Pasquale avv. Lattari Curatore collana “Percorsi di giustizia riparativa” della Key Editore ed autore di monografie Key in materia. Mediatore esperto e formatore in giustizia riparativa iscritto elenco mediatori esperti in Giustizia riparativa Ministero Giustizia Responsabile delle attività di giustizia riparativa del Consultorio Familiare della Diocesi di Latina – sede sin dal 2006 dell’ufficio di mediazione penale in ambito minorile e dal 2017 della mediazione adulti ex lege 67 del 2014 – e responsabile Centro di Giustizia riparativa e mediazione penale minorile della Regione Lazio; corresponsabile del Centro Antiviolenza per minori ed adolescenti della Regione Lazio con sede a Latina a seguito protocollo con Garante Infanzia ed adolescenza della Regione Lazio.
La giustizia riparativa a breve – ormai sono in conclusione gli ultimi adempimenti prima dell’individuazione ed avvio dei Centri per la Giustizia riparativa – entrerà in funzione attuando la disciplina organica prevista con la riforma Cartabia.
Questo nuovo paradigma di giustizia– già presente nei numerosi centri ove si effettuava per lo più la mediazione penale minorile – è regolamentato ora normativamente: la Giustizia riparativa affianca l’insostituibile giustizia penale, che da millenni orienta i nostri ordinamenti, che prevede per ciascun reato una pena per il reo.
La Giustizia Riparativa è valutata negativamente per lo più in ragione dell’attenuazione della severità punitiva. È una visione superficiale e parziale.
La normativa Cartabia (art. 52 e segg.ti decreto 150) per essere compresa compiutamente può essere fruttuosamente letta alla luce dei principi riparativi proposti da due studiosi – uno dei quali Zehr è considerato il padre della Giustizia Riparativa per averla elaborata per primo compiutamente – nel THE LITTLE BOOK OF Restorative Justice[1]
Abbiamo – si afferma in detto testo – due visioni diverse della Giustizia:
“Giustizia criminale (o retributiva ndr)
Il crimine è una violazione della legge e dello Stato.
Le violazioni creano senso di colpa.
La giustizia richiede che lo Stato determini la colpa (colpa) e imponga il dolore (punizione).
Obiettivo centrale: i delinquenti ottengono ciò che meritano.
“Giustizia riparativa
Il crimine è una violazione di persone e obblighi.
Le violazioni creano obblighi.
La giustizia coinvolge le vittime, gli autori del reato e i membri della comunità nel tentativo di rimettere le cose a posto.
Focus centrale: bisogni della vittima e responsabilità dell’autore del reato nel riparare il danno.
Le differenze tra questi due approcci potrebbero essere ridotte alle tre domande centrali poste nella ricerca della giustizia:
Tre domande diverse
Giustizia criminale (o retributiva ndr)
Quali leggi sono state infrante?
Chi è stato?
Cosa meritano?
Giustizia riparativa
Chi è stato ferito?
Quali sono i loro bisogni?
Di chi sono questi obblighi?
Tre pilastri della giustizia riparativa
Un modo per comprendere la giustizia riparativa è esplorare le implicazioni di tre concetti o pilastri centrali: danno e bisogni, obbligo e impegno.[2]
“Pilastri della giustizia riparativa:
Danni e bisogni
Obblighi (di correzione) Coinvolgimento (degli stakeholder).
La giustizia riparativa si concentra sul danno: la giustizia riparativa considera il crimine innanzitutto come un danno arrecato a persone e comunità. Il nostro sistema giuridico, con la sua attenzione alle regole e alle leggi, e con la sua consapevolezza che la vittima è lo Stato, spesso perde di vista questa realtà. Preoccupato principalmente di garantire che i delinquenti ottengano ciò che meritano, il sistema legale considera le vittime, nella migliore delle ipotesi, una preoccupazione secondaria della giustizia. L’attenzione al danno, al contrario, implica una preoccupazione intrinseca per i bisogni e i ruoli delle vittime.
