisce lo status quo ante, non essendovi più alcun motivo per continuare a mortificare l’interesse pubblico all’ottimale allocazione del personale ed il concorrente interesse individuale degli altri dipendenti allo scrutinio, in condizioni di parità, delle proprie istanze di trasferimento.
Ha osservato Cons. Stato, sez. IV, ord. 15 settembre 2017, n. 3871: <<i provvedimenti che a vario titolo comportino un tramutamento di sede, per consentire a un dipendente di prendersi cura di un congiunto disabile, esauriscono i propri effetti alla morte di quest’ultimo, con conseguente obbligo di rientro alla sede di ordinaria assegnazione sia pure a seguito del successivo atto ricognitivo dell’Amministrazione, la cui tardiva adozione non può comunque comportare la stabilizzazione di una assegnazione di per sé precaria, ferma restando la possibilità di formulare una nuova istanza ai sensi dell’art. 33 della legge n. 104/1992 in relazione ad una diversa situazione di handicap>>.
Riferimenti:
Consiglio di Stato, sez. IV, 06/11/2017, n. 5125