ll Tribunale di Bari, in data 22/06/22 ha ammesso una società alla misura della messa alla prova dichiarandone la compatibilità con la responsabilità da reato degli enti ex d.lgs. 231/2001.
L’istituto della messa alla prova è disciplinato dall’art. 168 bis del codice penale e recita così: “Nei procedimenti per reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, nonché per i delitti indicati dal comma 2 dell’articolo 550 del codice di procedura penale l’imputato può chiedere la sospensione del processo con messa alla prova”[…].
La messa alla prova prevede l’eliminazione delle condotte dannose o pericolose derivanti da reato attraverso il risarcimento del danno ove possibile e l’affidamento dell’imputato al servizio sociale.
Nonostante la norma non preveda esplicitamente situazioni riferite alle persone giuridiche il Tribunale di Bari, come già accennato, con ordinanza, ha ritenuto ammissibile l’applicazione della disciplina della sospensione del processo con messa alla prova agli enti responsabili.
Ad avviso del giudice di Bari non si verifica alcuna violazione dei principi di tassatività e di riserva di legge perché non deriverebbero effetti sfavorevoli per l’imputato (l’ente) e quindi non si contravverrebbe al divieto di analogia.
Non si può presumere, a parere del Tribunale, che la disciplina ex d.lgs. 231/01 sia rivolta soltanto alle persone fisiche perché rilevanti sono soprattutto le finalità di “deflazionare il carico giudiziario” e di “perseguire un reinserimento sociale anticipato dell’imputato”.
L’obiettivo di prevenzione speciale in chiave rieducativa e di reinserimento sociale anticipato ad ogni modo non viene pregiudicato dall’adozione da parte dello stesso di Modelli Organizzativi di Gestione, idonei alla prevenzione del rischio di commissione di reati da parte di persone fisiche legate all’ente che abbiano agito nell’interesse o a vantaggio di quest’ultimo.
Milena Adani