Una carta annonaria dei comuni per un ragionevole controllo del consumo del gas

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Sommario:

Introduzione

  1. Proposta: intervento pubblico nel settore del gas
  2. Carta annonaria dei servizi del gas – un progetto in divenire
  3. Ipotesi operativa- integrativa per i comuni
  4. Patto dei Sindaci Europei e l’Energy Manager
  5. Riflessioni conclusive
  6. Riferimenti bibliografici

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Introduzione

Parlare del problema dei consumi energetici e della fornitura del gas, in particolare, si rischia di cadere spesso nel già sentito o già visto. E’ un tema che coinvolge il cittadino perché si toccano punti nevralgici del quotidiano vivere. Il presente lavoro si sforza di dare un contributo alla ricerca di soluzioni operative, partendo dalla base e in particolare dai Comuni, enti preposti all’ascolto e, per quanto è possibile, alla soluzione dei problemi quotidiani del cittadino.

Senza volere enfatizzare il loro ruolo, anche nel campo energetico possono dare un contributo e direi perfino aprire le porte a soluzioni con economia di spese. Credo che negli enti locali ci sia anzitutto la volontà, in capo sia all’apparato politico che burocratico, di risolvere le questioni concretamente. E’ un atteggiamento che va premiato ma non sempre la sola buona volontà riesce a dare le risposte adeguate. In effetti i problemi sono spesso più grandi dell’ente locale e pertanto va aiutato e sostenuto. Le poche risorse che lo contraddistinguono, dieri da sempre, spesso gli impediscono di intervenire in maniera appropriata e idonea. Inoltre il personale, soprattutto negli enti piccoli, non riesce ad effettuare i servizi nel migliore dei modi, per cause non a loro imputabili. Negli enti piccoli, spesso non si riesce a raggiungere la professionalità necessaria in tutti i campi del quotidiano amministrare.

Per questo, per sopperire alle necessità, interviene la formazione del personale che deve essere mirata e continua. Le ristrettezze economico-finanziarie, di questi ulti anni, non sempre hanno privilegiato questo aspetto, sottovalutando che è partendo dalla formazione del personale che nascono abilità e professionalità che si traducono in utilità sociale. Inoltre, da questo scaturiscono, altresì, seppur in parte, risorse che andranno, evidentemente, impinguate con quelle che eroga il governo centrale. Per tali motivi, la presenza degli enti locali non va relegata ad un angolo subalterno e secondario. Essere vicini ai cittadini quotidianamente e affrontare assieme a loro le innumerevoli questioni e sfide che la vita civile ci propone, è una delle scommesse e una risorsa che va, già per questo, nella soluzione dei problemi. Tale vicinanza spesso è l’unica risposta, che nemmeno lo Sato, nella sua interezza, sa dare. I Sindaci intervengono nella soluzione dei problemi con grande sensibilità e tatto. E’ questa la loro missione che realizzano tutti con serietà, grande complicità, pathos e amore per la loro collettività. Di questo ne sono certo!

Il lavoro che segue, fatte tale debiti considerazioni preliminari e introduttive e anche personali, si sforza di addentrarsi ugualmente sul bisogno di managerialità, cosa che sembra, apparentemente, scontrarsi con la burocrazia e le norme. Non è così perché non si tratta ambiti e di scienze separate ma entrambe percorrono la stessa strada fino ad incontrarsi. In altri termini, non è vero che il manager attenga solo al privato, come si sosteneva un tempo. Inoltre, anche il manager che opera nel privato deve fare i conti con regole economiche e giuridiche e, soprattutto nelle realtà aziendali importanti, esiste una burocrazia che spesso ostacola o limita il buon andamento aziendale. Ciò premesso, la scienza manageriale, con le suoi ulteriori diramazioni e specializzazioni, non si è arenata anzi, maggiori sono le difficoltà e innumerevoli sono stati gli sforzi, sia sul piano teorico che pratico, per dare delle risposte mirate e consoni.

Il lavoro che segue tenta di dare, per l’appunto, delle timide soluzioni ad un problema, quello della fornitura e del consumo del gas, chiamando in prima linea gli enti locali, suggerendo un progetto che attiene fondamentalmente al controllo che va dato ai Comuni, e, lavorando su alcune norme e tecniche, del resto in parte già in essere, che possono dare sicuramente un contributo nella soluzione della situazione, gravemente preoccupante, in cui ci troviamo e che non riguarda solo il presente.

Le ulteriori considerazioni finali vogliono essere la sintesi della breve ricerca e, forse, una piccola luce nel mare magnum dell’organizzazione amministrativa locale.

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  1. Proposta: intervento pubblico nel settore del gas.

 

Tutti noi siamo alle prese quotidiane con le bollette del gas, i relativi consumi, le preoccupazioni per gli ingenti costi che questo inverno, ormai insediatosi prepotentemente, ci dovremmo caricare sui nostri bilanci familiari. Come si constata quotidianamente, i prezzi aumentano in modo progressivo, per svariati motivi, ed è credibile che continueranno a farlo nel prossimo futuro. Prima la pandemia, poi le speculazioni ed ora la guerra in Ucraina, sono episodi importanti, ma non i soli, che non fanno certo ben sperare. Il pericolo, purtroppo, sempre più concreto, è che la situazione non migliori a breve termine. Questo, mi sembra, attualmente, il quadro che, metaforicamente, denota colori oscuri e tinte fosche e che, nemmeno all’orizzonte, presenta sfumature tenui.

