INTERPRETAZIONE ED APPLICAZIONE DELLE DISPOSIZIONI DEL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI

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Avv. Paola Ceccoli

  1. Premessa e partizione dell’indagine – 2. Osservazioni sull’interpretazione delle Disposizioni del Codice dei contratti pubblici – Parte prima: problemi sull’interpretazione delle disposizioni sui contratti pubblici – 3. Esame dell’articolo 4 del Codice dei contratti pubblici – Parte seconda: problemi sull’applicazione ed attuazione delle disposizioni dei contratti pubblici – 4. L’applicazione. Importanza dell’applicazione. – Premessa e partizione dell’indagine – 5. Collegamenti tra l’applicazione, l’attuazione e l’interpretazione – 6. La particolare applicazione di alcune Disposizioni del Codice dei contratti pubblici. Come si pone, in questo nuovo sistema, l’interpretazione estensiva e restrittiva.

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1. Premessa e partizione dell’indagine.

Il Codice dei contratti pubblici contiene, per quanto riguarda l’interpretazione e l’applicazione e l’attivazione, rilevanti novità.

Per un inquadramento della materia, è opportuno suddividere questo saggio in due parti.

Nella prima parte saranno considerati i problemi dell’interpretazione delle disposizioni dei contratti pubblici.

Nella seconda parte saranno considerati i problemi dell’applicazione e dell’attivazione delle disposizioni dei contratti pubblici.

2. Osservazioni sull’interpretazione delle Disposizioni del Codice dei contratti pubblici.

Il primo punto da considerare riguarda l’interpretazione del Codice dei contratti, per il quale l’articolo 12 delle Disposizioni sulla legge in generale (con i criteri dell’interpretazione letterale, logica, sistematica) è ancora presente e valido, ma non è sufficiente.

A parte le considerazioni che il titolo interno dell’articolo 12 si riferisce all’interpretazione della legge, e che si fa ora riferimento al Codice dei contratti pubblici, è in questo ambito normativo che si devono individuare i criteri e le modalità di interpretazione di queste Disposizioni.

In sintesi, i criteri di cui all’articolo 12 delle Disposizioni sulla legge in generale devono essere completati ed integrati dalle disposizioni del Codice dei contratti pubblici.

2) Le disposizioni del Codice dei contratti pubblici che riguardano l’interpretazione e l’applicazione sono di due tipi.

  1. a) Il primo tipo riguarda quelle Disposizioni che stabiliscono direttamente che talune fattispecie o rapporti devono essere interpretate secondo i criteri stabiliti in determinati articoli:

Esempio di questo tipo:

– in primis, l’art 4 – “Criterio interpretativo e applicativo”, che recita testualmente: “1. Le disposizioni del codice si interpretano e si applicano in base ai principi di cui agli articoli 1, 2 e 3” – di cui si tratta più diffusamente nella successiva Parte I, ma che dà conto di esaminare qui brevemente.

La stessa lettera della norma indica che TUTTE le disposizioni di questo codice devono interpretarsi in base ai principi di cui agli articoli espressamente richiamati: il principio del risultato (art.1), della fiducia. (art.2) e dell’accesso al mercato (art.3). Già dalla lettura testuale di questa disposizione, appare evidente che i principi di cui ai primi tre articoli del Codice -risultato, fiducia e tutela di accesso al mercato – hanno una portata ermeneutica generalizzata (come ha precisato espressamente la Corte dei Conti, nel suo “Contributo scritto su atto di Governo n. 19 – Codice dei Contratti Pubblici”, pag. 5).

Essi sono pertanto qualificabili come i veri principi fondamentali, che chiariscono quale debba essere la gerarchia degli interessi che l’Amministrazione deve perseguire, quando procede ad un affidamento.

Al vertice di siffatta gerarchia si pone senz’altro la realizzazione dell’interesse pubblico concreto, cui la PA mira tramite l’affidamento del contratto e la sua concreta esecuzione, che il legislatore vuole sia raggiunto con la massima tempestività e il miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo, sempre nel rispetto dei principi di legalitàtrasparenza concorrenza.

