Sentenza Corte Costituzionale 192/2024. Breve analisi e commento

Home 9 News 9 Sentenza Corte Costituzionale 192/2024. Breve analisi e commento
Share

Avv. Dainese Giovanni  (Prof. a.c. Università di Ferrara)

Con la sentenza numero 192 (109 pagine) la Corte Costituzionale chiede diverse modifiche alla legge sull’autonomia differenziata, citando, tra l’altro l’art.116 terzo comma che consente l’attribuzione alle regioni di “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia”. In particolare, la Corte, ritiene che la devoluzione di poteri alle regioni deve riguardare “specifiche funzioni legislative e amministrative” e non intere materie, o ambiti di materie, come invece previsto dalla legge Calderoli (legge n.86/2024). A tale riguardo, continua l’analisi della Consulta, vi sono competenze, “alle quali afferiscono funzioni il cui trasferimento è, in linea di massima, difficilmente giustificabile secondo il principio di sussidiarietà”. La Consulta, in sintesi, ritiene vi siano funzioni pubbliche che possono essere esercitate appropriatamente solo a livello di governo statale o addirittura europeo (energia, tutela dell’ambiente, istruzione e trasporti). La Corte Costituzionale ammonisce che l’autonomia non potrà spingersi fino a compromettere la solidarietà tra lo Stato e le regioni e tra regioni nonché l’unità giuridica ed economica della Repubblica e l’uguaglianza dei cittadini. Inoltre, sottolinea, che spetta solo al Parlamento il compito di creare e definire la complessità del pluralismo istituzionale.

In questa logica vengono abbattuti alcuni dei pilastri della legge sull’autonomia come, ad esempio, quello secondo cui deve essere solo il Presidente del Consiglio, con un DPCM, a modificare i cosiddetti livelli delle prestazioni (Lep).

Sul piano finanziario la Corte boccia la possibilità che la Regione provveda “annualmente all’allineamento delle aliquote di compartecipazione definite nelle intese” in quanto si tratta di un meccanismo che “determina un effetto di responsabilizzazione in ordine all’esercizio regionale delle funzioni trasferite: anche una gestione inefficiente delle stesse potrebbe, infatti, finire per essere sostanzialmente ripianata “a piè di lista” dallo Stato”.

Ancora la Corte ha sezionato la legge nella parte delle deleghe date al governo perché non ci sono dei paletti predeterminati. La Corte censura tutto questo che altro non è che   accentramento del governo di poteri che piuttosto spetterebbero al Parlamento.

“Vi sono, infatti, motivi di ordine sia giuridico che tecnico o economico, che ne precludono il trasferimento”.

Un altro dei profili di incostituzionalità è che la richiesta delle regioni, di maggior autonomia, è solo una facoltà. Per questo è pensabile che chiederanno l’autonomia le regioni più ricche, cioè quelle che se lo possono permettere. Alla Corte, oltre ai profili di incostituzionalità, preme   l’unità della nazione e la solidarietà elementi che non sono stati rispettati.

Riassumendo. La Consulta delimita dunque il trasferimento delle competenze alle regioni, stabilendo il trasferimento di sole funzioni specifiche all’interno di queste macro aree. Inoltre, per alcune materie, il trasferimento “potrà riguardare solo alcune funzioni e sarà sottoposto a un controllo rigoroso della Corte Costituzionale”.

Esemplificando, per la Corte, Energia, ambiente, commercio estero, comunicazioni e grandi reti di trasporto, dovranno rimanere sotto il controllo statale. Inoltre, per tali materie, occorre garantire livelli di servizio uniformi in tutto il territorio. Si tratta, infatti, di   una necessaria gestione unitaria onde assicurare gli stessi standard a tutti i cittadini. Questo lo richiede il “principio della sussidiarietà” che sta alla base di tali trasferimenti. Le materie, pertanto, a rischio trasferimento sono:

Commercio con l’estero. Le trasformazioni geopolitiche e geoeconomiche (che incidono sulle politiche commerciali attraendole nella sfera della politica estera);

Tutela dell’ambiente: politiche ambientali che hanno effetti sui territori contigui;

Produzione, trasporto e distribuzione dell’energia. Le regole nazionali e la conformazione delle reti (che devono uniformarsi ai principi UE senza ostacoli su base territoriale);

Porti e aeroporti civili e grandi reti di trasporto e navigazione. Le reti e i nodi sono parti di un sistema nazionale che richiedono funzioni legislative statali;

Professioni. Sono sottoposte alle regole della concorrenza fissate dallo Stato;

Ordinamento della comunicazione. Le norme europee hanno lo scopo di realizzare un mercato unico digitale che sia inclusivo, competitivo e rispettoso dei diritti fondamentali:

Norme generali sull’istruzione. Cicli di istruzione e programmi di base sono intimamente connessi con il mantenimento dell’identità nazionale (La Corte esplicitamente al riguardo (pag. 68-70).

