Giustizia Riparativa: l’art.129 bis cpp governa l’accesso alla GR e non solo…

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Pasquale avv. Lattari Mediatore esperto e formatore in giustizia riparativa iscritto elenco mediatori esperti in Giustizia riparativa Ministero Giustizia. Curatore collana “Percorsi di giustizia riparativa” della Key Editore ed autore di monografie Key in materia.  Responsabile delle attività di giustizia riparativa del Consultorio Familiare della Diocesi di Latina – sede sin dal 2006 dell’ufficio di mediazione penale in ambito minorile e dal 2017 della mediazione adulti ex lege 67 del 2014 – e responsabile Centro di Giustizia riparativa e mediazione penale minorile della Regione Lazio; corresponsabile del Centro Antiviolenza per minori ed adolescenti della Regione Lazio con sede a Latina a seguito protocollo con Garante Infanzia ed adolescenza della Regione Lazio.

Art. 129 bis cpp: norma generale per l’avvio della GR.

L’ art. 129-bis cod. proc. pen. è stato inserito dal d.leg.vo 150 nel codice di rito quale norma generale per fissare le regole per l’avvio dei programmi di Giustizia Riparativa (GR). Ma anche – in parte qua – per regolare lo svolgimento e per la valutazione degli esiti nel procedimento penale.

Il giudice competente (ex art. 45 ter disp.att codproc.pen) ed il PM (129 bis co.3 cpp) dovranno far riferimento alla stessa norma per governare l’accesso ai programmi di GR valendo per i criteri specifici gli articoli della disciplina organica (art. 42 e segg.ti dleg.vo 150)

La valutazione dell’autorità giudiziaria sui criteri di accesso ivi previsti è strumentale alla sola autorizzazione all’accesso al Centro di GR:  “In altri termini, l’Autorità giudiziaria apre le porte, ma non le varca; non entra quindi in quegli ambienti, né interviene o valuta se, come e quando attuare un programma di giustizia riparativa.[1]

La GR riparativa e la sentenza Cassazione n.  6595/2024

Le parti sono autorizzate all’accesso dall’autorità giudiziaria ma sono libere di aderire all’invito  e non vantano alcun diritto ad entrarvi. Tant’è che il provv.to di diniego dell’autorità giudiziaria ex art. 129 bis cpp non è impugnabile perché:

– non previsto espressamente dall’art. 568 co 1 cpp  tra i mezzi impugnabili

– non riguardante la libertà personale e quindi  neppure impugnabile  ex art. 111 Costituzione per violazione di legge[2]

– la natura della GR non è giurisdizionale: “La mancata previsione dell’impugnabilità, nell’ambito del procedimento penale, dell’ordinanza che nega all’indagato/imputato l’accesso ad un programma di giustizia riparativa non pone problemi di legittimità costituzionale, poiché il procedimento riparativo di cui all’art. 129-bis cod. proc. pen. non ha natura giurisdizionale, concretizzandosi in un servizio pubblico di cura relazionale tra persone, disciplinato da regole non mutuabili da quelle del processo penale, che talora risultano incompatibili con queste ultime”. (CASSAZIONE N. 6595 DEL 2024)

La sentenza 6595 afferma che la Giustizia ripartiva: ”non è un rito speciale, ma al più un procedimento incidentale, parallelo alla giustizia contenziosa; non è una causa di estinzione del reato, se non limitatamente all’ipotesi della remissione tacita di querela ai sensi del (nuovo) art. 152 cod. pen.; non è una causa di non punibilità o di non procedibilità e non è un’alternativa al processo e alla pena, né è un’alternativa alla giustizia penale, non sostituendosi ad essa; (…) essa si affianca a quella contenziosa e (che) procede in parallelo ad essa (salvo divenirne complementare e convergere nell’ipotesi della remissione tacita e dell’eventuale sospensione del procedimento nel caso di reati perseguibile a querela ai sensi dell’art. 129-bis, comma 4, cod. proc. pen.); è un sistema che ha connotazioni e regole proprie, che può incidere sul trattamento sanzionatorio” (così la Relazione dell’Ufficio del Massimario dedicata alla novella in oggetto).”

