Cass. Civ., sez. I, ord.,4 giugno 2018, n. 14241
[Omissis].
1.- Il fallimento della s.p.a. KEYMAT Industrie ricorre per cassazione nei confronti dell’amministrazione straordinaria della s.p.a. EUTELIA, articolando tre motivi avverso il decreto reso dal Tribunale di Napoli in data 6 febbraio 2013.
Con tale pronuncia, il Tribunale campano ha accolto l’opposizione presentata dall’amministrazione straordinaria di EUTELIA nei confronti dell’esclusione dallo stato passivo fallimentare di KEYMAT di crediti derivanti dalla prestazione di servizi di assistenza tecnica (su prodotti informatici, di elettronica e di consumo), che era stata per contro decisa dal giudice delegato.
Nell’accogliere l’opposizione, l’impugnato decreto ha sussunto il contratto di outsourcing a suo tempo intercorso tra le parti, e fonte delle prestazioni in concreto effettuate da EUTELIA, nell’ambito dello schema generale dell’appalto di servizi con prestazioni continuative. Affermata tale qualificazione, il decreto ha poi respinto — diversamente da quanto ritenuto dal giudice delegato — l’eccezione di inadempimento che era stata formulata dal fallimento KEYMAT nei confronti della controparte contrattuale.
Ammettendo il credito di EUTELIA al passivo di KEYMAT, il decreto del Tribunale campano ha posto il medesimo in “collocazione privilegiata”. Con successivo decreto del 26 marzo 2013, peraltro, lo stesso Tribunale ha provveduto a correggere — perché frutto di un errore materiale —tale collocazione, così portando la pretesa di EUTELIA al rango del chirografo.
Nei confronti del ricorso resiste EUTELIA, che ha depositato un apposito controricorso.
Il fallimento KEYMAT ha inoltre provveduto a depositare memoria. 2
2.- I motivi di ricorso denunziano i vizi che qui di seguito vengono richiamati.
Il primo motivo (ricorso, p. 3) lamenta, in particolare, «violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in relazione agli artt. 1677 e 1667 cod. civ.)».
Il secondo motivo (p. 5) assume, poi, «nullità della sentenza o del procedimento (art. 360, comma 1, n. 4 in relazione agli artt. 132 e 156 comma 2 cod. proc. civ.) o, in alternativa, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ.)».
Il terzo motivo (p. 7) rileva, a sua volta, «nullità della sentenza o del procedimento (art. 360 n. 4 cod. proc. civ., in relazione all’art. 112 cod. proc. civ.)».
3.- I primi due motivi di ricorso vanno trattati congiuntamente. Gli stessi fanno entrambi riferimento, infatti, a un’eccezione di inadempimento formulata dall’attuale ricorrente per paralizzare la pretesa creditoria di EUTELIA e l’ammissione al passivo della relativa domanda di insinuazione.
Più in particolare, i detti motivi contestano la decisione del Tribunale di ritenere applicabile al contratto posto in essere tra le parti la norma dell’art. 1667, comma 2, cod. civ. («il committente deve, a pena di decadenza, denunciare all’appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta») e di ritenere, per conseguenza, tardiva l’eccezione di inadempimento proposta in sede fallimentare dall’attuale ricorrente.
Il fatto che il contratto di outsourcing intercorso tra le parti rientri nell’ambito dell’appalto di servizi non comporta — così assume il ricorrente — che per lo stesso trovino applicazione tutte le norme scritte per l’appalto in generale. Infatti, la norma dell’art. 1677 cod. civ. — che, riguardando specificamente l’appalto di servizi con prestazioni continuative e periodiche, viene a governare in modo diretto la fattispecie concretamente in esame — pone l’espresso limite della «compatibilità» rispetto all’applicazione delle regole generali dell’appalto («se l’appalto ha per oggetto prestazioni continuative o periodiche di servizi, si osservano, in quanto compatibili, le norme di questo Capo e quelle relative al contratto di somministrazione»).
Dato questo impianto, il primo motivo di ricorso assume che la norma dell’art. 1667 cod. civ. non trova applicazione al caso di appalto di servizi. A sua volta, il secondo motivo rileva che il decreto «ha omesso qualsivoglia motivazione sul punto, trascurando di prendere in considerazione la contestazione sollevata dalla curatela circa il fatto che al contratto in questione non poteva applicarsi l’art. 1667 cod. civ. in quanto non ha per oggetto la realizzazione di un opus da parte dell’appaltatore da prendere in consegna dal committente, previa sua verifica e collaudo, quanto, piuttosto, l’erogazione di prestazioni, soprattutto di facere, di carattere continuativo e periodico».
4.- Il primo motivo e il secondo motivo di ricorso non possono essere accolti.
La ragione di fondo per cui il ricorrente ritiene non applicabile al rapporto di cui alla presente controversia la norma dell’art. 1667 cod. civ. è che quest’ultima suppone l’esecuzione di un opus, laddove nella specie la prestazione ha riguardato, in prevalenza almeno, un facere. L’indicata contrapposizione non può stare, tuttavia, alla base del limite di «compatibilità» che la norma dell’art. 1677 riserva alle fattispecie di appalti di servizi con prestazioni continuative o periodiche.
Delineando la figura generale dell’appalto, la norma dell’art. 1655 civ. vi ricomprende, infatti, tanto il «compimento di un’opera», quanto, e indifferentemente, il «compimento di un servizio». Sì che, per sé, la normativa generale dettata per l’appalto — e quindi pure la disposizione dell’art. 1667 — trova comunque applicazione anche per l’appalto di servizi.
La norma dell’art. 1677 cod. civ., in via correlata, trova la sua specificità non già nella mera circostanza di volgersi all’appalto di servizi, quanto piuttosto per l’ulteriore connotazione che la norma imprime su tale fattispecie, con il riferimento al carattere continuativo o periodico dei servizi dedotti in contratto. Ciò posto, rimane da aggiungere che, in questa prospettiva, non si vede ragione per non ritenere applicabile anche a questa tipologia di appalti la regolamentazione dettata nell’art. 1677.
5.- Il terzo motivo di ricorso, svolto dal ricorrente, fa rifermento al fatto che il decreto impugnato ha assegnato al credito vantato da EUTELIA una «collocazione privilegiata», laddove la domanda di insinuazione di questa era formulata come richiesta di ammissione in chirografo.
Come già sopra rilevato (n. 1), peraltro, la detta collocazione è stata successivamente fatta oggetto di correzione per errore materiale. Sì che il motivo in discorso si manifesta inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.
6.- In conclusione, il ricorso dev’essere respinto.
Le spese seguono il criterio della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese relative al giudizio di legittimità, che liquida nella somma di € 7.800,00 (di cui € 200,00, per esborsi).
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater d.p.r. n. 115 /2002, la Corte dà atto della sussistenza del presupposto per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis del medesimo art. 13.