La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi in tema di responsabilità professionale degli avvocati.
In particolare, con la sentenza n.33030/2022 afferma il principio secondo cui non è responsabile l’avvocato che non eccepisce in giudizio una nullità che il giudice- in base agli elementi acquisiti- può rilevare d’ufficio.
La Suprema Corte esclude, infatti, la responsabilità professionale di due legali che, dovendo proporre un’impugnazione contro il licenziamento del loro assistito, abbiano omesso di eccepire la preventiva contestazione dell’addebito. Eccezione che avrebbe potuto portare a dichiarare illegittimo il licenziamento per difetto di forma in primo e in secondo grado e che il cliente avrebbe potuto proporre anche nel giudizio in Cassazione.
La pronuncia della Suprema Corte prende le mosse dalla seguente vicenda.
Un lavoratore viene licenziato e impugna il provvedimento. Al termine della causa di lavoro il cliente conviene in giudizio i suoi avvocati chiedendo la condanna di questi ultimi al risarcimento del danno derivante dalla loro responsabilità professionale.
Il Tribunale rigetta la domanda. La Corte d’Appello successivamente respinge l’impugnazione.
La Cassazione, tra le motivazioni della sua decisione, ricorda il principio espresso anche dalle Sezioni Unite (SS.UU. n.26242/2014) secondo cui la rilevabilità d’ufficio delle nullità negoziali si estende anche a quelle di protezione. La Corte sottolinea altresì che la nullità per mancato rispetto della prescrizione di cui all’art. 7 L 300/1970 è considerata una nullità di protezione e, come tale, rilevabile d’ufficio.
Il cliente, pur non avendo ottenuto la declaratoria di nullità del licenziamento in entrambi i gradi di giudizio avrebbe potuto riproporlo in Cassazione sollecitando il potere d’ufficio finalizzato all’accertamento della nullità.
Dott.ssa Lucia Massarotti