di Giuseppe Domenico Cannizzaro
INTRODUZIONE: la democrazia è ancora la migliore forma di governo possibile?
Il problema non sembra solo essere limitato alle forme di governo e di Stato. Secondo molti la democrazia rimarrà ancora per molto tempo la migliore forma di governo possibile. Modello che si sostanzia nella sua visione strutturale minimalista nelle libere elezioni che possono determinare la caduta del governo o, comunque, della maggioranza politica in carica. (1)
E’ uno scontento legato alla crisi economica. Si ha un senso di disorientamento che è chiaramente percepibile, c’è un’insofferenza chiaramente palpabile ma ciò che rimane inafferrabile è una cristallina comprensione delle cause. Forse non si riescono a trovare delle soluzioni per la difficoltà di indagare i motivi della crisi. Da qui si capisce l’importanza di procedere con logicità nell’indagine. (2)
Si deve sottolineare, altresì, il fatto che non si hanno delle alternative migliori al modello democratico. Questo è reso evidente dalle derive populiste che prendono piede un po’ in tutti gli Stati occidentali.
Il malcontento comune nei confronti della democrazia si basa sulla critica alle diseguaglianze e al timore che i governi non riescano a risolvere le problematiche economiche.
Possibilità di affrontare questi problemi su un piano sovranazionale europeo? Questa è la vera sfida!
Parte degli studiosi, infatti, sono convinti che le derive populiste non siano percorribili, in quanto non fanno altro che chiudersi a riccio su un piano esclusivamente nazionale, ormai anacronistico davanti ai problemi di portata epocale.
Questo è reso evidente anche dal fatto che molto spesso questi populismi trovano punti in comune con i nazionalismi, che non sono altro che dei desueti sogni di gloria e reviviscenze di un passato fastoso.
Le persone sono scontente con l’Europa perché la sentono lontana, come incapace di toccare in sostanza le loro vite e di risolvere concretamente i loro problemi. La soluzione potrebbe essere quella di una vera presa di coscienza a livello europeo della problematica in esame. (3)
Adesso davanti alla forte crisi, causata improvvisamente e inaspettatamente dalla malattia da coronavirus, l’Unione Europea ha l’importante opportunità di offrire risposte non solo concrete, ma anche evidenti per la necessaria portata epocale dell’emergenza sanitaria ed economica in corso.
(1) ADAM PRZEWORSKI, Perché disturbarsi a votare? Università Bocconi Editore, Milano, 2018.
(2 ) P. RANVALLON e S. MOYN, Democracy past and future, Columbia University Press, New York, 2006.
- Una necessaria dimensione sovranazionale per una migliore comprensione del moderno concetto di democrazia.
Un luogo comune molto diffuso è quello di pensare all’Unione Europea come un progetto avente natura esclusivamente economica; in realtà, se si guarda al Preambolo del Trattato di Parigi (4), si comprende come il primo obiettivo avesse natura squisitamente politica, prima che economica. Alcuni studiosi sostengono addirittura che il progetto in questione andava oltre la mera politica, sconfinando quasi nella morale e nell’etica. L’intenzione dei padri fondatori era ancora più ambiziosa: ridefinire i rapporti umani e riformulare un nuovo concetto di comunità. (5) (6)
Sul piano euro-unitario la democrazia può simbolicamente racchiudersi all’interno di un triangolo, i cui vertici sono rappresentati dai seguenti tre valori/obiettivi: solidarietà (7), diritti umani, stato di diritto.
Una critica, da parte di taluni politologi, è quella di dedicare molto spazio a elencazioni di principi e pochissimo alle procedure per una concreta ed effettiva attuazione dei valori stessi. (8)
(3) ADAM PRZEWORSKI, Sustainable democracy, Cambridge University Press, 1995.
(4) Il Preambolo del Trattato di Parigi richiama le parole della Dichiarazione Shuman.