Con una visione, che è oggi diversa e innovativa rispetto al passato, le disposizioni di questo nuovo codice vogliono far sì che la stazione appaltante ottenga un risultato “virtuoso”, cioè di migliore qualità, a minori costi, che aumenti la produttività, per il miglior soddisfacimento dell’interesse pubblico sotteso all’affidamento.

E ciò è confermato anche dal fatto che perfino in caso di impugnazione dell’aggiudicazione non è affatto scontato che venga travolto anche il contratto, ove già stipulato, preferendosi piuttosto procedere al risarcimento del concorrente illegittimamente pretermesso, conservando il contratto già in esecuzione.

Come ha detto il Presidente dell’ANAC Busia, si è passati infatti “da un Codice guardiano ad un codice volano”: il legislatore ha posto disposizioni nuove e più snelle di evidenza pubblica – che diventa oggi solo il mezzo per raggiungere lo scopo – il risultato – in applicazione del principio di buon andamento della PA affermato dall’art 97 Cost., e non è più essa stessa il fine, nel senso finora inteso, di fondamentale perseguimento della regolarità formale della procedura, anche a discapito dell’esito della stessa. Oggi diventa piuttosto essenziale che il soggetto appaltante pubblico individui la regola del caso concreto velocemente e senza paura, perché – e dobbiamo dire finalmente – il legislatore ripone fiducia nell’Amministrazione, prima sempre troppo bistrattata e considerata, a priori, genericamente inefficiente, priva di tutte quelle eccellenze che invece anche in essa si trovano.

Come ha ben sottolineato il Consiglio di Stato, nella “Relazione allo Schema e Allegati” (cfr. pag. 17), basandosi sulla lettera dell’art. 4 qui in esame, in caso di dubbi interpretativi “…la soluzione ermeneutica da privilegiare è quella che sia funzionale a realizzare il risultato amministrativo, che sia coerente con la fiducia sull’amministrazione, sui suoi funzionari e sugli operatori economici e che permetta di favorire il più ampio accesso al mercato degli operatori economici…”.

I principi di cui ai primi 3 articoli del nuovo Codice fungono dunque da chiave di lettura nell’interpretazione delle norme successive e orientano – nel senso che “devono” orientare – l’attività discrezionale dell’Amministrazione, che è tenuta ad esercitare il proprio potere, discrezionale appunto, per il miglior soddisfacimento dell’interesse pubblico, ponendosi come “faro” il risultato, la fiducia e la tutela di accesso al mercato, con l’obiettivo della tempestiva apertura e del rapido av=vio dei cantieri.

In questa stessa ottica, si registra anche una maggiore attenzione per una “rete di protezione” nei confronti dei dipendenti pubblici. Il legislatore, sempre nell’abito del principio della fiducia, di cui all’art. 2 del Codice, cerca infatti di dare una definizione della “colpa grave”, che costituisce il limite al di sotto del quale non vi è responsabilità del pubblico dipendente -che peraltro è definizione che non fa riferimento solo al “pubblico impiegato”, ma va intesa in un’accezione più ampia, che si ritrova anche, ad esempio, nel Codice di Comportamento dei dipendenti pubblici, che ricomprende tutti coloro che operano, o che hanno un collegamento di dipendenza/collaborazione con le pubbliche amministrazioni).

E’ previsto dunque che costituisca colpa grave, “ai fini della responsabilità amministrativa, …la violazione di norme di diritto e degli auto-vincoli amministrativi, nonché la palese violazione di regole di prudenza, perizia e diligenza e l’omissione delle cautele, verifiche ed informazioni preventive normalmente richieste nell’attività amministrativa, in quanto esigibili nei confronti dell’agente pubblico in base alle specifiche competenze e in relazione al caso concreto”.