Come ci viene ripetutamente detto, nei vari mezzi di comunicazione, rischiamo di perdere la “nostra guerra” contro il freddo a causa della carenza del gas e del suo aumento. Viene immediata e fortemente auspicata la richiesta di un intervento pubblico ma, a quanto pare, lo Stato, globalmente inteso, dimostra oggettive difficoltà nell’affrontare un problema così grande anche perché non previsto e programmato. Basta visitare internet, per intuire la gravità del tema e si può, agevolmente, capire il grido di dolore lanciato dalla gente e dagli enti locali. Anche il Governo italiano, come del resto gli altri in Europa, è alla ricerca di soluzioni compatibili ed efficaci, e sta provando a correre ai ripari in tutti i modi con interventi urgenti, accelerando, per quanto gli è possibile, su gas ed elettricità, imponendo forme di risparmi ed erogando sussidi. Per fare questo, chiede la collaborazione a famiglie e imprese oltre che ad altri soggetti pubblici e privati. Questa prima attenzione, seppur istintiva, è la base di partenza. Vi si possono leggere proposte variegate ma tutte chiedono un indispensabile intervento dello Stato per fermare le conseguenze sull’economia, frenando il repentino aumento inflazionistico e il costo della vita che segna il suo incidere quotidiano. Oggi un intervento Statale, deve mirare, anzitutto, alla definizione di un tetto al costo del gas, è questo è un compito europeo anzitutto, e, va da se, costituirebbe la forma più alta di sussidiarietà europea a salvaguardia dei consumi. Si tratta di un’apertura di credito, nei confronti di una comunità di cittadini per cercare concretamente di risolvere il problema alla radice. Poi altre forme di intervento statale si registrano con i sussidi a famiglie e imprese, ma sono congiunturali e, seppur necessari indispensabili, vanno integrati con interventi strutturali e di sistema.

Il termine collaborazione diventa, quindi, una proposta credibile se è agganciata ad un progetto. In linea di massima, questo deve nascere da una proposta. Quella risolutiva probabilmente non sussiste. Provo ad indicare, almeno, alcune idee guida che, sempre con riferimento al nostro caso in esame, riassumo come segue:

  • L’Europa deve entrare in gioco per frenare gli aumenti all’origine del prodotto.
  • Lo Stato deve essere l’interlocutore e arbitro con le parti (famiglie, cittadini e imprese).
  • Le parti devono essere preparate e coinvolte per la realizzazione del fine programmato.
  • Il fine è quello di fornire il gas a tutti con e costi più bassi possibile.

Queste apparenti e forse scontate considerazioni o linee guida, facilitano la richiesta di collaborazione da parte degli enti locali, famiglie, cittadini singoli o associati e imprese, perché tutti hanno il loro quorum di partecipazione.

Se manca una pur minima consapevolezza del problema, come dicono gli studiosi di responsabilità sociale, ognuno è tentato a muoversi per conto proprio e questo comporta, da un lato, confusione e, dall’altro, può scatenate episodi di resistenza, più o meno giustificata, alla soluzione del problema, che va sicuramente monitorata per evitare di uscire dal tema progettuale, e che deve trovare risposte alla soddisfazione del bisogno perseguito.

Per cercare che il prodotto finale, per usare una terminologia economica, si realizzi nel modo migliore è necessario, dunque, comunicare il problema e per questo è necessario curare bene l’informazione e la comunicazione ai soggetti coinvolti. Nella strategia individuata, dopo cioè le linee guida progettuali, la comunicazione riveste carattere primario.

Sono due termini, informazione e comunicazione, che sostanzialmente dicono la stessa cosa, sembrano sinonimi, ma con effetti differenti, e soprattutto con significati ontologicamente diversi.

La comunicazione è “un’andata e ritorno” tra l’ente soggetto primario che eroga il servizio e chi ne beneficia (nel nostro piano, enti locali, famiglie, cittadini e imprese) e da questi ritorna all’erogatore del servizio che a sua volta riceve contributi anche sotto forma di critica costruttiva. L’informazione, invece, è solo andata tra l’Ente e chi riceve il servizio ma non accoglie, da quest’ultimo, alcun apporto.

E’ importante che la comunicazione e l’informazione, sempre con riferimento a ciò che stiamo esaminando, sia fatta dallo Stato e dall’ente locale, ognuno per quanto di competenza, per la loro posizione autorevole e di terzietà che rivestono. Bisogna necessariamente intervenire con campagne di informazione mirate e veritiere, perché una non verità o peggio una fake news, produce l’effetto di rovinare la credibilità dell’ente terzo con conseguenze irreparabili per il buon esito del programma stesso. La prima di queste è la perdita della necessaria collaborazione e la seconda le informazioni potrebbero essere strumentalizzate da altri soggetti che non necessariamente rispondono a principi etici necessari e quindi non fanno gli interessi della cittadinanza.

Sono regole note. Chi sbaglia la comunicazione affronta poi costi anche economici molto più gravosi e, irrimediabilmente, vanifica la resa del servizio e, nel nostro caso, il rapporto pubblico- privato.

Non è sempre agevole comunicare e informare bene e oggettivamente. Oltre alla terzietà dell’ente comunicatore e informatore, servono persone tecnicamente preparati. I giornalisti devono e possono svolgere un ruolo importante, ma anche gli uffici di relazione con il pubblico assumono una veste autorevole. Oggi gli strumenti sono i più svariati. Dai mezzi tradizionali, tv, radio, carta stampata, comunicati e conferenze stampa e i social media. A volte questi ultimi, se non utilizzati correttamente, possono creare quello che i professionisti e gli studiosi, chiamano, un’informazione sconsiderata che non aiuta a capire la realtà.