(5) Il contesto storico era quello successivo alla seconda guerra mondiale. Oggi si danno per acquisiti valori quali la pace, la prosperità e il sovra-nazionalismo; oramai apriori del concetto di democrazia europea.
(6) MARTA CARTABIA e ANDREA SIMONCINI, La sostenibilità della democrazia nel ventunesimo secolo, il Mulino, Bologna, 2009, pp.51-52.
(7) Con un forte richiamo all’ambientalismo e alle preoccupazioni ecologiche.
(8) Ivi, p. 53.
Questa attenzione, relativa ai valori della persona ( 9 ), emerge anche nel diritto dell’Unione Europea. Un ruolo fondamentale viene svolto dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la quale ha progressivamente trasformato la persona da oggetto a soggetto. (10)
Condizione fondamentale del modello democratico è la possibilità dell’esercizio del diritto di voto, per mezzo del quale i cittadini hanno la possibilità di “mandare a casa le canaglie”. (11) Quest’ultima caratteristica è assente nella forma della governance europea. Inoltre, si deve aggiungere che non è presente nemmeno la possibilità da parte del cittadino europeo di influenzare le scelte a livello euro-unitario, come – invece – avviene su un livello statale, ove i cittadini possono scegliere tra partiti che offrono programmi marcatamente diversi.
In questi due appena esposti elementi si concretizza il c.d. deficit democratico dell’Unione Europea. (12)
Dal suesposto quadro non ne deve assolutamente conseguire uno sconforto e un pessimismo nei confronti dell’attuale modello democratico, bensì un’importante presa di coscienza sul fatto che la democrazia non può continuare a sostenersi solo su delle mere statuizioni di principi e valori, ma essa deve essere praticata alla stessa stregua di una virtù; in altre parole, si devono esercitare tutte quelle virtù civiche connesse all’esercizio del diritto di voto.
Per quanto concerne i diritti umani si assiste alla medesima problematica, ovvero si ha una carenza di organi, procedure e prassi per una tutela seria ed effettiva degli stessi. Infatti, il problema non è la mancanza di affermazioni astratte di valori e principi in Carte e Trattati, bensì la mancanza di agenzie e programmi che rendano i diritti reali e non semplicemente divieti negativi che le corti possono far rispettare. (13)
(9) Per quanto concerne il principio dell’uguaglianza tra gli essere umani e il rispetto della ragione e libertà della
persona.
(10) Da una parte, l’individuo viene visto come soggetto principale del mercato mentre, dall’altra parte, come cittadino destinatario di una serie di diritti.
(11) Come sottolineato da Joseph H.H. Weiler nel saggio “Europa: ‘Nous coalisons des etats, nous n’unissons pas des hommes”.
(12) MARTA CARTABIA e ANDREA SIMONCINI, La sostenibilità della democrazia nel ventunesimo secolo, il Mulino, Bologna, 2009, pp.60-61.
(13) Ivi, pp.78-79.
In definitiva, dalla disamina emerge come ulteriore elemento imprescindibile di un sistema democratico è quello del modello rappresentativo indiretto. Infatti, al contrario della democrazia diretta, quella indiretta risulta, secondo la maggioranza degli studiosi, la forma più compiuta per una migliore sintesi della pluralità dei contrapposti interessi. Corollario indefettibile della democrazia rappresentativa indiretta è costituito dal libero mandato parlamentare (in senso opposto: principio del divieto del mandato imperativo); (14) infatti, “un deputato è deputato della Nazione tutta, tutti i cittadini sono i committenti”. (15) Il suddetto discorso è intimamente connesso al principio di maggioranza, in forza del quale la volontà della maggioranza della popolazione (avente scaturigine dal voto popolare) coincide con l’interesse o bene comune generale. (16) (17)
Come una cornice che racchiude all’interno un dipinto, allo stesso modo l’elemento educativo e dell’istruzione svolge la stessa funzione in relazione al modello democratico. Infatti, la democrazia, reggendosi sulla volontà della maggioranza, può essere orientata al migliore assetto degli interessi e al perseguimento del bene comune solo se la maggioranza della popolazione è istruita e consapevole del suo ruolo all’interno della governance.