Interpretando correttamente la norma, vi sarà colpa grave, e quindi responsabilità, solo quando la violazione riguarda norme di diritto – e quindi disposizioni dell’ordinamento interno, ma anche, in una visione ormai sovranazionale, comunitario -, o “auto vincoli amministrativi” – fra i quali possiamo annoverare, ad esempio, il bando di gara, con cui la S.A. si autovincola nel caso concreto, ma anche i bandi di gara tipo, che hanno carattere vincolante in quanto sono punto di riferimento, per l’interpretazione e l’applicazione, anche in procedure diverse da quelle per cui sono stati specificamente concepiti – o le tipiche regole di prudenza, perizia, diligenza – il cui mancato rispetto deve essere però “palese”- o, quando vi sia un’omissione, specificamente di cautele, verifiche, informazioni preventive – che deve riguardare però qualcosa che sia “di norma” richiesto o che sia comunque “esigibile” da quello specifico agente pubblico, in funzione delle sue specifiche competenze (la cui mancanza, anche per difetto di formazione, potrebbe essere quindi addebitata alla stessa PA, che deve assolvere precisi obblighi formativi) e del caso concreto.

Ma non basta, è altresì prevista un’ulteriore limitazione espressa della colpa grave: “Non costituisce colpa grave la violazione o l’omissione determinata dal riferimento a indirizzi giurisprudenziali prevalenti o a pareri delle autorità competenti”.

La presenza di siffatti indirizzi interpretativi dell’Autorità Giudiziaria e/o di altre autorità competenti costituisce dunque scriminante della responsabilità dell’agente.

In realtà, non pare possibile enumerare le ‘Autorità competenti’ che possono rilasciare pareri, sull’applicazione delle norme di settore, la cui presenza potrebbe comportare un’eventuale esclusione della colpa grave. Fra le tante possiamo citare, ad esempio, l’Autorità Nazionale Anticorruzione -Anac –[nonostante i suoi poteri di intervento siano stati limitati dal nuovo Codice, ove la presenza degli Allegati comporta il superamento delle Linee Guida], che continua a fornire direttive applicative, pubblicando atti tipo, capitolati tipo, contratti tipo e altri atti amministrativi generali, come pareri in fase di precontenzioso, che lo stesso Presidente dell’ANAC auspica possano essere richiesti anche di più, per orientare meglio l’operatore

Ancora, possiamo citare la Corte dei Conti, che svolge un ruolo non solo giurisdizionale, ma anche consultivo, o altre Autorità che, in base alle loro funzioni, forniscono orientamenti interpretativi attraverso la pubblicazione di circolari o atti utili, o anche il MIT- Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che, “in collaborazione con le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, fornisce supporto e assistenza alle stazioni appaltanti per l’applicazione delle norme di settore tramite la piattaforma del Servizio Contratti Pubblici, nell’ambito delle loro competenze ai sensi del codice” (anche se, si precisa, lo stesso MIT qualifica i propri come pareri che “riguardano esclusivamente la disciplina dei contratti pubblici e la loro interpretazione, e hanno un carattere puramente consultivo, senza essere vincolanti per le stazioni appaltanti, rappresentando valutazioni di natura interpretativa sulle disposizioni in materia di contratti pubblici, fermo restando l’autonomia e la responsabilità gestionale delle stazioni appaltanti.” (cfr. Parere MIT n. 2159/2023 del 6.10.23).

In ogni caso, tutte queste previsioni sono in linea con l’attuale tendenza generalizzata ad introdurre nell’ordinamento riforme che riducano l’area della responsabilità, penale (si pensi alla riforma del reato di abuso di ufficio ex art. 323 CP) ed amministrativa, al fine di incentivare condotte attive dei funzionari pubblici, indispensabili in una logica di efficienza amministrativa e di risultato, e di mitigare quella burocratica “paura della firma” che ha avuto da sempre l’effetto di paralizzare l’azione amministrativa.