Per la giustizia riparativa, quindi, la giustizia inizia con una preoccupazione per le vittime e i loro bisogni; cerca di riparare il danno il più possibile, sia concretamente che simbolicamente. Questo approccio orientato alla vittima richiede che la giustizia si preoccupi dei bisogni delle vittime anche quando nessun autore del reato è stato identificato o arrestato.
Sebbene la nostra prima preoccupazione debba essere il danno subito dalle vittime, l’attenzione al danno implica che dobbiamo preoccuparci anche del danno subito dagli autori di reato e dalle comunità. Ciò potrebbe richiedere di affrontare le cause profonde della criminalità.”[3]
I concetti fondamentali.
Tali principi illuminano la Giustizia Riparativa della riforma Cartabia. E senza dover specificare le norme specifiche cui ci riferisce, osserviamo.
Il decreto legislativo 150 del 2022, in una formula diretta e comprensibile definisce la giustizia riparativa ogni programma che consenta alla vittima del reato alla persona indicata dell’offesa e ad altri soggetti che appartengono alla comunità di partecipare liberamente, in modo consensuale, attivo e volontario, alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato con l’aiuto di un terzo imparziale adeguatamente formato denominato Mediatore.
La giustizia riparativa è un incontro libero, volontario consensuale – con varie modalità es. incontro diretto, indiretto etc. – tra l’indicato autore e la vittima (o con la vittima aspecifica) e coinvolgendo altre persone della comunità o chiunque vi abbia interesse.
Indicato autore e vittima: due soggetti improbabili alla luce delle categorie classiche della giustizia. La Giustizia penale processuale separa questi soggetti in ruoli processuali e – in caso di condanna – isola il reo dalla società.
Dalla separazione del colpevole dal resto al coinvolgimento della vittima e della comunità.
Alla separazione del colpevole rispetto alla società ed alla vittima – anche per legittime ragioni di sicurezza sociale – per recuperarlo con la finalità rieducativa della pena ora si aggiunge la possibilità – il programma è sempre volontario e consensuale – della Giustizia riparativa. E con coinvolgimento delle parti con dei limiti in caso di pericolo per l’accertamento dei fatti e di inutilità del programma e pericolo per la sicurezza delle parti (verificate ad opera del giudice o circa la fattibilità dal mediatore)[4].
I programmi – mediazione, dialogo riparativo ed altri programmi dialogici guidati da mediatori – sono disponibili in qualsiasi Stato e grado del procedimento penale o durante l’esecuzione di una pena, cioè dopo la condanna. E anche durante l’esecuzione di una misura di sicurezza (che non necessariamente presuppone la condanna). Sono servizi pubblici in capo ad enti locali territoriali gratuiti per chiunque vi partecipi
Che cosa fanno le persone nei programmi di GR?
In un ambiente altro dal tribunale, riservato e con il vincolo della segretezza, le persone tornano al “luogo emotivo del reato”, per elaborare i fatti ed il dolore provocato e patito per cercare di “andare oltre” il trauma del reato e far scorrere di nuovo la loro vita:
– attraverso diverse forme di dialogo ed incontro – sul presupposto di una riflessione personale – (vd programmi giustizia riparativa) – con il fine di:
-riconoscere la vittima, responsabilizzare il colpevole, riparare i pregiudizi.,
E tale dialogo non è un dialogo privatistico: è un dialogo tra persone tra cui è accaduto reato che è un fatto pubblico per ricucire le relazioni e riparare le conseguenze.
E ciò è già fare giustizia.
Esito e rapporto con la pena.
I programmi di dialogo tra questi soggetti improbabili può condurli ad un esito riparativo: un esito solo eventuale, visto che tutto si regge categoricamente sulla volontarietà e sulla libertà.
