Avv. Massimo Medugno, Avv. Tiziana Ronchetti
1. La sentenza n. 13121 del 28 aprile 2020 della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione offre due interessanti spunti.
Il primo riguarda la natura degli sfalci e potature, il secondo concerne la responsabilità del Sindaco tenuto conto della separazione dell’ambito amministrativo da quello politico.
Cominciamo dal primo, che riguarda l’ambito di applicazione della disciplina dei rifiuti ed è molto attuale, in considerazione del recepimento in corso delle direttive europee in materia di rifiuti.
2. Le materie fecali, la paglia e altro materiale agricolo o forestale non pericoloso (quali gli sfalci e potature effettuati nell’ambito delle buone pratiche colturali), così come gli sfalci e potature derivanti dalla manutenzione del verde pubblico dei Comuni, non sono qualificabili come rifiuti al ricorrere delle condizioni fissate dall’art. 185, comma 1, lett. f) del d.lgs. 152/2006.
Quali le condizioni fissate?
Che siano utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione ovvero con cessione a terzi, mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana;
Diversamente, gli stessi materiali devono essere qualificati come rifiuti urbani (se provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali) o speciali (se derivanti da attività agricole e agro-industriali), ai sensi dell’art. 184, comma 2, lett. e) e comma 3, lett. a).
Peraltro, secondo la Circolare MATTM n. 3983 del 15 marzo 2018: “… gli operatori del settore… possono sempre avvalersi a pieno titolo della disciplina sui sottoprodotti al fine della gestione semplificata degli sfalci e potature che non rientrano nell’ipotesi contemplata dall’eccezione stabilita dall’articolo 2 della direttiva rifiuti, come previsto dal decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 16 ottobre 2016, n. 264. Il citato decreto ministeriale adotta criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e non come rifiuti, in particolare per alcuni materiali agricoli, quali ad esempio le «potature, ramaglie e residui della manutenzione del verde pubblico e privato»”.
Quindi rimane aperta anche l’applicazione della disciplina del sottoprodotto di cui all’art. 184 bis in quanto si soddisfino le condizioni di cui al comma 1 dello stesso.
3. Ma quale potrebbe essere la situazione in prospettiva?
La Direttiva n. 851/2018 modifica la definizioni di “rifiuto urbano” come “rifiuti domestici” indifferenziati e rifiuti da raccolta differenziata, ivi compresi carta e cartone, vetro, metalli, plastica, rifiuti organici, legno, tessili, imballaggi, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, rifiuti di pile e accumulatori, e rifiuti ingombranti, ivi compresi materassi e mobili; rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono simili per ‘natura e composizione’ a quelli prodotti dalle famiglie.
Si precisa inoltre che nei rifiuti urbani non rientrano i rifiuti della produzione, dell’agricoltura, della silvicoltura, della pesca, delle fosse settiche, delle reti fognarie e degli impianti di trattamento delle acque reflue, ivi compresi i fanghi di depurazione, i veicoli fuori uso, i rifiuti da costruzione e demolizione.
Tale definizione – viene espressamente specificato – non pregiudica la ripartizione delle responsabilità in materia di gestione dei rifiuti tra gli attori pubblici e privati. Essa è introdotta al fine di definire l’ambito di applicazione degli obiettivi di preparazione per il riutilizzo e riciclaggio, nonché le relative norme di calcolo; è neutra rispetto allo stato giuridico, pubblico o privato, del gestore dei rifiuti e comprende pertanto i rifiuti domestici e quelli provenienti da altre fonti che sono gestiti da o per conto dei comuni oppure direttamente da operatori privati.
Nella Tabella che segue viene indicato il testo della Direttiva n. 851, quello della bozza di decreto di attuazione e, infine, il testo attualmente vigente.