Il d.Lgs. 150/2022 ha concepito il rapporto tra sistema penale e giustizia riparativa in chiave di complementarietà “integrativa”, nel senso che (come si vedrà, soltanto tendenzialmente) la giustizia riparativa si innesta nel procedimento penale in qualsiasi stato e grado e senza preclusioni in relazione alla tipologia di illecito.

Al termine dello svolgimento del programma di giustizia riparativa, l’autorità giudiziaria acquisisce la relazione trasmessa dal mediatore.” La predetta disposizione declina il rapporto di complementarità tra giustizia riparativa e giustizia punitiva secondo un modello – per così dire – autonomistico, in base al quale la giustizia riparativa e quella punitiva procedono separatamente su binari paralleli destinati a non incontrarsi, pur se la giustizia riparativa trova il suo naturale habitat proprio nel procedimento penale: qui sono promossi tendenzialmente i percorsi riparativi e qui ricadono i suoi effetti positivi, ove ve ne siano.[3]

“ in accordo con l’opinione senz’altro prevalente in dottrina, osserva il collegio che, alla luce di quanto fin qui evidenziato, il procedimento riparativo non è un procedimento giurisdizionale: il programma riparativo e le attività che gli sono propri appartengono non al procedimento/processo penale, quanto piuttosto all’ordine di un servizio pubblico di cura della relazione tra persone, non diversamente da altri servizi di cura relazionale ormai diffusi in diversi settori della sanità e del sociale. Ciò spiega le ragioni per le quali, all’interno del procedimento riparativo, operano regole di norma non mutuabili da quelle del processo penale, ed anzi, incompatibili con quelle del processo penale: volontarietà, equa considerazione degli interessi tra autore e vittima, consensualità, riservatezza, segretezza. Ed invero, proprio perché l’oggetto e la finalità del percorso riparativo sono completamente diversi da quelli del processo penale, non possono in entrambi operare gli stessi principi.”

La natura della GR: spunti di riflessione

La natura non giurisdizionale della GR  così valutata dalla Cassazione attiva riflessioni  alla luce di dati positivi e normativi della disciplina organica della Giustizia Riparativa. Si osserva.

Il giudice (o il PM nella fase di indagine o la magistratura di sorveglianza in fase esecutiva) ex art. 129 bis cpp  verifica i presupposti per l’accesso ai programmi di giustizia riparativa.

Il giudice valuta ai fini dell’avvio del programma di GR

  • l’utilità alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato (art. 42 d.leg.vo 150 definizione GR)
  • l’assenza di pericolo concreto per gli interessati e per l’accertamento dei fatti

Il giudice  valuta anche  l’esito del programmi di GR (art. 58 d.leg.150)

E l’effetto in bonam partem  ha ricadute circa le determinazioni dell’attività giurisdizionale del giudice:

-sotto il profilo dell’estinzione del reato (remissione tacita querela 152 co.3 n. 2 cp)

-sul trattamento sanzionatorio (con applicazione attenuante comune specifica art.62 n.2, con sospensione condizionale della pena ex art.163 ult comma cp ed in generale applicazione 133 cp sub art.58 d.lego 150) )

-sulla esecuzione della pena (vd ord.penitenziario) e quindi sulla libertà della persona sull’eventuale estinzione del reato (vd art. 58 co.1)

Il giudice invece ha il divieto di valutazione di effetti sfavorevoli  –  divieto in malam partem – per le persone partecipanti in caso il mancato esito per la mancata  effettuazione, l’interruzione del programma  o il mancato raggiungimento di un esito riparativo (art.58 co. 2  d.leg.vo 150). [4]