L’esito riparativo può essere un accordo che preveda sia un’attività o impegni rivolti al futuro, impegni ed accordi per il futuro rispetto anche alle modalità di relazione tra queste parti; ma anche accordi che riguardano il passato: la restituzione dei beni sottratti, la riparazione materiale delle conseguenze del reato, il risarcimento del danno,
Valutazione da parte del giudice.
Il giudice penale e la magistratura di sorveglianza deve considerare questo esito riparativo ai fini delle decisioni in punto di sanzione penale o di applicazione di eventuali misure nel corso dell’esecuzione penale.
La legge prevede che l’autorità giudiziaria debba valutare lo svolgimento del programma e il suo eventuale esito ma solo in bonam partem posto che è vietato che l’accedere ai programmi produca effetti sfavorevoli – in malam partem – in caso di mancata effettuazione, di una sua interruzione o il mancato raggiungimento di un accordo.
Ma l’effetto in bonam partem è voluto dal nostro ordinamento perché questa attività, che è proposta e finanziata dalla legge ha molte connessioni con la giustizia penale, che è giustizia pubblica.
Ed il giudice ne deve tenere conto in bonam partem in caso di esito riparativo secondo la sua discrezionalità: può applicare un attenuante o un valutare ciò ai fini di diminuire la gravità del reato o può portare il giudice a decidere di applicare una pena sostitutiva anziché una pena detentiva. O portare alla remissione della querela. O per la magistratura di sorveglianza, ad adottare una misura alternativa.
La diminuzione dell’afflittività è l’effetto premiale del lavoro doloroso, difficile e complesso del guardarsi in faccia direttamente delle persone coinvolte che si confrontano e si chiamano a rispondere reciprocamente delle proprie condotte e degli effetti di esse. E ciò al cospetto dei precetti penali che si assumono essere stati violati.
Conclusione
La Giustizia riparativa opera – pur valutando e rispettando le esigenze e l’interesse di entrambe le parti – uno spostamento: dalla ricerca del responsabile della giustizia penale o retributiva ai bisogni delle vittime. Tale spostamento completa il campo di azione della giustizia.
La giustizia riparativa è infatti concepita dalla riforma Cartabia come complementare alla Giustizia penale: è complemento non secondario ma nel senso pieno di completamento: la GR non sostituisce l’insostituibile giustizia penale ma la completa con ambiti sin’ora sconosciuti alla stessa.
Il reato è complesso e comporta una circolarità della violenza – dal reo alla vittima alla società – che la giustizia ora vuole fermare attivando ambiti non esclusivamente processuali.
Il reato, il “centro” della giustizia penale, si capisce in toto partendo dalla vittima – “dalle periferie” ove la vittima per millenni è stata!!
Il reato si comprende nella sua complessità guardandolo anche dalla parte della vittima. E con la sua partecipazione cercando insieme all’indicato autore la riparazione.
[1] Howard Zehr with Ali Gohar (https://www.saferspaces.org.za/resources/entry/little-book-of-restorative-justice) tradotto con google translate,
[2] the little book cit. pg 19-20
[3] the little book cit. pg 21
[4] La legge consente di utilizzare i programmi di giustizia riparativa per qualsiasi reato, indipendentemente dal tipo e dalla gravità. Ciò che determina la praticabilità o meno della giustizia riparativa è il consenso delle parti. Se il procedimento penale è in corso e deve ancora accertare i fatti, l’unico caso in cui il giudice non può inviare ad un centro di giustizia riparativa è se il programma pregiudica l’accertamento del fatto o non lo ritenga utile; i mediatori possono poi non svolgere un programma di giustizia riparativa, anche se è stato richiesto dal giudice, se ritengono che ci sia un pericolo concreto derivante dalla partecipazione del programma per le persone coinvolte. Oltre queste due eccezioni, , si può utilizzare la giustizia riparativa in qualsiasi caso, per qualsiasi reato, purché le persone interessate lo vogliano.