Sempre in questa logica di efficientamento, nel Codice sono state anche “messe a regime” disposizioni, che erano state concepite per far fronte a situazioni di necessità ed urgenza, nel contesto emergenziale della pandemia COVID 19. Si fa riferimento, a solo titolo esemplificativo, all’art. 17, c.3[1], che impone tempi contingentati per la conclusione delle procedure (che sono poi specificamente fissati nell’All. I,3 del Codice), alla liberalizzazione degli appalti sotto-soglia, per i quali è possibile attivare procedure negoziate e affidamenti diretti (artt. 48-55), velocizzando le procedure.

 Anche la sopra citata norma di cui all’art.2, c.3, che definisce la colpa grave, può considerarsi una di quelle che stabiliscono esse stesse che una certa fattispecie deve essere interpretata secondo i criteri indicati dalla norma medesima.

Viceversa, la norma di cui all’art. 17, da ultimo citata, può essere inserita nel secondo gruppo di norme- di cui al paragrafo successivo -che hanno un contenuto nuovo, cui si devono uniformare tutti coloro che applicano il codice dei contratti, pena determinate conseguenze (ad esempio, nel caso citato dell’art. 17, “sforare bi tempi” è qualificato silenzio-inadempimento e può essere valutato anche ai fini del rispetto del dovere di buona fede)  b) Il secondo tipo riguarda quelle Disposizioni che stabiliscono, per il loro contenuto, delle regole nuove; esse hanno   un contenuto nuovo, al quale si devono uniformare i contratti pubblici e le altre attività che sono previste nelle Disposizioni stesse.

Può ritenersi una norma di questo tipo quella con cui viene disciplinato l’istituto della riserva: l’art 115[2], inserito nella Parte VI, “dell’Esecuzione” del contratto – che, per la definizione degli aspetti di dettaglio, rinvia a sua volta all’art. 7[3] dell’All. II.14, ove viene espressamente manifestato il chiaro intento del legislatore di assicurare alla stazione appaltante, durante l’intera fase di esecuzione del contratto, il continuo ed efficace controllo della spesa pubblica, la tempestiva conoscenza e valutazione, sulla base delle risultanze contenute nel registro di contabilità, delle eventuali pretese economiche avanzate dall’appaltatore e l’adozione di ogni misura e iniziativa volte a evitare che i fondi impegnati si rivelino insufficienti”..