Va evidenziato che oltre al divieto sostanziale espresso di effetti  sfavorevoli per le parti che hanno partecipato al programma di GR senza esiti riparativi (art. 58) ed alla normativa che impone impermeabilità di ciò che si svolge nel programma riparativo (artt. 50 dovere di riservatezza per i mediatori e partecipanti, art. 51 inutilizzabilità delle dichiarazioni art. 52 tutela del segreto e divieto di sequestro intercettazioni e registrazioni) vi è  la previsione generale e processuale dell’art. 129 ult comma cpp che rafforza l’ autonomia della GR rispetto ai principi del  processo, in primis la presunzione di innocenza per l’autore del reato:

in caso di esito riparativo i mediatori restituiscono una relazione circa le attività svolte, l’esito raggiunto ed ulteriori dichiarazioni consensuali delle parti.

in caso di mancato esito i mediatori restituiscono una comunicazione.

Ebbene l’ultimo comma dell’art. 129 bis cpp prevede che solo la relazione viene acquisita dal giudice e non la comunicazione che non è utilizzabile processualmente.

 L’effetto in bonam partem: la ratio

L’effetto solo in bonam partem è quindi voluto dall’ordinamento perché questa attività di Giustizia  è

-prevista dalla legge per le parti che vi accedono su autorizzazione del giudice se lo vogliono con percorso libero volontario consensuale e che possono in qualsiasi momento interrompere

– alla presenza dei mediatori esperti in GR e non tra meri privati: il reato è un fatto pubblico di rilievo pubblico ed i programmi di GR non sono mediazione e negoziazione privatistica

-affidata ad enti pubblici – enti locali cui fanno capo i Centri per la giustizia riparativa – e condotta da mediatori esperti inseriti in un apposito elenco tenuto dal ministero (con precisi obblighi formativi e di aggiornamento in percorsi condotti da università ed i formatori esperti dei Centri)

-è finanziata dalla legge.

La GR inoltre è  attività di giustizia penale e pubblica perché i programmi di GR – la mediazione, il dialogo riparativo, altri programmi dialogici – trattano il reato ed i pregiudizi sulle persone.

Ed in particolare tutto ciò che riguarda gli effetti sulle persone – le sofferenze  ed i pregiudizi patiti, il rimprovero e la rabbia ed il chiederne conto ed attenderne risposte di chi deve renderne conto, con possibilità di riconoscersi, di responsabilizzarsi alla luce delle conseguenze vive dei propri atti,  di riavviare e ricucire relazioni personali e sociali lacerate  – ha molto del fare  giustizia ed ha a che vedere con la domanda e la risposta di giustizia a seguito di un esperienza di ingiustizia derivante dal reato.

La giustizia tradizionale non tratta tali ambiti del reato – sono fuori della scena del processo (ob-scenum letteralmente osceni) – perchè finalizzata ad accertare l’esistenza di un fatto reato, la riconducibilità alla responsabilità penale di un reo ed all’irrogazione della pena ed alla sua esecuzione.

Quindi la GR complementare alla giustizia penale processuale – che la presuppone necessariamente – e che vi aggiunge (complementare nell’accezione anche di  completare/aggiungere) ambiti nuovi ed alla stessa sconosciuti.

La GR in ragione delle finalità di riconoscimento, responsabilizzazione verso l’altro e ricostruzione dei legami personali e sociali (art. 43 co.2 d.legoì.vo 150) ha l’effetto e la funzione di attenuare l’aspetto punitivo ed afflittivo della Giustizia tradizionale in caso di esito riparativo.

E la ragione – oltre a quelle ricordate – è fondata sul lavoro complesso difficoltoso e   doloroso del dialogo e dell’incontro delle persone coinvolte dal fatto/reato,  del guardarsi negli occhi e nel guardare il volto dell’altro per essere chiamati a rispondere reciprocamente degli effetti delle proprie condotte.

Gli effetti dai fatti di reato sono vivi e tangibili nelle persone – nei loro occhi e nei volti..-   perché in violazione dei precetti penali con  comportamenti concreti – che non hanno dato vita solo a violazioni formali e fredde della legge penale e/o racchiuse in un capo di imputazione.