Con riferimento ai LEP (livelli essenziali delle prestazioni)- Continua   la Corte, il nuovo articolo 116, terzo comma, Cost. “Non può essere considerato come una monade isolata”. E “l’ineliminabile concorrenza e differenza tra regioni e territori, che può anche giovare a innalzare la qualità delle prestazioni pubbliche, non potrà spingersi fino a minare la solidarietà tra lo Stato e le regioni e tra regioni, l’unità giuridica ed economica della Repubblica, l’eguaglianza dei cittadini nel godimento dei diritti, l’effettiva garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep) concernenti i diritti civili e sociali e quindi la coesione sociale e l’unità nazionale”.

Cosa deve fare il Parlamento.- Nella sentenza si dice che deve definire i servizi essenziali (Lep) perché siano così garantiti in modo uniforme a tutti i cittadini. “È da sottolineare che i Lep implicano una delicata scelta politica”, evidenzia la Corte, “perché si tratta fondamentalmente di bilanciare uguaglianza dei privati e autonomia regionale, diritti, esigenze finanziarie, e anche i diversi diritti fra loro”

Pertanto niente decreti governativi come prevedeva la legge e soprattutto niente standard minimi   stabiliti con un unico provvedimento del governo. Occorrono provvedimenti specifici. E’ impensabile, infatti, stabilire standard minimi per settori diversi come, per esempio, la sanità, la scuola o i trasporti.

Problema per le regioni speciali- La Corte ha dichiarato incostituzionale l’estensione dell’autonomia differenziata a Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia. Queste regioni, ricorda la Consulta, hanno già proprie forme di autonomia garantite dalla Costituzione e, se chiedono nuova autonomia, devono farlo secondo quanto stabilito dai loro statuti speciali.

****

Essenziale e breve esegesi sentenza (da pag. 61 in poi)

La Corte esprime le sue considerazioni in diritto. I ricorsi attengono alle seguenti aree tematiche: a) questioni generali sull’interpretazione dell’art.116, terzo comma, Cost. (Punti 7 e 8 del Considerato in diritto); b) questioni in materia di fonti del diritto (punti da 9 a 13 del Considerato in diritto); c) questioni relative ai livelli essenziali delle prestazioni (LEP) (punti da 14 a 16 del Considerato in diritto); d) questioni in tema di leale collaborazione (punti da 17 a 21del Considerato in diritto); e) questioni in materia finanziaria (punti da 22 a 29 del Considerato in diritto); f) altre questioni (punti 30 e 31 del Considerato in diritto).

L’aspetto indagato dalla Corte attiene l’autonomia come sancita dalla Costituzione con riferimento alle regioni e agli Enti locali (pag. 62-63), però garantendo il pluralismo (pag. 63). Sul piano istituzionale, questa stessa rappresentanza e la conseguenziale cura delle esigenze unitarie sono affidate esclusivamente al Parlamento e in nessun caso possono essere riferite ai consigli regionali (sentenza n. 106 del 2002) (competenza esclusiva). L’esame delle questioni richiede di procedere all’interpretazione dell’art. 116, terzo comma, Cost., introdotto con la riforma costituzionale del 2001. Una componente fondamentale della forma di Stato delineata dalla Costituzione è il regionalismo, connotato dall’attribuzione alle regioni di autonomia politica, che si specifica in autonomia legislativa (art. 117, terzo e quarto comma, Cost.), amministrativa (art. 118 Cost.) e finanziaria (art. 119 Cost.), a cui si aggiunge la garanzia dell’autonomia degli enti locali.  Nel disegno costituzionale già sono riconosciute ad alcune regioni «forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i ispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale» (art. 116, primo comma, Cost.).