Solamente perseguendo questa via si può avere una società costituita da cittadini concretamente determinanti, oltre che determinati!
- Senza solidarietà, non esiste democrazia. Alla ricerca di soluzioni concrete per scongiurare la crisi del principio di solidarietà.
Pilastro fondamentale dell’attuale Stato di diritto è l’affermazione del principio di solidarietà. I diritti fondamentali, da una parte, sono espressione dell’ordinamento giuridico e, dall’altra, sono gli elementi costitutivi della struttura della forma di Stato. La
(14) N. ZANON, Il libero mandato parlamentare, Giuffrè, Milano, 1991.
(15) J.E. SEYES, Discorso sul veto regio nella seduta del 7 settembre 1789, ora in opere e testimonianze politiche, a cura di G. Troisi Spagnoli e P. Pasquino, Milano, Giuffrè, 1993, vol. 1, p. 443.
(16) MARTA CARTABIA e ANDREA SIMONCINI, La sostenibilità della democrazia nel ventunesimo secolo, il Mulino, Bologna, 2009, p. 99 e p. 103.
(17) J.J. ROUSSEAU, Il contratto sociale, libro 3.
rivoluzione compiuta dallo Stato moderno è proprio quella di passare dall’affermazione dei doveri in capo ai cittadini (visti all’inizio ancora come sudditi) alla statuizione dei diritti degli individui. (18)
I c.d. diritti inviolabili della Costituzione italiana rappresentano, quindi, quel nocciolo duro immodificabile, che identifica la forma repubblicana dello Stato italiano, non soggetta a modifiche. La stessa, infatti, costituisce la scelta fondante dell’ordinamento giuridico del nostro paese. (19)
La chiave di volta è costituita dal combinato disposto dagli artt. 2 e 3, comma 2 Cost., i quali sono la prova tangibile del passaggio dallo Stato di diritto liberale allo Stato sociale di diritto. (20)
Si deve evidenziare, inoltre, come autorevolmente sostenuto dalla maggior parte dei costituzionalisti, che il grado di garanzia dei diritti sociali concorre a pieno titolo a definire la qualità di una determinata democrazia. Lo Stato capitalista occidentale evoluto si caratterizza per il fatto di riuscire a organizzare e distribuire in maniera equa le risorse.(21)
Molti studiosi hanno posto in evidenza l’indebolimento del principio di solidarietà in seguito alle crisi economiche degli ultimi anni e all’inversione dello sviluppo economico. La crisi, soprattutto, ha messo in luce la difficoltà da parte delle democrazie occidentali di far fronte alle imponenti risorse necessarie per attuare le politiche di redistribuzione del reddito ai fini sociali. La prima conseguenza della drammatica crisi economica è stata, infatti, quella di smascherare la non equa distribuzione tra i diversi strati della società. (22) Taluni economisti hanno posto in presa diretta la crisi delle odierne democrazie con la crisi fiscale. Infatti, presupposto dello Stato sociale e solidale era quello di una continua crescita economica: l’errore di molti economisti è stato quello di omettere nelle loro teorie periodi prolungati di stagnazione economica. (23) (24)
(18) N. BOBBIO, L’età dei diritti, Enaudi, Torino, 1990, pp. 53 ss.
(19) ADRIANA APOSTOLI, La svalutazione del principio di solidarietà, Giuffrè Editore, Milano, 2012, pp. 5-7 (20) PAOLO CARETTI e UGO DE SIERVO, Istituzioni di diritto pubblico (decima edizione), G. Giappichelli Editore, Torino, 2010, pp. 461 ss.(21) Visione dello come Stato organizzatore dei servizi sociali.
(22) P. BARCELLONA, Il declino dello Stato, Dedalo, Bari, 1998, p. 148 ss.
