Letteralmente “ne bis in idem” significa “non due volte per la stessa cosa”. È un principio espresso dall’art. 649 del Codice di procedura penale che recita così: <<l’imputato prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale divenuti irrevocabili non può essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze, salvo quanto disposto dagli articoli 69 comma 2 e 345. Se ciò nonostante viene di nuovo iniziato procedimento penale, il giudice in ogni stato e grado del processo pronuncia sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, enunciandone la causa nel dispositivo >>.
Pertanto, la norma determina il divieto di un secondo giudizio per lo stesso fatto in capo ad un imputato, che sia stato prosciolto o condannato in via definitiva.
In realtà, secondo un’interpretazione giurisprudenziale dominante il divieto trova applicazione anche quando la decisione non è definitiva: l’autorità giudiziaria penale deve applicare il principio in commento nel caso in cui non sia ancora definitivo il giudizio del primo procedimento ma sia già in corso un procedimento nei confronti dello stesso soggetto e nella stessa sede giudiziaria, davanti al medesimo Ufficio del P.M..
Inoltre, il principio del ne bis in idem ha ottenuto riconoscimento anche nell’art. 4 Prot. 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Nonostante si tratti dello stesso divieto di cui all’art. 649 c.p.p., l’interpretazione formulata dalla Cedu ha ricompreso tra le ipotesi di applicazione del ne bis in idem anche quelle relative a procedimenti e sanzioni formalmente amministrativi ma sostanzialmente penali.
In virtù di tale interpretazione, il Tribunale di Verona, sostenendo la violazione del diritto al ne bis in idem sancito dal Protocollo anzidetto, ha rimesso alla Corte Costituzionale il caso di un soggetto già condannato al pagamento di una sanzione pecuniaria dal Prefetto ma rinviato ugualmente a giudizio davanti al Tribunale per lo stesso fatto, ossia un delitto in materia di diritti d’autore per il quale è prevista una multa e una pena detentiva oltre che una sanzione amministrativa pecuniaria.
La Consulta ha accolto la questione dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 649 c.p.p. nella parte in cui non prevede che il giudice debba pronunciare il proscioglimento o il non luogo a procedere nei confronti di un imputato che, per aver commesso un reato afferente alla materia del diritto d’autore, sia stato già sottoposto a un procedimento amministrativo di carattere punitivo.
La Corte ha dichiarato espressamente che: <<Non può essere cominciato o proseguito un processo penale a carico di una persona che sia già stata sanzionata in via amministrativa per la medesima violazione dei diritti d’autore>>.
Ha posto così in discussione il sistema del doppio binario sanzionatorio riconoscendo come ingiustificati la doppia sofferenza e i doppi costi da sostenere.
Milena Adani