Coerentemente con la suddetta esigenza, il regionalismo italiano, nel cui ambito deve inserirsi la differenziazione di cui all’art. 116, terzo comma, Cost., non è un “regionalismo duale” in cui tra una regione e l’altra esistono delle paratie stagne a dividerle. Piuttosto, è un regionalismo cooperativo (sentenza n. 121 del 2010, punto 18.2. del Considerato in diritto), che dà ampio risalto al principio di leale collaborazione tra lo Stato e le regioni (ex multis, sentenze n. 87 del 2024 e n. 40 del 2022) e che deve concorrere alla attuazione dei principi costituzionali e dei diritti che su di essi si radicano.

A tale logica costituzionale va ricondotta la differenziazione contemplata dall’art. 116, terzo comma, Cost., che può essere non già un fattore di disgregazione dell’unità nazionale e della coesione sociale, ma uno strumento al servizio del bene comune della società e della tutela dei diritti degli individui e delle formazioni sociali.

 PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ (pag 64 e seg) ..FUNZIONI E NON MATERIE. Poiché il principio di sussidiarietà opera attraverso un giudizio di adeguatezza, esso non può che riferirsi a specifiche e ben determinate funzioni e non può riguardare intere materie. La funzione è un insieme circoscritto di compiti omogenei affidati dalla norma giuridica ad un potere pubblico e definiti in relazione all’oggetto e/o alla finalità. A ciascuna materia afferisce, invece, una gran quantità di funzioni eterogenee, per alcune delle quali l’attuazione del principio di sussidiarietà potrà portare all’allocazione verso il livello più alto, mentre per altre sarà giustificabile lo spostamento ad un livello più vicino ai cittadini. (Pag. 64 – 65 continua…)

Il principio di sussidiarietà richiede che la ripartizione delle funzioni, e quindi la differenziazione, non sia considerata ex parte principis, bensì ex parte populi.

In questa prospettiva, l’adeguatezza dell’attribuzione della funzione ad un determinato livello territoriale di governo va valutata con riguardo a tre criteri: l’efficacia e l’efficienza nell’allocazione delle funzioni e delle relative risorse, l’equità che la loro distribuzione deve assicurare e la responsabilità dell’autorità pubblica nei confronti delle popolazioni interessate all’esercizio della funzione. Tali criteri trovano fondamento nella Costituzione. (pag 65)

 Vi sono funzioni pubbliche che, per i loro caratteri, possono essere svolte efficacemente ed efficientemente solamente al livello territoriale di governo più alto (statale o addirittura europeo.)

 Di contro, con riguardo ad altre funzioni pubbliche, la loro allocazione a un livello territoriale di governo più basso permette all’autorità pubblica di conoscere più attentamente le peculiarità dell’ambiente in cui la funzione è svolta, di potersi meglio adeguare alle preferenze dei cittadini e alle condizioni locali, di monitorare gli effetti concreti dell’attività pubblica…PAG 65…

A questo riguardo vanno richiamati: l’obbligo per le pubbliche amministrazioni, «in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea», di assicurare «l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico» (art. 97, primo comma, Cost.), il principio dell’equilibrio di bilancio riguardante sia lo Stato (art.81, primo comma, Cost.) che le regioni e le autonomie locali (art. 119, primo comma, Cost.), i limiti posti al ricorso all’indebitamento (artt. 81, secondo comma, e 119, settimo comma, Cost.).– L’attribuzione alle diverse regioni di funzioni …PAG 66

 Dall’altra parte, essa può comportare la crescita, anche accentuata, delle diseguaglianze. A causa della diversa distribuzione territoriale del reddito, con conseguenti differenze nella capacità fiscale per abitante e quindi delle entrate regionali, nonché per effetto delle diverse capacità amministrative nelle regioni, che possono determinare una differenziazione territoriale nel livello di tutela dei diritti.

Alla Repubblica nel suo complesso il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che di fatto limitano la libertà e l’eguaglianza dei cittadini (art. 3, secondo comma,

Cost.); prevedono il potere statale di regolare la perequazione delle risorse finanziarie, di determinare i «livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali» e di compiere interventi perequativi, anche per rimediare agli svantaggi dell’insularità (artt. 117, secondo comma, lettere e e m, e 119, terzo, quinto e sesto comma, Cost.); garantiscono la «tutela dell’unità giuridica» e «dell’unità economica» della Repubblica (art. 120, secondo comma, Cost.).

