Premessa. Può accadere che una procedura esecutiva incida sul bene di un terzo. Il caso espressamente previsto dal legislatore, nell’articolo 619, é quello di un pignoramento che viene a colpire beni, che non sono del debitore, ma appunto di un terzo (cosa che é soprattutto frequente nel caso di un’espropriazione mobiliare presso il debitore). Ed é con riguardo a solo tale limitato caso, che il legislatore contempla la concessione della “opposizione” al terzo, come mezzo per difendere i suoi interessi. Ma una aggressione dell’esecuzione sui beni di un terzo, in realtà, può avvenire anche in una procedura diversa dall’espropriazione (si pensi all’esecuzione di un obbligo di gettare giù un muro – artt. 612 ss – che però non é di proprietà del debitore ma…. di un terzo). E la migliore interpretazione estende anche a tali ipotesi l’opposizione prevista dall’art. 619.
Comunque sia, alla proposizione di tale opposizione, il legislatore pone precisi limiti temporali[1]: essa può avvenire solo “prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione”. Anche se, poi, l’art.620, in caso di opposizione tardiva, ammette il terzo a far valere i suoi diritti “sulla somma ricavata” dall’espropriazione.
L’opposizione di terzo, per sua natura, non può proporsi se non quando l’esecuzione è iniziata: quindi riveste la forma di un ricorso al giudice dell’esecuzione. Il ricorso va (naturalmente) depositato nella cancelleria delle esecuzioni. Si lascia passare qualche giorno dopo il deposito, e, poi, si acquisiscono le copie autentiche del decreto (con cui il giudice dell’esecuzione fissa l’udienza di comparizione delle parti dinanzi a sé); si notifica; si deposita (anche all’udienza) l’originale di notifica e la documentazione.
All’udienza, se le parti non addivengono a un accordo che contempli la rinuncia all’opposizione, il giudice “provvede ai sensi dell’articolo 616” (vedi terzo comma articolo in esame): cioé individua il giudice competente sulla opposizione
(“tenendo conto della competenza per valore” dice il legislatore, ma in realtà tenendo conto in genere di tutte le norme che regolano la competenza) e pone un termine perentorio all’opponente, per notificare l’atto di citazione (se l’atto che introduce il giudizio sull’ opposizione é un atto di citazione), per depositare il ricorso (se l’atto destinato a introdurre il giudizio sull’opposizione, é un ricorso).
[1] Ciò in armonia con l’art.268, che anch’esso pone, nell’ambito del processo di cognizione, precisi limiti temporali all’intervento principale del terzo.
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Sanguineti, Pratica civile ragionata
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