La Cassazione si è nuovamente espressa in tema di liquidazione delle spese e dei compensi degli avvocati.
Con la sentenza n.32363/2022 la Suprema Corte ha sancito il principio secondo cui le spese e i compensi vanno liquidati separatamente per ogni grado di giudizio. E questo per dare la possibilità di comprendere meglio i motivi per i quali il giudice possa aver eventualmente applicato dei tagli alle note spese depositate dai legali.
Tale pronuncia prende le mosse dalla vicenda relativa all’impugnazione, da parte di una contribuente, dell’atto di intimazione al pagamento di una cartella Tarsu.
La signora ha fatto ricorso prima in appello e poi in Cassazione, dove, in particolare, ha mosso una contestazione in punto di spese.
La ricorrente ha asserito che in sede d’appello la CTR abbia condannato l’Agenzia delle Entrate al pagamento di entrambi i gradi di giudizio, liquidando così le somme con valori ben al di sotto dei limiti previsti dal DM n.55/2014.
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, dichiarando il motivo pienamente fondato e precisando altresì che i compensi liquidati dalla CTR erano effettivamente inferiori ai minimi tabellari previsti.
La Suprema Corte ha ricordato nella sua pronuncia che in assenza di inderogabilità dei minimi tariffari i parametri risultano meramente orientativi e, pertanto, il giudice è tenuto a specificare quali criteri adotta nella liquidazione del compenso, fermo il divieto di liquidare somme puramente simboliche.
La Cassazione, infine, ha ribadito di aver già affermato il principio secondo il quale il giudice deve liquidare in modo distinto le spese e gli onorari in relazione a ciascun grado di giudizio poiché solo tale specificazione consente alle parti di verificare quali criteri di calcolo siano stati adottati e di conseguenza di comprendere le ragioni di eventuali riduzioni delle richieste contenute nelle note spese depositate.
Dott.ssa Lucia Massarotti