Dott. Alberto Villani
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con ordinanza n. 27723 depositata il 25 ottobre 2024, si pronunciava nel modo che segue: “secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 901 del 2018, Cass. n. 7513 del 2018; Cass. 23469 del 2018), in presenza di un danno alla salute, non costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione di una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno biologico, anche personalizzato, e di una ulteriore somma a titolo di risarcimento dei pregiudizi (definibili come danni morali) che non hanno fondamento medico-legale, perché non aventi base organica ed estranei alla determinazione medico-legale del grado percentuale di invalidità permanente, rappresentati dalla sofferenza interiore (quali, ad esempio, il dolore dell’animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione); parimenti il danno non patrimoniale conseguente alla lesione di beni-interessi diversi dalla salute ma costituzionalmente tutelati può essere liquidato, non diversamente che nel caso di danno biologico, tenendo conto dei pregiudizi patiti dalla vittima nella relazione con se stessa (la sofferenza interiore e il sentimento di afflizione in tutte le sue possibili forme, id est il danno morale interiore);
una volta riconosciuta in diritto la risarcibilità del danno morale quale posta autonoma del danno non patrimoniale, distinta dal danno biologico e dalla sua personalizzazione, l’accertamento in concreto della sussistenza di un tale tipo di danno così come della determinazione del suo ammontare in via equitativa compete al giudice del merito e involge inevitabilmente una quaestio facti che, come ogni altra, può essere sindacata innanzi a questa Corte nei limiti ristretti in cui può esserlo ogni accertamento di merito.”
L’articolo 2059 c.c. stabilisce che il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge.
Dottrina e giurisprudenza, per lungo tempo, hanno ritenuto che i casi di risarcimento di danno non patrimoniale fossero quelli relativi a fattispecie di reato visto l’implicito rinvio del codice all’art. 185 c.p.
La giurisprudenza ha successivamente avuto modo di precisare che non è consentito al giudice moltiplicare le tipologie di danno risarcibile: danno esistenziale, danno morale, danno biologico, danno estetico, danno alla vita di relazione, ma occorre procedere ad una liquidazione unitaria del danno non patrimoniale.
Emerge, pertanto, una visione onnicomprensiva di danno non patrimoniale che ricomprende tutte le evenienze lesive non economiche scaturite dall’illecito, con una distinzione meramente nominativa tra le varie voci di danno, al fine di evitare duplicazioni del danno risarcito.
In materia di quantificazione del danno non patrimoniale, la Corte di Cassazione, sez. III, 27 marzo 2018 n. 7513, tornò a riconoscere la possibile autonomia dei diversi pregiudizi comunque da ricondurre alla categoria unitaria del danno non patrimoniale.
La Suprema Corte con orientamento ormai consolidato ha precisato, altresì, che costituisce duplicazione risarcitoria l’attribuzione di una somma a titolo di danno biologico e di una somma a titolo di danno dinamico-relazionale, mentre non costituisce duplicazione risarcitoria l’attribuzione di una somma a titolo di danno biologico e di una ulteriore a titolo di danno morale. (Corte di Cassazione, 11 novembre 2019, n. 28989).
Una corretta interpretazione della giurisprudenza degli ultimi anni, in tema di danno non patrimoniale, porta a ritenere che la visione onnicomprensiva di danno non patrimoniale avallata dalla Corte di Cassazione non escluda, che per il medesimo evento, possa esservi sia un danno biologico che un danno morale.