(23) In altre parole, si evidenzia la difficoltà di reperire risorse in grado di sostenere i costi ingenti della spesa pubblica
(24) ADRIANA APOSTOLI, La svalutazione del principio di solidarietà, Giuffrè Editore, Milano, 2012, pp. 22-23.
Si deve, comunque, ribadire il fatto che il percorso della progressiva estensione e affermazione dei diritti sociali non può essere arrestato, in quanto – come prima spiegato – il valore della solidarietà è elemento strutturale e costitutivo del nostro Stato democratico.
Parte della dottrina sottolinea l’importanza di una riforma futura che introduca sistemi di controllo e meccanismi sanzionatori con riferimento alle omissioni da parte della politica circa la mancata attuazione di quei principi che necessitano una concreta attuazione. Non può, quindi, considerarsi sufficiente una responsabilità unicamente di carattere politico. (25)
Un esempio, ancorché debole, di forma di responsabilità è aver reso come obbligatoria nel Documento di economia e finanza l’impatto atteso dei provvedimenti proposti su un insieme di indicatori statistici rappresentativi del Benessere equo e sostenibile (Bes). (26)
Il primo passo concreto è quello di cancellare dal proprio mondo delle idee i sentimenti c.d. “retrotopisti” (per citare Bauman) (27), ovvero quella spinta verso un passato impossibile da replicare; risulta del tutto inutile, oltre che non costruttivo, chiudersi in un protezionismo commerciale o il voler sollevare muri.
Una prima risposta è certamente quella di porre in essere politiche lungimiranti, che non guardino al breve periodo. (28) Purtroppo molto spesso i politici sono spinti dalla necessità di ottenere risultati nel breve periodo per assicurarsi la rielezione.
Una seconda soluzione è quella di affiancare al PIL altri indicatori in grado di misurare il benessere; questa non si attesta quale mera operazione statistica, bensì rappresenta un passo fondamentale verso un auspicato cambiamento di mentalità. Risulta necessario, quindi, monitorare il benessere complessivo della società con indici che rendano evidenti a tutti il costo sanitario per le malattie dovute all’inquinamento e i costi relativi agli investimenti relativi alla tutela dell’ambiente oppure i costi relativi ai danni creati dai disastri ambientali. (29)
(25) ADRIANA APOSTOLI, La svalutazione del principio di solidarietà, Giuffrè Editore, Milano, 2012, pp. 144-146.
(26) ENRICO GIOVANNINI, L’utopia sostenibile, Editori Laterza, Bari-Roma, 2018, p. 154. (27) Z. BAUMAN, Retropia, Laterza, Bari-Roma, 2017.
(28) In altre parole, politiche economiche caratterizzate da costi di breve termine ma con grandi benefici nel lungo periodo.
(29) ENRICO GIOVANNINI, L’utopia sostenibile, Editori Laterza, Bari-Roma, 2018, pp. 155-156.
In conclusione, non tutte le scelte degli operatori economici corrispondono a razionalità; non si può basare tutto su un mero calcolo economico. Per questo motivo, a causa della crisi delle attuali democrazie occidentali, dove la crescita economica sembra essere, sempre più, messa in discussione (come dimostrato dalle crisi economiche e sanitarie mondiali) e la conseguente crisi di natura fiscale, un’alternativa percorribile è quella di optare per scelte politiche lungimiranti, per un miglioramento dei modelli di governance (sia a livello statale che europeo) e per politiche finalizzate alla tutela dell’ecosistema. (30) Questo cambiamento di mentalità può essere in grado di offrire grandiose opportunità (nonostante la scarsezza di risorse economiche) come dimostrato dal vincitore del Premio Nobel per l’economia 2017 Richard Thaler, il quale ha dimostrato che le scelte non sono tutte dettate dalla ragione e non sono sempre il frutto di un mero calcolo di convenienza economica. Questo può essere in grado di produrre inefficienza, ma da altri punti di vista può generare scelte altruistiche e solidali. (31)
- Nuovo rapporto fisco contribuente (Stato cittadino) in seno a un modello liberal democratico. L’istituto della “cooperative compliance”.