La comunicazione e l’informazione pubblica rappresentano un importante servizio ai cittadini. Tutti gli strumenti e soprattutto le persone che operano in tale contesto, direttamente o indirettamente, sono soggette alla regola etica. In particolar modo chi lavora all’interno dell’ufficio stampa di una PA, come i giornalisti, il porta voce o, per altri aspetti della comunicazione, gli addetti all’URP, devono sempre rapportarsi con questa stella polare che indica la strada e il comportamento del comunicatore istituzionale. L’etica è qualcosa di più della deontologia, perché attiene ai principi legati al bene comune, mentre la deontologia[1] cura l’aspetto del “deon” cioè del dovere che è collegato alla sanzione nel caso di inosservanza delle regole date. L’etica si basa, sostanzialmente, sulla responsabilità che parte dal concetto di servizio e che implica un “dare” comunicativo e informativo ai cittadini attraverso i principi idonei alla realizzazione del bene comune e che coinvolge i processi di democrazia nella gestione della cosa pubblica. Quindi non solo rispetto pedissequo di regole fredde, ma ricerca di valori condivisi nel trasmettere anche semplici note burocratiche ai stakeholder (soggetti cointeressati nella realizzazione di un idea o progetto comune).

Esistono oggi delle strategie comunicative su cui ha investito pure l’Anci (associazione comuni italiani) sui social network (Twitter, Facebook, Instagram e YouTube) che affrontano e abbracciano un racconto sempre più interattivo, che interessa le attività specifiche dei tanti singoli territori a sostegno dei Comuni, con l’obiettivo di mettere a sistema le buone pratiche realizzate. Del resto come diceva Goethe, “Comunicare l’un l’altro, scambiarsi informazioni è natura; tenere conto delle informazioni che ci vengono date è cultura”.

Abbiamo toccato il tema dell’informazione e della comunicazione, in generale. Se volessimo completarla ai nostri fini, dovremmo necessariamente parlare ancora di comunicazione esterna e di controllo. Nel progetto che a grandi linee ho tracciato, ho investito diversi soggetti o gruppi e precisamente, enti locali, famiglie, cittadini singoli o associati e imprese. Questi sono i “terzi” che hanno analogo interesse nel successo dell’iniziativa e quindi chiedono di conoscere per valutare ogni scelta a partire dalla strategia adottata e, in particolare, se lo Stato sarà in grado di fornire il bene e il comune effettuare i controlli necessari e collaborativi (che è la sua mission).

Come ci insegna la scienza economica, dopo aver invidiato cosa fare, ci si deve chiede come fare. Pertanto servono, anzitutto, degli strumenti o parametri di valutazione.

Un primo elemento strategico fondamentale è sicuramente la verifica periodica della quantità del prodotto consumato (verifica che può essere mensile o settimanale). Si deve partire individuando i soggetti fisici (le persone) responsabili di effettuare tali verifiche. Ecco che le informazioni rivestono importanza cruciale perché in base a questi soggetti preposti, si avranno i dati che consistono in ogni tipo di documentazione o indagine svolta. Il soggetto individuato, dovrà essere preparato e in grado di operare ogni necessaria valutazione secondo le informazioni ricevute e dovrà condividerle con gli altri gruppi di soggetti interessati (sopra indicati).

Una volta avuti i dati inerenti al controllo, con la cadenza prestabilita, si dovrà comunicare tali informazioni anche ai soggetti che coprono posizioni superiori e quindi analizzarle per poi utilizzarle nel modo migliore e completo possibile avendo davanti il quadro sinergico ben fotografato.

Dalla verifica possono riscontrarsi situazioni conflittuali interne ed esterne, dovute spesso a cattiva informazione o scarsa professionalità dei soggetti interessati e coinvolti o per carenza di personale motivato o insufficienza di mezzi tecnologici (o di entrambi). Il controllo mette subito in guardia il manager su queste cause per potere intervenire immediatamente ed evitare situazioni altrimenti extra progettuali.

Primi aspetti, perciò, da analizzare sono il rapporto tra informazioni/comunicazioni e la formazione necessaria dei dipendenti preposti al controllo dell’attività dell’ente. Per questo, è implicito, occorre aver ben chiaro cosa monitorare e verificare e con quali strumenti tecnici operativi intervenire.

 

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  1. Carta annonaria dei servizi del gas – un progetto in divenire.

 

In estrema sintesi, stiamo parlando di un progetto di sussidiarietà che si potrebbe realizzare istituendo uno strumento operativo che chiamerei, per comodità di espressione, “carta annonaria dei servizi del gas”, che, in modo circolare, partendo dal basso, attraverso la multiforme presenza a “macchia” degli enti locali che fornirebbero i dati necessari (attraverso il proprio personale preparato e formato) al centro il quale è deputato, ad erogare i flussi del prodotto. I comuni, assumerebbero l’ulteriore e conseguente veste di controllori nell’erogazione e consumo del prodotto combustibile.

Il processo partirebbe con dati certi forniti all’inizio dagli enti locali, e il centro, Governo, avrebbe tutti gli elementi necessari all’erogazione a valle e poi monitorarla attraverso il controllo degli enti locali medesimi. In questo modo, probabilmente, si assicurerebbero le forniture alle famiglie alle aziende locali, magari monitorando i consumi (rispetto orai e quant’altro) contribuendo verosimilmente, così a rallentare il processo inflazionistico.