In un brevissimo excursus storico, che non ha alcuna pretesa di esaustività, ricordiamo che in precedenza si era registrata una rigida procedimentalizzazione dell’istituto delle riserve (cfr d.m. n. 45/2000; D.P.R. n. 207/2010), stante l’esigenza – oggi confermata nella norma di riferimento – di consentire all’amministrazione appaltante di mantenere un costante controllo sulla spesa, in modo da poter adottare tempestivamente ogni determinazione che si rendesse necessaria (così Cass. civ., Sez. I, 31.12.2020, n. 29988, in materia di Appalto di opere pubbliche a corpo o “a forfait”, ove la Suprema Corte sottolinea che il prezzo convenuto è fisso ed invariabile, ex art. 326 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. F, pertanto, ove risulti rispettato dalle parti di quel rapporto l’obbligo di comportarsi secondo buona fede, giusto l’art. 1175 C.C. e siano stati quindi correttamente rappresentati dall’appaltante tutti gli elementi che possono influire sulla previsione di spesa dell’appaltatore, grava su quest’ultimo il rischio relativo ad un’eventuale ulteriore quantità di lavoro che si dovesse rendere necessaria rispetto a quella prevedibile, dovendosi ritenere che la maggiore onerosità dell’opera rientri nell’alea normale del contratto, con conseguente deroga all’art. 1664 C.C. Ciò, peraltro, non comporta un’alterazione della struttura o della funzione dell’appalto, che non si trasforma in un contratto aleatorio, benché l’allargamento del rischio, accollato all’appaltatore, releghi a situazioni marginali la rilevanza della imprevedibilità delle condizioni di maggior difficoltà nell’esecuzione delle opere, potendo venire in considerazione solo situazioni che finiscano per incidere sulla natura stessa della prestazione. La sentenza citata ribadiva principi già affermati, inerenti la maggior tutela riservata alla PA, per la stabilità dei suoi impegni di spesa: “Invero, l’onere di tempestiva iscrizione delle riserve in tema di appalti pubblici non è posto in funzione di mere esigenze contabili, bensì in ragione della tutela della P.A., che, nell’esercizio della sua attività discrezionale, deve essere posta in grado di esercitare prontamente ogni necessaria verifica e deve inoltre poter valutare, in ogni momento, l’opportunità del mantenimento del rapporto di appalto ovvero del recesso dal contratto, in relazione al perseguimento dei fini di interesse pubblico (Cass. 4702/2006; Cass. 4718/2018)” e ancora: “Si è infatti affermato (Cass. 3450/1983) che “in materia di appalto di opere pubbliche, l’onere dell’iscrizione di tempestiva riserva nel registro di contabilità, imposto all’appaltatore che pretenda il pagamento di compensi aggiuntivi per lavoro non compresi nelle previsioni dell’appalto, non subisce deroga nemmeno se di tali opere sia stata eseguita la contabilizzazione da parte del direttore dei lavori, essendo questa un’operazione di natura tecnica che non vale di per sè ad impegnare la volontà della pubblica amministrazione per l’accettazione delle opere ed il riconoscimento dell’indispensabilità dei lavori extra appalto”Invero questa Corte ha da tempo precisato (Cass. 13432/2003; Cass. 12681/2004; Cass. 12985/2009) che “in tema di appalto di opere pubbliche, i lavori addizionali eventualmente effettuati dall’appaltatore extracontratto e non previamente autorizzati (per i quali egli non ha, di regola, diritto ad aumento di prezzo alcuno della L. n. 2248 del 1865, ex art. 342, comma 2, all. F) possono, eccezionalmente, dar luogo a compenso alla quadruplice condizione che tali lavori formino oggetto di tempestiva riserva, siano qualificati come indispensabili in sede di collaudo, siano stati riconosciuti come tali anche dall’amministrazione committente, comportino un costo che, addizionato a quello dei lavori commissionati in contratto, rientri, comunque, entro i limiti delle spese approvate”).

In seguito, nel codice del 2016 vi era stata un’inversione di tendenza e dunque una totale delegificazione: la disciplina delle riserve era interamente rimessa alla discrezionalità delle stazioni appaltanti (cfr. art. 217 c. 17 d.lgs. 50/2016 e art. 9 d.m. 49/2018), nel tentativo di implementare i meccanismi di soft law anche nella fase esecutiva. Tale tentativo non ha avuto però esiti positivi ed oggi, con il citato art 115, si torna dunque ad una più puntuale e rigida regolamentazione – in relazione alla quale rimangono peraltro dubbi, di applicazione pratica della norma, che non potrà che risolvere la giurisprudenza. Si pensi, ad esempio, all’elenco di cui all’art. 7, c. 1, All. II.14, in cui sono riportate tutte le circostanze che NON possono dar luogo a riserva e che appare avere carattere tassativo; da tale elenco si desume, ad esempio, che non è oggetto di riserva “il pagamento degli interessi moratori per ritardo nei pagamenti”, ma nulla si specifica sul pagamento delle somme capitali, cui si riferiscono tali interessi, ingenerandosi così il dubbio che il ritardo nel pagamento di tali somme debba comportare l’iscrizione di una riserva; o ancora, si sottolinea la circostanza che sempre in tale elenco non è previsto un termine specifico per l’esplicitazione delle riserve, che prima quantomeno la Stazione appaltante aveva la facoltà di indicare nel bando: oggi tale facoltà non è più prevista, tanto da far presumere che sia scomparsa quella dilazione, magari troppo breve e a totale discrezione della S.A., precedentemente concessa per l’esplicazione della riserva iscritta. La conseguenza sembra essere che all’iscrizione della riserva debba fare contestuale seguito la sua esplicazione e quantificazione (fatte salve solo le ipotesi di cui al comma 2 lett. a) dell’art. 7 per cui “la riserva stessa sia motivata con riferimento a fatti continuativi”), con evidenti difficoltà operative, anzi, veri pregiudizi per l’appaltatore. .