Rappresenta sicuramente una rivoluzione questo nuovo modo di concepire il rapporto tra fisco e contribuente (Stato-cittadino), ma le radici sono profonde; è stato un cammino lungo e complesso. (32)
Il rapporto fisco–contribuente è stato da sempre segnato da una forte contrapposizione che non può essere negata. Si trovano interessi tra loro in antitesi: è necessario, quindi, superare questo stadio conflittuale e arrivare a una sintesi. Questo contemperamento d’interessi può essere trovato solo costruendo un rapporto fisco–contribuente basato sulla
(30) Il 25 settembre 2015 i Capi di Stato e di governo dei 193 Paesi che fanno parte delle Nazioni Unite, riconosciuta l’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo, hanno sottoscritto l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
(31) ENRICO GIOVANNINI, L’utopia sostenibile, Editori Laterza, Bari-Roma, 2018, p. 158.
(32) E. VANONI, nel discorso alle Camere del 21 ottobre 1948 precorre i tempi parlando di un nuovo rapporto fisco-contribuente fondato sulla fiducia, ponendo al centro uno spirito di collaborazione fra le parti. Aspetto fondamentale per il tanto auspicato cambiamento psicologico ai fini del superamento di quel clima di sospetto che inquinava il rapporto; si veda E. DE MITA, Interesse fiscale e tutela del contribuente, Milano, 2006, p. 21.
collaborazione e fiducia reciproca. (33) Ci si rende conto che per superare tale aporia si deve completamente cambiare paradigma: ragionare in una logica ex-ante le scadenze fiscali. Già in una fase precedente (alle suddette scadenze) si deve instaurare una proficua collaborazione. E’ proprio questo l’obiettivo dell’istituto della “cooperative compliance”. Questo rapporto s’innesta in un modello di Stato liberal democratico tra individui- cittadini e autorità statuale, nel quale il contribuente diventa partner del fisco, spogliandosi della sua veste di suddito. Lo Stato non s’incarna più nella figura del Leviatano di hobbesiana memoria (34), ma riveste quasi un ruolo di consulente. Viene, così, coniato dalla dottrina il concetto di “democrazia partecipata”. (35)
Si deve costruire un rapporto bilaterale fisco-contribuente, cioè un’unione di volontà, nella quale il contribuente può porsi come soggetto attivo e non solo passivo. Ne scaturisce, così, un rapporto equilibrato cittadino-Stato.
Il cittadino non è più trattato alla stregua di un mero suddito che subisce passivamente i tributi, bensì è chiamato a collaborare con il fisco al fine del suo corretto adempimento contributivo.
Quello che si chiede a una determinata impresa è di mantenere la massima disclosure ed esprimere con chiarezza quali sono le scelte principali in modo da metterle in contraddittorio con l’Amministrazione fiscale. Invece, ciò che le imprese chiedono è la
(33) Questo nuovo modello è stato criticato da taluni per il fatto di essere troppo lontana dalla realtà e per essere forse troppo immaginaria. Si deve, quindi, dare conto anche delle obiezioni avanzate dall’opposto orientamento. Questi ultimi, infatti, ricordano che l’adempimento tributario è pur sempre da considerarsi un dovere del cittadino inserito in una collettività. Suddetta obiezione non può considerarsi solo una mera speculazione dottrinale, ma ha delle conseguenze su come noi consideriamo la libertà del cittadino-contribuente. La libertà, come ci ha insegnato Kant, non può essere considerata in guisa assoluta, ma è sempre in relazione con le libertà degli altri cittadini. Per questa ragione, essa può in alcune ipotesi subire delle limitazioni nel bilanciamento con le altre. Al riguardo: I. KANT, Scritti morali: fondazione della metafisica dei costumi, Torino, 1970; anche nelle ipotesi dei diritti soggettivi, che sembrano affermarsi in guisa assoluta, devono bilanciarsi con i diritti soggettivi; al riguardo C. CASTRONOVO, Eclissi del diritto civile, Milano, 2015, p. 41, afferma che: “(…) secondo la definizione kantiana, è l’insieme delle condizioni nelle quali l’arbitrio del singolo diventa compatibile con l’arbitrio di ogni altro, la libertà individuale si accorda con quella degli altri, secondo una legge universale di libertà. (…) La struttura di ‘proportio hominis ad hominem’, per ricordare la definizione dantesca di diritto (De monarchia 2,4), nella quale essi necessariamente si situano, li pone, infatti, a confronto con diritti altrui, quando a questi vengano a trovarsi contrapposti.