Attraverso la “carta annonaria dei servizi del gas”, si registrerebbero altresì le esigenze economiche del territorio legate alla necessaria quantità di gas. Gli enti locali avrebbero il compito fondamentale del controllo e di fornire i dati necessari al Governo centrale che manterrebbe quello di intervenire nelle necessità del prodotto all’occorrenza e per taluni settori oltre a monitorare i costi del prodotto combustibile. Tale progetto troverebbero, auspicabilmente, anche forme di consenso da parte dell’Europa che, nella logica del contenimento della spesa, potrebbe inserirlo nei programmi da finanziare.

La nascita delle comunità energetiche sembra andare proprio in questa direzione. Brevemente per dire che sono queste associazioni fra cittadini, enti pubblici locali, aziende, e altri soggetti pubblici e privati, che assieme adottano le tecniche sostenibili per poter produrre in proprio l’energia elettrica grazie anche a fonti di energia rinnovabili e sostenibile, per poi consumarla sempre in proprio ma anche ai soggetti della comunità di riferimento, secondo quanto prestabilito (sorta di economia circolare).

È presto e comunque non sarei in grado di produrre delle tabelle di costi e ricavi, ma forse, come si può agevolmente intuire, tale modus operandi porterebbe ad una razionalizzazione del consumo della materia prima “gas”, con quello che ne consegue, e ne valorizzerebbe inoltre l’equazione costi-benefici a vantaggio di tutti.

L’ente locale avrebbe un ruolo rilevante, soprattutto quale ente controllore, per quanto ho cercato di dire, lasciando al Governo il compito per l’approvvigionamento di tale materia prima.

Si potrebbe dire che si tratta di una sorta di tutela del consumo e del consumatore, che potrebbe avere effetti positivi, da un lato, nel contenere la richiesta del gas (lato della domanda) per poi, dall’altro, controllarne i costi con un intervento centralizzato (offerta). Il governo centrale sarebbe comunque impegnato a lavorare, oltre che sul versante dei costi d’acquisto per l’accaparramento del gas sui mercati internazionali, non precludendogli, la possibilità di operare ogni forma di “transizione ecologica” e diversificazione energetica che riterrebbe opportuna e conveniente. Cioè la “carta annonaria dei servizi del gas” opererebbe prevalentemente sul versante dell’utilizzo della materia prima, oggi sempre più necessaria, per non farla mancare, e, a cascata, potrebbe monitorare i costi delle famiglie e imprese con effetti positivi sui bilanci pubblici e privati, e collaborare preventivamente e a consuntivo fornendo ogni tabella di dati necessaria.

Sono idee sperimentate, che ricamano pur sempre la linea della collaborazione istituzionale e della fiducia tra gli operatori in campo. Le difficoltà di comunicare deve essere facilitate attraverso questi modi interlocutori di “confidenza” e di fiducia istituzionale. Non sembri antiquato ripercorrere la strada con le relative difficoltò di rapporti, del resto sempre in salita, tra palazzo e cittadino. Con il comune questo percorso è più agevole rispetto alle istituzioni più altolocate. La Carta dei servizi poi risponderebbe a bisogni precisi e definiti. Penso alle comunità disagiate delle distese pianure o dei villaggi montani, dove spesso, sia nel primo caso che nel secondo, per motivi opposti, si fatica a raggiungere un punto d’incontro istituzionale. Lo Stato è però presente attraverso gli Enti locali che, per quanto di loro competenza, arginano distanze e paure psicologiche e, quando riescono, aiutano concretamente il loro cittadino. Per questi motivi, che ho accennato, ma che potrei ampliare con esempi rubati dal mio vissuto, penso sia giusto e opportuno individuare nell’ente locale il soggetto da cui partire per trovare risposte in questo periodo come per altri (si pensi alla pandemia) dove le soluzioni sono spesso scaturite dal basso.

Lo strumento, poi, se ben composto, deve essere agile nell’uso. Oggi l’informatica è sicuramente in grado di operare ogni necessario e utile modello per l’immediata utilizzabilità di tale tessera in capo ai comuni. E’ importante che ci sia un documento agevole in cui ogni comune si identifichi e che sia possibile ogni riscontro successivo.

Sono piccoli e fattibili suggerimenti che ci avvicinano ai nostri territori. Pensiamo, usando una metafore, a quando utilizziamo la macchina. La prima cosa che facciamo, magari inconsciamente, è tastare se abbiamo il portafoglio perché, di solito, al suo interno c’è la patente. La patente rappresenta sicuramente il documento che ci permette di usare il mezzo per evitare contravvenzioni. L’analogia è presto detta: anche con una carta dei servizi del gas, ogni comune è in grado di avere la sua “patente” e “guidare” dando cioè delle risposte ai bisogni specifici. E’ il punto di partenza!

La chiarezza dei ruoli, in questo caso tra Governo centrale ed enti locali, è sinonimo di salute istituzionale che è sempre portatrice di “produttività” e di “serenità”. La conseguente responsabilità e collaborazione, fra organi ed enti, costituisce la vera immagine da stampare nella carta d’identità dell’operatore pubblico (sia esso amministratore che dirigente o semplice dipendente). Non si dimentichi che l’operatore e l’amministratore pubblico, hanno il delicato, ma anche edificante, compito di gestire il “bene comune”.