Un’altra norma, che si ritiene di poter richiamare fra quelle che hanno un contenuto cui ci si deve uniformare direttamente, è l’art. 104[4], che disciplina l’istituto dell’avvalimento, dandone una descrizione precisa e puntuale.

La citazione appare stimolante, anche perché consente di richiamare una recentissima sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 12.07.2023 n. 6826 – che si pronuncia in ordine alla pretesa illegittimità dell’affidamento per difetto, nell’aggiudicataria, dei requisiti tecnico-professionali richiesti dal bando e nullità del contratto di avvalimento da questa concluso -che appare particolarmente interessante per i riferimenti che fa al nuovo Codice dei Contratti (benchè sia stata emessa con riferimento a fattispecie cui il nuovo codice non si applicava ancora) ed alla interpretazione delle norme, in astratto e in concreto.

In particolare, il Consiglio di Stato, con specifico riferimento alla irrisorietà del corrispettivo pattuito, afferma che non è neppure “necessario indugiare particolarmente, stante la manifesta infondatezza della censura.
….21.5.1. 
La Sezione ha più volte affermato che la ravvisabilità nel contratto di avvalimento di un interesse economico riferibile all’ausiliaria è garanzia dell’effettività dell’impegno da questa assunto e, conseguentemente, della concreta titolarità dei requisiti di partecipazione alla gara in capo all’ausiliata. Il contratto di avvalimento è un contratto tipicamente oneroso e, qualora in sede contrattuale non sia stabilito un corrispettivo in favore dell’ausiliaria, deve comunque emergere dal testo contrattuale un interesse di carattere direttamente o indirettamente patrimoniale che abbia indotto l’ausiliaria ad assumere senza corrispettivo gli obblighi derivanti dal contratto di avvalimento e le connesse responsabilità (Consiglio di Stato, sez. V, 27 maggio 2018, n. 2953).La giurisprudenza ha escluso l’automatica invalidità del contratto di avvalimento privo dell’espressa indicazione di un corrispettivo in favore dell’impresa ausiliaria o mancante dei criteri per la sua predeterminazione, ogni qualvolta dal tenore dell’accordo possa comunque individuarsi l’interesse patrimoniale dell’ausiliaria (che l’ha indotta ad assumere le relative obbligazioni e le connesse responsabilità), interesse che può avere carattere diretto (cioè consistere in un’utilità immediata) o anche solo indiretto, purché effettivo (in tal senso cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 maggio 2018 n. 2953). In definitiva la nullità del contratto di avvalimento non può farsi discendere dalla carenza di un corrispettivo predeterminato o dalla mancanza di criteri per la sua predeterminazione, non potendo estendersi alle pattuizioni relative al compenso l’onere di specificazione di cui all’art. 89, comma 1, ultima parte, Codice dei contratti pubblici, che riguarda esclusivamente i requisiti e le risorse messe a disposizione. L’indicazione del preciso ammontare del corrispettivo esula dalle prescrizioni imposte al contratto di avvalimento (), essendo piuttosto frutto di una impropria estensione analogica al caso di specie delle speciali prescrizioni dettate per il c.d. avvalimento operativo (relativo cioè a personale, mezzi ed attrezzature che devono essere puntualmente individuati ed indicati nell’offerta proprio al fine di dimostrare l’affidabilità dell’impegno assunto dall’impresa ausiliaria (Consiglio di Stato, Sez. V, 27 gennaio 2021,806).Quello che è invece essenziale è verificare l’effettiva sussistenza della causa concreta del contratto di avvalimento al fine di accertare se l’operazione negoziale arrechi effettivamente il possesso di quei requisiti di cui la concorrente è priva sì da garantire la stazione appaltante sull’affidabilità dell’aggiudicatario in ordine alla corretta esecuzione dell’appalto: pertanto la nullità del contratto di avvalimento per mancanza del requisito dell’onerosità potrà dichiararsi solo allorquando non sia ravvisabile una ragione pratica giustificativa del contratto o un interesse meritevole di tutela ad esso sotteso. In tale contesto, la prova dell’onerosità del contratto non richiede dunque che sia dimostrata l’esistenza di un corrispettivo predeterminato, ma che sussista il rapporto di sinallagmaticità tra le diverse prestazioni previste a carico delle parti.