(34) THOMAS HOBBES, Leviatano, o la materia, la forma e il potere di uno Stato ecclesiastico e civile, Roma, 1998. Come emerge chiaramente questo è un contratto sociale tra tutti i consociati che si riconoscono in un Dio mortale: il Leviatano.
(35) GIOVANNA THIEGHI, Fiscalità e diritti nello Stato costituzionale contemporaneo: il contribuente partner, Napoli, 2002, pp. 34-40.
certezza: la sicurezza che quelle scelte una volta condivise siano senza rischi fiscali.(36)(37)
Per questa ragione, la questione sulla certezza si lega con la questione sulla gestione del rischio fiscale, che rappresenta un vero e proprio imperativo categorico per ogni operatore economico (evitare di subire defatiganti conteziosi ex-post e, di conseguenza, costi non preventivati prima di porre in essere una determinata operazione economica).
L’appena esposta certezza del diritto viene declinata come stabilità preventiva del regime di obbligazione d’imposta.
Le principali caratteristiche dell’istituto in esame sono le seguenti tre.
In primo luogo, l’istituto non rappresenta una deroga al principio di legalità dell’imposizione. Non si è passati da uno schema norma-fatto a norma-potere-fatto, ovvero l’istituto in esame non deve essere inteso come una rinegoziazione o, comunque, come la spendita di un potere discrezionale o negoziale.
In secondo luogo, non viene obliterata per sempre la funzione di controllo, ma essa s’innesta sulla funzione d’indirizzo, diventando – così – una funzione di controllo anticipato. Inoltre, non si possono considerare nemmeno eliminati i poteri istruttori da parte dell’Amministrazione.
Infine, si sottolinea l’importanza di un canale d’interlocuzione che sia diretto, continuo e costante, reso possibile all’instaurazione di un modello di gestione del rischio fiscale in seno all’impresa.
In conclusione, bisogna tenere in considerazione quel quadro dogmatico disegnato dal Professore De Mita e dal ministro Ezio Vanoni. Nelle loro menti era chiaro quel modello di democrazia liberale, dove al centro è presente la libertà economica (soltanto da essa può avere scaturigine una piena libertà politica). Al centro è presente il mercato e il mondo economico, però con la consapevolezza che per aversi uno sviluppo sostenibile è necessario una distribuzione della ricchezza. Vanoni già auspicava un necessario rapporto di collaborazione tra il fisco e il contribuente, più in senso lato una vera e propria rivoluzione morale e psicologica prima che politica. Con le sue parole: “quella situazione
(36) LUIGI VASSALLO, Il nuovo abuso del diritto, Milano, 2015, p. 49.
(37) FRANCESCO LEONE, BALDASSARRE BONO, Co-operative compliance: verso un nuovo rapporto Fisco-contribuente, Riv. Amministrazione e Finanza, n. 8/2015, p. 29. tra inquisitore e inquisito si deve tradurre in una situazione il più possibile di collaborazione”. (38)
- PROFILI INTERNAZIONALI DEL NUOVO RAPPORTO: UNA PROSPETTIVA COMPARATA
4.1 Tax compliance USA: gli albori e lo sviluppo
Il problema della tax compliance è vecchio come le tasse stesse. Nel corso del tempo si è compreso come sia veramente importante per tutti i paesi risolvere il problema della non adesione alle tasse e trovare, quindi, il modo di risolverlo.