Rilevante, infine, ai fini di completare in modo efficace il nostro ragionamento, è il ruolo che potrebbero assumere le associazioni, in primis, l’Anci, (associazione nazionale comuni italiani), ma anche altre forme di associazionismo si possono costituire (e di fatto esistono) per il raggiungimento dell’obiettivo nazionale di ridurre gli sprechi, secondo quanto prestabilito dall’Agenda 2030 seguendo le linee della strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile (campagna denominata “spreco zero”). Queste e altre consimili, sono idee sicuramente encomiabili e rappresentano la strada idonea per aiutare cittadini, famiglie e imprese nell’attuale momento. E’ inoltre possibili inserirsi con idee e progetti complementari. Questo del controllo sistematico da parte dei comuni può essere un aggiunta alle tante iniziative promosse dallo Stato o altri enti pubblici. La tecnica dei controlli locali potrebbe essere incoraggiata e sviluppata facendo leva sulle scienza economica e sulle strategie aziendali per poter ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo. L’Anci è sicuramente attrezzata in tali tematiche e materie. Bisogna comunque che si sensibilizzi e si aiuti l’ente locale ad attrezzarsi in tale direzione e strumenti per un risultato sicuramente proficuo.

Un ulteriore aspetto attiene al maggiore coinvolgimento del cittadino, il quale ritengo possa portare un contributo se investito in una collaborazione mirata al contenimento dei consumi.

Una strada operativa, del resto già presente per altri ambiti, che valorizza il nostro percorso, è l’integrazione pubblico-privato coinvolgente imprese e il mondo dell’associazionismo.

Sono certamente utili, efficaci e lodevoli le campagne i atto per il modo e la tecnica comunicativa impiegata. Forse non arrivano compiutamente a tutti i cittadini che sono il numero uno da dove partire. L’associazionismo può fare molto per raggiungere il cittadino in questo proselitismo. Posso citare molte e attuali esperienza che partono proprio dalle tantissime associazioni anonime, che hanno tanta voglia di fare e di dare il proprio contributo nella materie dell’ambiente e del gas. Senza ideologismi di parte, laiche e religiose tutte attirano molta gente con dibattiti e scambio di idee e opinioni che andrebbero recuperati e magari lo sono, in un progetto comunale. E’ così che si crea quella circolarità quale linea conduttrice del presente lavoro, dove tutti i soggetti della società civile e organizzata si fondono insieme per la soluzione del problema. Il mondo dell’associazionismo e delle imprese faticano ad incontrarsi spontaneamente per questo il ruolo dell’ente pubblico può fare agevolmente da tramite coinvolgendo tutti gli attori istituzionali o meno.

Per questo ho parlato di un progetto in divenire, perché si tratta di una risposta che si vuole dare per un bisogno, oggi quello energetico o meglio del controllo di questa fonte, domani potrebbe essere quello dell’ambiente e ad aspetti strettamente legati quali l’inquinamento o la raccolta differenziata o altri ancora Vi sono dunque comprensibili ragioni per sostenere che tale ricerca può essere ampliata anche se in questa sede mi preme sottolineare un metodo, cioè un modo di operare che spesso non è di casa nel pubblico.

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  1. Ipotesi operativa- integrativa per i comuni

 

Ritornando al tema, un’ipotesi operativa-integrativa dovrebbe essere, coerentemente, quella di attrezzare i Comuni nella verifica periodica dei consumi, cosa che in parte già fanno con la normativa a disposizione e intervenendo, nel caso, a correggere ogni forma di uso improprio del prodotto e tutto ciò a beneficio del contenimento dei rincari delle bollette del gas. Più specificatamente i Comuni potrebbero istituire “un’autorità” deputata al buon utilizzo del gas e questo, nel contempo, proteggerebbe pure l’ambiente attraverso il controllo sulle emissioni e sprechi. Chi più dei Sindaci detiene il polso delle loro comunità locali conoscendole e avendo i poteri di intervenire in materia e in caso di necessità e urgenza di uso delle risorse e di inquinamento ambientale? (Potere di ordinanza dei sindaci art.50 Tuel (testo unico enti locali). Sempre sul piano operativo, già i Sindaci si comportano molto bene in questo settore. Dovrebbero, però, unirsi, soprattutto i comuni piccoli, creando dei Consorzi di funzioni come organismi di servizi. (V. art. 31 Tuel).[2] Non occorre un intervento normativo, perché già la legge esistente e l’autonomia degli enti locali permettono simili manovre, serve solo un potenziale coordinamento che si attua con il consenso di tutti (e non con il potere impositivo). Esistono, inoltre, norme e strumenti già efficaci, che aiuterebbero, se ben eseguiti, questo processo. Ricordo per tutte, la legge 9 gennaio 1991, n.10, “Norme per l’attuazione del Piano Energetico Nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia“, che ha previsto, per i piani regolatori generali dei Comuni, con popolazione superiore a 50.000 abitanti, l’adozione di uno speciale piano energetico comunale (PEC) per l’uso delle c.d. fonti rinnovabili, piano utilizzabile per verificare i consumi di energia e delle emissioni del Comune con la conseguente individuazione degli interventi di risparmio dei combustibili fossili e per adottare misure alternative. Si potrebbe fare scendere tale obbligo coinvolgendo i comuni medi e piccoli consorziati o uniti con convenzioni o nella classica forma dell’Unione (ai sensi di legge).