Inoltre, sono considerati rifiuti urbani, secondo la bozza di recepimemto, anche i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti indicati nell’allegato L-quater “Elenco dei rifiuti assimilabili “e prodotti dalle attività riportate nell’allegato L-quinquies “Elenco delle attività che producono rifiuti assimilabili” ex art. 184, comma 2, lett. B, tuttavia, senza alcuna indicazione di valori soglia per quantità.
Se vogliamo, proprio le “altre fonti”, previste possono essere elementi che possono incidere sull’estensione in concreto della nozione del rifiuto urbano.
Quindi, se da un lato si giudica positivo che il termine di riferimento assunto sia il rifiuto domestico nel senso che, per essere catalogato come urbano, il rifiuto speciale deve essere ad esso comparabile per natura e composizione; dall’altro non è apprezzabile la mancata previsione del parametro quantitativo.
Nella tabella che segue, il confronto tra la nuova definizione di “rifiuti urbani” prescritta dalla direttiva, la proposta nella bozza di decreto in attuazione della direttiva e, da ultimo, il testo ancora vigente (Decreto legislativo 152/2006, articolo 184, comma 2)
Direttiva | Bozza Decreto di attuazione che modifica il d.lgs. 152/2006 con inserimento all’art. 183, comma,1, della lett. b-ter) | Testo vigente (Art. 184, comma 2) |
a) rifiuti domestici indifferenziati e da raccolta differenziata, ivi compresi: carta e cartone, vetro, metalli, plastica, rifiuti organici, legno, tessili, imballaggi, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, rifiuti di pile e accumulatori, e rifiuti ingombranti, ivi compresi materassi e mobili; | a) “rifiuti domestici indifferenziati e da raccolta differenziata, ivi compresi: carta e cartone, vetro, metalli, plastica, rifiuti organici, legno tessili, imballaggi, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, rifiuti di pile e accumulatori e rifiuti ingombranti, ivi compresi materassi e mobili | a) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione; |
b) rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti e che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici. | b) i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell’allegato L-quater prodotti dalle attività riportate nell’allegato L-quinquies | b) i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell’articolo 198, comma 2, lettera g); |
c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade e dallo svuotamento dei cestini portarifiuti | c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade | |
d) i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d’acqua | d) i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d’acqua; | |
e) i rifiuti risultanti dalla pulizia dei mercati | e) i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali; | |
f) i rifiuti provenienti dalle aree cimiteriali, esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui alle lettere c), d) ed e) | f) i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui alle lettere b), c) ed e). | |
I rifiuti urbani non includono i rifiuti della produzione, dell’agricoltura, della silvicoltura, della pesca, delle fosse settiche, delle reti fognarie e degli impianti di trattamento delle acque reflue, ivi compresi i fanghi di depurazione, i veicoli fuori uso o i rifiuti da costruzione e demolizione. | (g) i rifiuti urbani non includono i rifiuti della produzione, dell’agricoltura, della silvicoltura, della pesca, delle fosse settiche, delle reti fognarie e degli impianti di trattamento di acque reflue, ivi compresi i fanghi di depurazione, i veicoli fuori uso o i rifiuti da costruzione e demolizione |
4. L’altro aspetto riguarda la responsabilità del Sindaco tenuto conto della separazione dell’ambito amministrativo da quello politico.
A questo proposito l’art. 107, comma 1 del Testo Unico Enti Locali prevede che spetta ai dirigenti la direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai regolamenti. Questi si uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita ai dirigenti mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo.
A questo proposito, il principio dettato dalla Corte di Cassazione è chiaro: il Sindaco è responsabile nel caso in cui ci siano comportamenti idonei a contribuire nella gestione incriminata. Nel caso in cui ci siano soggetti interposti (dirigenti) il Sindaco è responsabile attraverso il potere di attivazione del Sindaco, allorché gli siano note situazioni, non derivanti da situazioni contingenti o occasionali emergenze tecnico-operative, ma che mettono in pericolo la salute delle persone e l’integrità dell’ambiente.
Insomma, secondo la Corte di Cassazione la gestione di sfalci e potature è un caso di responsabilità amministrativa.