Gli aspetti economici della tax compliance possono essere analizzati da molte prospettive: come un problema di finanza pubblica, di enforcement legale, dal punto di vista del piano organizzativo, del labour supply e, infine, come una questione etica o, ancora, come una combinazione di tutti questi fattori. (39)
La tax compliance è anche una questione di finanza pubblica, che misura le nozioni di equità. Se i lavoratori autonomi (o altre categorie) possono sistematicamente evadere una porzione maggiore delle loro tasse rispetto a quanto possano i lavoratori dipendenti non si avrà un sistema equo.
Un discorso molto importante è quello relativo all’enforcement legale: l’efficacia deterrente delle sanzioni e la probabilità della detenzione è centrale nella tax compliance. In questa prospettiva statunitense si evidenzia, altresì, alcuni problemi attinenti all’organizzazione: ovvero è dirimente costruire un’istituzione amministrativa idonea e rafforzare l’efficacia sostanziale della normativa tributaria.
Inoltre, un collegamento deve essere fatto con il comportamento del mercato del lavoro. Il livello di occupazionale può variare in base al livello di evasione. Le fasce tassabili possono influenzare la scelta occupazionale e l’investimento, quindi, il capitale umano. Dallo studio dell’esperienza statunitense si possono fare le seguenti quattro osservazioni:
(38) E. DE MITA, Maestri del diritto tributario, Milano, 2013, pp. 1-21. Il Professore De Mita afferma che Ezio Vanoni è uno dei grandi maestri del diritto tributario.
(39) JAMES ANDREONI, BRIAN ERARD, JONATHAN FEINSTEIN, Tax Compliance, Journal of economic literature, vol. 36, no.2 (pp. 818-860), pp. 818-819.
1- maggiore sintesi tra la teoria e la prassi: molte volte i modelli teorici sono serviti solo come semplici guide per la ricerca empirica;
2- si devono tenere in considerazione nei modelli teorici della compliace anche i fattori che vanno a sondare i comportamenti psicologici, morali e l’influenza sociale;
3- si deve prestare una maggiore attenzione al framework dinamico e istituzionale della tax compliance: in particolare, alla struttura burocratica del fisco e al rapporto tra autorità fiscale e i contribuenti;
4- una maggiore ricerca empirica comparativa delle esperienze estere. 40
4.2 Modelli di gestione del rischio: Regno Unito, Paesi Bassi, Australia.
Attraverso l’analisi comparata delle realtà giuridiche del Regno Unito, dei Paesi Bassi e dell’Australia si possono enucleare quattro principali pilastri comuni, che possono essere seguiti per un’implementazione di un modello di gestione del rischio che possa definirsi efficiente:
1- necessità di diffondere tra gli operatori economici una cultura di gestione e monitoraggio del rischio fiscale; dunque, una campagna di sensibilizzazione nei confronti degli organi di controllo delle principali imprese;
2- l’instaurazione di nuovi canali d’interlocuzione (frameworks) tra Amministrazione finanziaria e contribuenti, fondati sulla buona fede e la trasparenza nelle comunicazioni;
3- stabilire l’invasività e la tipologia dei controlli fiscali in base alle posizioni di rischio rilevate, alla tipologia dell’impresa in questione e soprattutto in proporzione all’affidabilità del modello di gestione e controllo del rischio fiscale;
4- riduzione delle sanzioni che possono conseguire da eventuali violazioni del contribuente, che – però – abbia documentato le proprie posizioni d’incertezza. (41)
(40) JAMES ANDREONI, BRIAN ERARD, JONATHAN FEINSTEIN, Tax Compliance, Journal of economic literature, vol. 36, no.2 (pp. 818-860), pp. 854-856.
(41) MICHELE SANTOCCHINI, La gestione del rischio fiscale nella governance aziendale. La prospettiva comparatistica, Baker and McKenzie, pp.1-21.