 Infine, l’allocazione delle funzioni tra i diversi livelli territoriali di governo, in attuazione del principio di sussidiarietà, richiede sempre che essa si realizzi in modo tale da assicurare il pieno rispetto degli obblighi internazionali e di quelli nei confronti dell’Unione europea, che vincolano parimenti lo Stato e le regioni (art. 117, primo comma, Cost.) (pag. 67).

Ancora sul principio di sussidiarietà . L’istituto della “chiamata in sussidiarietà”, che permette di attrarre verso l’alto insieme alla funzione amministrativa anche quella legislativa, nel rispetto del principio di leale collaborazione. In entrambi i casi, la premessa dello spostamento della funzione, rispetto al suo livello iniziale ricavabile dal testo costituzionale, è un motivato giudizio di miglior adeguatezza in relazione alla specificità della situazione (sentenza n. 168 del 2021) … (pag. 67). In ogni caso, anche qualora alcune funzioni concernenti una determinata materia vengano spostate alla competenza legislativa piena della regione, resteranno fermi i limiti generali di cui all’art. 117, primo comma, Cost. e le competenze legislative trasversali dello Stato come la tutela della concorrenza, l’ordinamento civile e i LEP, così come resta operativo il potere sostitutivo di cui all’art. 120, secondo comma, Cost.

 SINDACATO DELLA CORTE. Resta, comunque, riservato a questa Corte il sindacato sulla legittimità costituzionale delle singole leggi attributive di maggiore autonomia a determinate regioni, alla stregua dei principi sin qui enunciati.

 SETTORI PARTICOLARI. dalle due rivoluzioni tecnologiche “gemelle”, la digitale e l’energetica, che hanno determinato trasformazioni dirompenti nell’economia, nella società e di conseguenza anche nel sistema giuridico, alle tensioni che hanno investito l’ordine mondiale innescando la sua modificazione, con conseguenze imponenti di ordine strutturale che coinvolgono direttamente alcune delle materie considerate (dal commercio estero all’energia) (pag 68).

 CON RIFERIMENTO ALL’EUROPA. Quanto detto non preclude, a priori, anche in queste materie la possibilità del trasferimento di alcune funzioni … però deve essere necessariamente in relazione al contesto, alle esigenze di differenziazione, alla possibilità da parte delle regioni di dare attuazione al diritto unionale.

 COMMERCIO CON L’ESTERO. La Corte insiste sui cambiamenti geopolitici e geoeconomici in atto che hanno condizionato le politiche commerciali e quindi entrando nella sfera di competenza statale evidenziano tra l’altro: Tra le funzioni in questione vi sono quelle che riguardano il «commercio con l’estero». L’art. 3, paragrafo 1, lettera e) del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) riserva alla competenza esclusiva dell’Unione europea la «politica commerciale comune»,

 COMMERCIO CON ALTRI STATI UNIONE. In questo caso valgono le regole interne fondate …  sulle quattro libertà di circolazione (delle merci, dei servizi, dei capitali e delle persone), che fanno capo alla normativa eurounitaria,  ….( pag. 69)

 AMBIENTE (pag. 69). Così per la «tutela dell’ambiente», che si prestano necessariamente ad adempimenti nazionali e in linea di principio, mal si prestano ad adempimenti frammentati sul territorio, anche perché le politiche e gli interventi legislativi in questa materia hanno normalmente effetti di spill-over base territoriale delle relative funzioni.

 Produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia. Si tratta, infatti, di una materia disciplinata dal diritto eurounionale in funzione della realizzazione del mercato interno dell’energia, della tutela del consumatore e della sicurezza energetica (pag. 69).

 PORTI E AEROPORTI CIVILI (pag.69)) Stessa cosa   per le funzioni concernenti le materie «porti e aeroporti civili» e «grandi reti di trasporto e di navigazione», in quanto –parti di un sistema euronazionale……. (sia ferroviario che su strada…progetti di investimento cofinanziati dall’Unione).

Dette materie cono parti di un sistema nazionale, costituente una piattaforma essenziale dell’economia e del mercato nazionale, che richiede, nel rispetto della normativa eurounionale, il mantenimento di fondamentali funzioni, in primo luogo, di normazione, a livello statale.

