Il principio “in claris non fit interpretatio” rende superfluo qualsiasi approfondimento interpretativo del testo contrattuale quando la comune intenzione dei contraenti sia chiara: tale principio, tuttavia, non trova applicazione nel caso in cui il testo negoziale, pur intrinsecamente chiaro, non risulti coerente con ulteriori ed esterni indici rivelatori della volontà dei contraenti. In tal caso, l’elemento letterale va integrato con gli altri criteri di interpretazione, tra cui secondo buona fede o correttezza ex art. 1366 c.c., avendo riguardo allo scopo pratico perseguito dalle parti con la stipulazione del contratto e quindi alla relativa causa concreta.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile 4 giugno 2021, n. 15707