Sussistono pure dei tavoli, informali, tra istituzioni pubbliche e privati per affrontare il problema energia, che andrebbero valorizzati per lavorare assieme in un direzione condivisa. Interessante quanto segnalava, tra l’altro, in suo saggio, Borgonovi:Nel futuro, la reale capacità di perseguire l’interesse generale, dipenderà sempre più dalla capacità di realizzare forme di collaborazione strutturale (partner-ship) tra soggetti pubblici e privati. Condizioni, affinché questo possa avvenire, sono il recupero di logiche e criteri di funzionalità (efficacia, efficienza, economicità) da parte delle istituzioni pubbliche […]

In questo processo di creazione o rivisitazione di una governance locale si chiede un rafforzamento della cultura aziendale e delle sute strategie che sappia ben bilanciare le aspettative dei cittadini con le esigenze generali. I sistemi di misurazione e controllo, cui sopra facevo riferimento, ora diventano sopportabili e sostenibili con l’ausilio di figure manageriali e tecniche per una gestione a lungo termine del processo in atto. Su come fare il controllo, molto sinteticamente, come suggeriscono gli esperti, i tecnici, preposti e preparati in materia, dovranno utilizzare le informazioni in possesso avendo cura di valutarle e confrontarle con quanto prefissato e poi comunicarle al centro, puntualmente, altrimenti si rischia che diventino inaffidabili.

Circa l’uso delle risorse a disposizione, in termini aziendalistici si parla di reddittività perché i professionisti capaci “hanno imparato come sfruttare la scarsità di tutte queste risorse”[3]. I comuni se utilizzano bene le proprie risorse, possono così ottenere risultati quanto meno soddisfacenti anche in settori non propriamente di competenza, valutando, sempre preventivamente, ogni strategia per evitare rischi e conflittualità evitando sperpero di energie nel raggiungimento dell’obiettivo prefissato. Così operando non si abbandonano gli enti locali alla loro buona volontà, ma li si aiuta ad ottimizzare al meglio i mezzi a disposizione per il soddisfacimento degli interessi locali.

Per quanto attiene il delicato aspetto della valutazione della burocrazia, tema che affronterò poco più sotto, soprattutto in questa fase di crisi, è imprescindibile agganciarsi a criteri macroeconomici, poiché la PA non produce reddito, come un’azienda privata, e pertanto occorre necessariamente fare riferimento ad altri parametri. Per questa ragione, prima di valutare il dirigente, sarebbe corretto valutare l’ente.Infatti, nell’economia reale, l’azienda privata paga la produttività in base ai risultati economici conseguiti. Nella PA si dovrà pensare, dunque, ad altri metri di misurazione, non potendo prendere come esempio la redditività del tipo aziendale, occorrerà individuare i suoi obiettivi, mutuando strategie dal privato che vanno nella direzione auspicata. Una strategia usata è quella che gli esperti chiamano di business la quale considera un’azienda che crea valore per i clienti e la sua differenziazione sul mercato. Provo a chiarire, con un ulteriore esempio, di che tipo di strategia stiamo parlando. In una rivendita di prodotti di chincaglierie il gestore può decidere di avere più prodotti con prezzi differenziati. E’ importante che il personale addetto sia continuamente stimolato ad aggiornarsi e cercare tecniche nuove per attirare la clientela, avendo chiaro che il fine è quello di avere il massimo utile mantenendo la strategia succitata (più prodotti a prezzi differenziati). Nella stessa città un negozio analogo può puntare, invece, solo sui prezzi bassi senza avere prodotti di qualità. Il personale addetto dovrà sempre ricordare che dovrà ottenere il massimo risultato d’esercizio, mantenendo sempre la stessa strategia (i prezzi devono rimanere bassi e il prodotto non di qualità). Sono queste due strategie (di business) differenti; la prima segue la varietà dei prodotti da offrire con diversi mezzi, anche con prezzi medio alti, la seconda punta solo sui prezzi bassi. Queste valutazioni, che ho semplificato banalmente, rendono l’idea che deve esserci un manager e una strategia operativa preventiva.

Prendendo a prestito l’esempio e cercando di attuarlo, per quanto possibile, in una pubblica amministrazione ed in particolare nell’ente locale, ci si potrebbe chiedere come intende svolgere determinati servizi e in particolare nel caso in esame, come meglio attuare la sua mission di controllo nell’erogazione del gas. Sicuramente dovrà preoccuparsi di usare tutte le tecnologie innovative sul mercato e bilanciare i suoi mezzi con i fini tenendo presente i costi e cercando di ottimizzarli al ribasso. Non si può parlare di ricerca del profitto come per l’azienda privata, ma sicuramente di efficacia, efficienza ed economicità del servizio reso.

Ho voluto allargare il ragionamento specifico, solo per stigmatizzare che spesso non esiste in capo alla pubblica amministrazione una visone aziendalistica e strategica preventiva. Probabilmente nelle società partecipate tutto questo è invece, utilizzato, per cui potrebbero essere le società medesime a gestire gli aspetti gestionali del progetto, ma non deve mancare all’ente locale la visone d’insieme per poter operare il controllo. Ogni azienda sa bene che il controllo è la base di ogni sua attività al fine di non andare in default.

Provo a stillare adattandolo un master plan al progetto in questione, che, come risaputo, è lo strumento manageriale che valorizza i programmi operativi secondo le categorie degli obiettivi prefissati e dei risultati ottenuti.

Partiamo dallo strumento contabile. Anche negli Enti locali, si parla di budget. I bilanci PA e degli enti locali in particolare, sono redatti, infatti, con questa logica e cioè di finanziare programmi attraverso i budget (capitoli di spesa finalizzati alla realizzazione di scopi in capo al dirigente preposto). I dirigenti (di fatto i manager pubblici) prima dell’approvazione del bilancio si confrontano con i loro assessori e con gli altri dirigenti per la predisposizione del bilancio, chiedendo il finanziamento delle spese programmate per l’anno successivo per la realizzazione dei loro progetti.

Questo progetto di controllo, che stiamo esaminando, probabilmente è trasversale e coinvolge più settori della macchina. Per realizzarlo, secondo la logica del master plan, serve un piano analitico e strategico che è anzitutto frutto del confronto tra i vari dirigenti coinvolti (es. ufficio tecnico, programmazione, ambiente. etc..).