 PROFESSIONI. La Corte solleva analoghe problematicità citando precedenti sue sentenze a riguardo…Infatti, secondo il diritto dell’Unione europea, come interpretato dalla Corte di giustizia, un soggetto che esercita una libera professione che implica, in quanto attività principale, la prestazione di più servizi distinti dietro corrispettivo, esercita un’attività economica …. Trattandosi di attività economica, anche le attività professionali, da un lato, sono sottoposte alle Regole della concorrenza poste dallo Stato nell’esercizio della relativa competenza diretta a tutelarla e, dall’altro, rientrano nell’ambito della tutela del consumatore, che forma oggetto di regolamentazione analitica da parte del diritto eurounionale. Ciò vale soprattutto per le professioni ordinistiche,…PAG.70

 ORDINAMENTO DELLA COMUNICAZIONE (pag. 70) Anche il trasferimento delle ulteriori funzioni, in particolare di quelle legislative, concernenti la materia «ordinamento della comunicazione» incontra ostacoli di ordine giuridico e tecnico, che rendono eccezionali e residuali le funzioni che possono essere devolute.».

In tale materia confluiscono il diritto delle comunicazioni elettroniche e il diritto di internet, che trovano la loro disciplina in un complesso assai esteso di atti normativi dell’Unione europea, che hanno il precipuo scopo di realizzare un mercato unico digitale che sia inclusivo, competitivo e rispettoso dei diritti fondamentali. … Gran parte delle funzioni riguardanti la materia hanno finalità pro-concorrenziali e di tutela del consumatore e, perciò, afferiscono alla materia «tutela della concorrenza» di competenza esclusiva dello Stato, potendo difficilmente essere separate da altre funzioni limitate esclusivamente alla comunicazione.

Sulla infrastruttura di rete, nei sistemi di comunicazione e su internet circolano, poi, ingenti masse di dati personali, rispetto ai quali si pone l’esigenza di garanzia.

 CON RIFERIMENTO ALLE «NORME GENERALI SULL’ISTRUZIONE», PAG.70 La Corte premette la valenza unitaria della materia.Non sarebbe quindi giustificabile una differenziazione che riguardi la configurazione generale dei cicli di istruzione e i programmi di base, stante l’intima connessione di questi aspetti con il mantenimento dell’identità nazionale.

REGIONI SPECIALI (pag. 78 e seg.) L’applicabilità dell’art. 116, terzo comma, Cost. alle regioni speciali è il presupposto dell’art. 11, comma 2, della legge impugnata, in base al quale, «[a]i sensi dell’articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, le disposizioni di cui alla presente legge si applicano anche nei confronti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano».

LEP con riferimento ad alcuni ricorsi (pag. 79) . La Corte con riferimento ad alcune questioni sollevate ritiene: ….L’art. 3, comma 7, non può disporre della forza dei decreti legislativi di determinazione dei LEP, perché essi ancora non esistono. Dunque, la norma impugnata configura il d.P.C.m. come una fonte primaria, essendo esso abilitato a modificare un decreto legislativo per forza propria. L’art. 3, comma 7, prevedendo contraddittoriamente che un futuro atto avente forza di legge possa essere modificato con un atto sub-legislativo, viola l’art. 3 Cost. Tale vizio si riflette in lesione delle competenze costituzionali delle ricorrenti, perché (analogamente a quanto rilevato per l’art. 3, comma 1) l’art. 3, comma 7, delinea un quadro illegittimo dell’azione regionale, dato che i LEP intersecano numerose materie regionali.

Ad abundantiam, si può rilevare che la norma impugnata finisce anche per porsi in contrasto, da un lato, con il principio secondo il quale una fonte primaria non può creare una fonte con sé concorrenziale (sentenze n. 198 del 2021 e n. 361 del 2010), dall’altro con l’art. 76 Cost., perché, attribuendo al Presidente del Consiglio il potere di aggiornare i LEP fissati con decreto legislativo, in sostanza conferisce un’altra delega ad un organo diverso dall’unico cui la delega legislativa può essere data (il Governo nella sua interezza), in base all’art. 76 Cost. ( pag . 83)