Ora dinanzi a tali elementi è difficile comprendere la non giurisdizionalità della GR se non in ragione di una valutazione meramente formale dell’attività che non è in capo al giudice  ..e che, va evidenziato, tuttavia interviene con proprie valutazioni  in punto di accesso a tale procedimento incidentale di GR e di valutazione dell’esito riparativo.

GR e Giustizia processuale un unico corpus

Incorporando in unico sistema  i due paradigmi di giustizia – quello procedimento retributivo tradizionale (fatto di indagini, processo ed esecuzione)  e quello riparativo  (d’altronde la disciplina organica è tale perché si inserisce nel corpus giustizia!!) – possiamo affermare – utilizzando la metafora dei binari della suprema Corte – che :

-nel proc.to retributivo attraverso un provv.to di autorizzazione giurisdizionale le persone possono percorre i binari diversi dal processo e che da esso dipartono che sono i binari della GR

sui binari della GR  le persone coinvolte  trattano – consensualmente e volontariamente  – tutti gli effetti pregiudizievoli che il fatto/ reato ha provocato –  sotto ogni ambito (fisico e di animo e di sentimenti, personale e relazionale) attraverso un dialogo ed un incontro variamente articolato  alla presenza di un mediatore esperto  che ne tiene in considerazione equamente le posizioni senza ruoli processuali

se vi è un esito riparativo (materiale o simbolico) – che rende conto del riconoscimento reciproco e della responsabilizzazione e della ricucitura delle relazioni personali e sociali –i binari della GR attraverso uno scambio di ritorno  (la relazione) tornano nei binari del processo processuale ordinario affinchè il giudice valuti adeguamente con effetti  positivi per l’indicato autore in punto di trattamento sanzionatorio.

se non vi è alcun esito riparativo i binari della GR  finiranno su un “binario morto” senza alcuno scambio di ritorno sui binari del processo e quindi senza effetto; ed il processo  riprenderà i suoi binari ordinari (da cui era stato momentaneamente “deragliato” il materiale umano delle parti coinvolte).

La rivoluzione culturale di tale nuovo paradigma di giustizia rispetto al tradizionale paradigma punitivo impone di guardare quest’ultimo con lenti e prospettive nuove e  con una buona disponibilità a tali nuovi ambiti di giustizia.

[1] Relazione Ministeriale accompagnamento d.legvo 150 in GU serie generale 245 del 19.10.2022 pg cit pg. 318

[2] “la garanzia costituzionale riguarda i provvedimenti giurisdizionali che abbiano carattere decisorio e capacità di incidere in via definitiva su situazioni giuridiche di diritto soggettivo, producendo, con efficacia di giudicato, effetti di diritto sostanziale e processuale sul piano contenzioso della composizione di interessi contrapposti (Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003 Rv. 224610). Il provvedimento con il quale si rigetta la richiesta di accesso alla giustizia ripartiva manca di tali requisiti, e dunque ad esso non è estensibile il regime di ricorribilità per cassazione per violazione di legge previsto dall’art. 111, comma settimo, Cost.” (cass. 6595 del 2024  punto 1.2.1)

[3] La sentenza precisa che a ciò fa eccezione l’avvio della giustizia riparativa – quando il processo è concluso – in fase esecutiva (art. 44 co.2 decr 150) o ancor prima del suo inizio (prima della proposizione della querela) (art. 44 co.3 decr. 150)

[4]“La giustizia riparativa si muove su binari differenti rispetto all’accertamento della penale responsabilità circa il fatto di reato, sicché la partecipazione al programma di giustizia riparativa, da parte della persona indicata come autore dell’offesa, non può assolutamente essere apprezzata, ai fini processuali, come ammissione di responsabilità penale.”  Relazione Ministeriale accompagnamento d.leg.vo 150 in GU serie generale 245 del 19.10.2022 pg 537

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