Circa le modalità, il piano deve contenere un “ciclo” di profitto, così viene chiamato dalla scienza economica senza il quale ogni manager non è in grado di attribuire al progetto un valore. Per chiarire, nel caso dell’Ente locale, come più sopra anticipato, non si può parlare di profitto in senso stretto, però si può intenderlo, entro certi limiti, come beneficio collegato con gli obiettivi, magari “sfidanti”, in capo ai dirigenti (manager). Traducendo il concetto teorico, come detti progetti si relazionano con i soggetti coinvolti? Questo richiede, principalmente, una forte collaborazione fra i dirigenti implicati nella realizzazione progettuale. Non analizzo, in questa ambito, le altre fasi del piano (chiamate previsione dei costi operativi, diretti, indiretti, impegnati, etc.) ma solo sottolineo che il master plan deve sempre rapportarsi con il procedimento amministrativo perché si opera con il diritto amministrativo (altra cosa se viene svolto da società partecipate). Proseguendo l’analisi, una fase ulteriore e delicata è la verifica delle componenti il piano (c.d. variabili) che è compito sicuramente manageriale. Oggi, tale verifica, attraverso gli strumenti elettronico-informatici, è certamente più agevole di un tempo, e in questo modo, dati alla mano, si riesce a dimostrare il massimo, medio o il peggiore beneficio.

Il succitato e semplificato nel mio esempio, ciclo di profitto, a seconda dei risultati spingerà il Comune ad espandersi o a ridurre la sua attività in base all’utilità ottenuta (convenienza). E’ una valutazione politico-amministrativa, facilitata da questa strategia di business frutto di attenta analisi valutativa con dati e riferimenti puntuali.

E’ un atteggiamento scientifico nell’operare, proprio dell’azienda privata, ma che nel pubblico trova qualche resistenza pure di tipo culturale. Per questo la formazione deve supportare e fornire ai dirigenti idonei strumenti manageriali.

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  1. Patto dei Sindaci Europei e l’Energy Manager

Un esempio, alquanto interessante di operare sinergicamente, ci viene dall’Europa che nel 2008 ha promosso il Patto dei Sindaci per il clima energia, (PAES) per limitare le emissioni di CO2, entro il 2030, creando una rete di comuni europei anche per ottenere finanziamenti dalla Commissione Europea.   Sussistono norme lungimiranti e anticipatorie. Tra gli ulteriori aspetti che la legge prevede per il risparmio energetico, ricordo quello che attiene all’accesso al pubblico delle informazioni ambientali, proprio per favorire un controllo esterno all’ente da parte della cittadinanza. Tutte le amministrazioni devono, infatti, pubblicare sui propri siti istituzionali le informazioni ambientali e, in particolare, ciò che potrebbe inquinare aria, acqua, suolo, etc….con riferimento al loro territorio comunale, anche per evitare sprechi e speculazioni. Esistono poi altre modalità mirate al contenimento dei costi, come per esempio le clausole specifiche da inserire nei bandi di gara d’appalto. Si tratta di direttive e leggi di settore importantissime, che andrebbero però coordinate, magari implementandole nella logica del risparmio energetico, con occhio al consumo di gas in primis. L’ampio scenario, seppur concisamente illustrato, ci fa capire che le esistenti fonti e strumenti esecutivi e non, richiedono inoltre di essere messi meglio in rete e a regime e non in concorrenza, avendo cura di accordarli con i tanti enti e società pubbliche o pubblico- private che gestiscono gas ed energia per l’erogazione di servizi pubblici.   La sussidiarietà, costituzionale, è la “bussola” per evitare speculazioni economiche a scapito della qualità e dell’efficienza nella distribuzione del prodotto. Con l’intervento in rete degli Enti locali, è di forte aiuto la Conferenza Stato, regioni, autonomie locali, giusto per definire uguali criteri e linee di intervento, che poi lo Stato e gli enti locali medesimi, magari consorziati, utilizzeranno, per avere uniformità di azioni nel consumo del gas e del risparmio energetico in generale. Nel ragionamento si inserisce, come anticipato, a pieno titolo, la formazione dei dipendenti, aspetto non secondario, che dovranno essere formati per tali ruoli. Il contratto nazionale di lavoro e le norme che si sono avvicendate in materia di formazione, al fine dell’erogazione del premio di produttività al personale, ottimizzano i progetti. Si tratta di una opportunità oltremodo “sfidante” che per essere attuata necessita di cuore, braccia e mente del personale ad ogni livello o, meglio, qualifica funzionale. Entrano in gioco in nuclei di valutazione per la misurazione della “performance” e l’erogazione dei premi commisurati alla realizzazione dei progetti “sfidanti” ma anche ordinari. Un sistema di valutazione, deve essere fondato sulla responsabilità e precisamente, come nel suo saggio bene evidenziava Antonello Zangrandi, con riferimento alla salute, che ben si adatta al nostro ragionamento, qui adattato al nostro progetto, che richiede:

  1. Un sistema di valutazione efficace che sappia misurare proporzionatamente il livello di risultati raggiunti e il livello di risorse impiegate;
  2. Una integrazione tra i vari soggetti coinvolti che abbiano nella comunità e quindi nel cittadino   il punto di vista comune;
  3. Un impegno costante per la formazione professionali dei soggetti coinvolti anche in funzione di un loro possibile intercambio.