 VANNO ORA ESAMINATE LE QUESTIONI RELATIVE AI LIVELLI ESSENZIALI DELLE PRESTAZIONI (LEP) (pag. 84). La corte solleva tra l’altro che l’art. 117, della costituzione, secondo comma, lettera m), attribuisce alla competenza legislativa esclusiva statale la «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale». Pertanto la Corte , con una interpretazione sistematica, (artt. 116, terzo comma, e 117, secondo comma, lettera m, Cost.), lette alla luce dei principi di solidarietà, di eguaglianza sostanziale e di unità (artt. 2, 3, secondo comma, e 5 Cost.), fa sì che, nel momento in cui il legislatore statale conferisce una maggiore autonomia a una determinata regione, con riferimento a una specifica funzione, che implica prestazioni concernenti diritti civili o sociali, debba previamente determinare uno standard uniforme di godimento del relativo diritto in tutto il territorio nazionale, in nome di un principio di solidarietà che questa Corte ha declinato anche nel rapporto fra enti (sentenza n. 355 del 1994). La determinazione dei LEP (e dei relativi costi standard) rappresenta il necessario contrappeso della differenziazione, una “rete di protezione” che salvaguarda condizioni di vita omogenee sul territorio nazionale (pag. 85).

 MATERIE NO LEP (pag. 86) L’art. 3, comma 3, della legge impugnata stabilisce che la determinazione dei LEP avvenga solo in quelle materie ivi elencate. Risultano escluse le seguenti materie: «previdenza complementare e integrativa», «professioni», «organizzazione della giustizia di pace”, “rapporti internazionali e con l’Unione europea delle regioni», «commercio con l’estero», «protezione civile», «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», «casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale», «enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale»…( pag. 86).

 FINANZIAMENTO LEP la legge impugnata non si limita a richiedere la determinazione dei LEP, ma detta norme ulteriori, volte a far sì che essi non restino “sulla carta”, anche con specifico riferimento alle regioni terze.( pag. 87).

 IL QUARTO GRUPPO DI QUESTIONI RIGUARDA IL TEMA DELLA LEALE COLLABORAZIONE (pag. 87) Le ricorrenti evidenziano la violazione del principio di leale collaborazione perché è mancato il coinvolgimento della Conferenza unificata (o della Conferenza Stato-regioni), e in taluni casi della regione interessata o di altre regioni….

 LE QUESTIONI CONCERNENTI I PROFILI FINANZIARI DEL REGIONALISMO DIFFERENZIATO. La legge impugnata si occupa, da un lato, del finanziamento dei LEP (presupposto del trasferimento), nonché del finanziamento delle specifiche funzioni trasferite con la legge di differenziazione. Per tale finanziamento la legge si muove nella prospettiva dell’invarianza finanziaria: »… (art. 9, comma 1)……..La norma si riferisce quindi ai fabbisogni di spesa e non ai fabbisogni tout court standard, con ciò potendo comportare, di conseguenza, che la misura iniziale della compartecipazione destinata a finanziare le funzioni oggetto del trasferimento sia definita ab origine sulla scorta della spesa storica sostenuta dallo Stato nella regione e non in base al criterio del costo standard o ad altro analogo criterio basato sulla gestione efficiente. La previsione di una compartecipazione calibrata solo sul criterio della spesa storica si dimostra irragionevole e viola l’art. 97, secondo comma, Cost., dal momento che esso può cristallizzare anche la spesa derivante dall’eventuale inefficienza insita nella funzione come esercitata al momento dell’intesa. Essa viola, altresì, il principio di responsabilità del decisore pubblico. La disposizione impugnata stabilisce, facendo riferimento, peraltro, ad un mero decreto interministeriale, che «annualmente» si provveda all’ «allineamento» delle «aliquote di compartecipazione definite nelle intese», le quali non possono che essere previste anche dalle leggi rinforzate che le approvano. Tale meccanismo determina un effetto di deresponsabilizzazione in ordine all’esercizio regionale delle funzioni trasferite: anche una gestione inefficiente delle stesse potrebbe, infatti, finire per essere sostanzialmente ripianata “a piè di lista “allo Stato…Quanto alle future intese, l’art. 9, comma 1, non stabilisce che da esse «non derivano» maggiori oneri ma che da esse «non devono derivare» maggiori oneri. ( pag. 98-100).

***

Note dell’autore

 L’analisi esegetica della sentenza riportata in corsetto per stralci, ha cercato di cogliere, tra i tanti, solo alcuni punti ritenuti importanti anche alla luce del dibattito in corso in questa delicata materia, giornalisticamente nota come legge sull’autonomia differenziata (legge 26 giugno 2024, n. 86). Altri spunti seguiranno ad opera della dottrina e giurisprudenza, della Cassazione in particolare, ma anche della Consulta medesima.

Newsletter