Il modo scientifico di operare va nella direzione di capire i processi in atto e di dominarli. Robert Simon, Prof of Business Aministration alla Harvard Business School, evidenziava, tra l’altro […]” I processi possono essere scarsamente compresi […] in questo caso […] il personale deve essere attentamente selezionato, addestrato […] con i valori e gli obiettivi dell’amministrazione […][4].

Ricordo, per tutte, la responsabilità gestionale che è a carico di chi, dirigente o funzionario apicale, non raggiunge le performance prefissate, cioè gli obiettivi dell’ente, della correttezza amministrativa, dell’efficienza e dei risultati della gestione. L’analisi della responsabilità ci porta comunque a sottolineare, che è nata una categoria di burocrati nuovi, più sintonizzati con l’erogazione dei servizi e quindi più vicina ai bisogni della gente. Sono questi i fini o gli obiettivi sfidanti che ogni amministrazione si pone, indipendentemente da quelli specifici.

Oggi si deve inoltre parlare di una burocrazia europea se non internazionale e con questa si dive interagire. L’Europa è sopra le nostre azioni particolari e ogni progetto, deve inevitabilmente fare i conti con questa realtà sovranazionale. Spesso sono professionalità che si incontrano con enti e figure, in qualche caso, già previste. Penso ad una ipotesi di collaborazione con l’energy manager, o figure similari, da creare a tal fine dove mancano. Questo soggetto è il responsabile per la conservazione e l’uso razionale dell’energia creato con la legge 10/1991 dove si è previsto, per l’appunto, per i comuni, con un alto consumo, la nomina di un responsabile per la conservazione e l’uso razionale dell’energia, con compiti complessi e variegati in materia, sia interventistici e di certificazione (decreto lgs.4 luglio n 102/2014) che di monitoraggio sui consumi energetici. Operativamente ha compiti diversificati che vanno dalla organizzazione e collaborazione con altri tecnici specialistici fino ad interessarsi di aspetti più gestionali e più minuti (come per esempio la valutazione dei consumi mensili) all’interno dell’ente. Il suo ruolo è quello di beneficiare al massimo nell’utilizzo di risorse e nelle prestazioni energetiche.  In Italia tale figura è collegata a un obbligo di legge per i grandi consumatori. La sua genesi è americana dove nasce nel 1973, nel pieno della crisi petrolifera, e poi ha preso piede, lentamente, con compiti specialistici nel settore energetico, anche da noi. Sarebbe utile che tutti gli Enti pubblici creassero tale figura. Come si può constatare, si tratta di pensieri e idee, estemporanee se si vuole, che andrebbero armonizzate, ma ritengo già in parte consolidate perché fanno leva su organismi e strumenti normativi vigenti, anche se, però, non sempre utilizzati, da tutti, nelle necessità impellenti e peculiari odierne. Inoltre, è evidente, si tratta di   interventi contro l’inflazione. Il DEF, documento di finanza pubblica, come si sa, insiste da sempre, nel definire la spesa pubblica quale concausa inflazionistica e che il suo indebitamento non rallenta. Il progetto di mettere un tetto al costo del gas ad un livello basso (con l’intervento integrato dello Stato come sopra ho cercato di spiegare), l’organizzazione con figure specialistiche e altre operazioni simili, darebbe sicuramente risultati positivi nell’ambito economico perché andrebbe ad incidere sulle principali voci di spesa di bilancio. Gli esperti del settore parlano, al riguardo, di “consumi intermedi”, sostenendo che gli interventi per contenere i prezzi dei carburanti e il costo energetico, si ripercuoterebbe, positivamente, nel limitare il processo inflativo e delimiterebbe gli effetti dei rincari dei prodotti collegati. Certo che un coinvolgimento ad ampio raggio degli enti locali genererebbe, verosimilmente, delle perplessità e ansietà perché preoccupati di non poter reggere un compito così gravoso. Per questo, ritengo che la Conferenza Stato, regioni, autonomie locali, dovrebbe, con un accordo di programma, meglio definire compiti e ruolo di ciascuno dei soggetti in campo. Potrebbe essere interessante la creazione di una “Task force” formata, per esempio, da una collaborazione tra istituzioni e la c.d. cittadinanza attiva (volontariato e terzo settore) perché valorizzerebbe, anche con ulteriori soluzioni integrative, in modo circolare tutti i soggetti implicati nel processo.

Per questo anche la “carta annonaria dei servizi del gas”, più sopra esaminata, diventerebbe, uno strumento che permetterebbe di individuare i bisogni energetici locali e poi nazionali, per poi monitorarli e gestirli nel migliore dei modi.

[1] La deontologia (dal greco scienza del dovere).

[2] Corte dei Conti, sez. contr. Lombardia, Deliberazione n. 627 del 28 novembre 2011 Consorzi: sono di servizi anche quelli affidatari di attività strumentali e di supporto all’Ente. Articolo di Federica Caponi pubblicato il 21 dicembre 2011 su “Self”. Hanno quindi natura di consorzi di funzioni le forme organizzative che prevedono la gestione associata dei servizi anagrafici, dei sistemi informativi automatizzati, delle funzioni di polizia locale e amministrativa, della riscossione di tributi e imposte locali, mentre rientrano fra i consorzi di servizi, gli organismi consortili che gestiscono i servizi pubblici e i servizi strumentali a più enti territoriali (quali ad esempio la raccolta dei rifiuti solidi urbani e i servizi manutentivi di parchi e giardini o di immobili comunali).

[3] Robert Simons, “Sistemi di controllo e misure di performance” pag. 13- ed. Egea 2010.

[4]Vedi nota 2 pag.81

Avv.Giovanni Dainese

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