Non può qui dubitarsi dell’onerosità del contratto di avvalimento: sotto il profilo sinallagmatico, le sole premesse del contratto, che per espressa indicazione dell’art. 1 dello stesso regolamento contrattuale sono
parte integrante e sostanziale del contratto stesso, evidenziano l’utilità economica immediata che le parti hanno inteso perseguire. Il tutto, ad colorandum, in perfetta aderenza all’art. 104 comma 1, 2° cpv. del nuovo codice dei contratti pubblici (d.lgs. 36/2023) che così recita: Il contratto di avvalimento è normalmente oneroso, salvo che risponda anche a un interesse dell’impresa ausiliaria, e può essere concluso a prescindere dalla natura giuridica dei legami tra le parti.Il richiamo al nuovo codice dei contratti pubblici, già in vigore, seppure non ancora efficace, è stato già effettuato da questa Sezione nella sentenza 9 giugno 2023, n. 5665 e, anche in questo caso, è operazione utile tenuto conto che la stessa Relazione di accompagnamento al Codice (art. 104) chiarisce che Nel comma 1 è indicato il tipo contrattuale dell’avvalimento: contratto rientrante nella categoria dei contratti di prestito con il quale un concorrente ad una procedura di aggiudicazione può acquisire la disponibilità di risorse tecniche e umane altrui per eseguire il contratto. È specificata la necessità della forma scritta e la determinazione dell’oggetto. Prendendo posizione su di una questione più volte affacciatasi in giurisprudenza, si afferma che il contratto è normalmente oneroso (non potendosi escludere la gratuità nel caso in cui corrisponda anche ad un interesse proprio dell’impresa ausiliaria).21.5.2. D’altronde, che si possa utilizzare un testo normativo in vigore quale supporto o canone interpretativo rispetto ad altro testo normativo è, per la più autorevole dottrina, acquisizione ormai ultradecennale se si tiene conto del fatto che:
a) un conto è l’interpretazione
in astratto (“orientata ai testi), che consiste nell’identificare il contenuto di senso cioè il contenuto normativo (la norma o, più spesso, le norme) espresso da, e/o logicamente implicito in, un testo normativo (una fonte del diritto) senza riferimento ad alcuna fattispecie concreta;b) linterpretazione in concreto (orientata ai fatti), che consiste nel sussumere una fattispecie concreta nel campo di applicazione di una norma previamente identificata in astratto.
L’interpretazione
in concreto è la semplice decisione intorno alla estensione di un concetto (del concetto mediante il quale lautorità normativa ha configurato una classe di fattispecie). L’interpretazione in astratto consiste invece nell’attribuire significato a enunciati normativi completi. L’interpretazione in concreto consiste nel determinare il significato di predicati in senso logico, ossia di termini che denotano classi. Nell’un caso, si identificano le norme in vigore (interpretazione in astratto); nell’altro (interpretazione in concreto), si identificano i casi concreti che sono disciplinati da ciascuna norma.21.5.3. Il particolare regime transitorio del d.lgs. 36/2023 è un esempio plastico di insieme di disposizioni in vigore che hanno come possibile funzione (tra le altre) quella di costituire supporto alle operazioni di interpretazione in concreto. Come è in questo caso, in cui, l’appellante pretende che il Giudice provveda a sindacare l’adeguatezza dell’equilibrio contrattuale fissato dalle parti, quando le stesse parti hanno dettagliatamente descritto i motivi del ricorso all’avvalimento e, di conseguenza, anche i motivi di quella che poteva essere addirittura, dato il tipo di operazione economica congegnata, un caso di contratto privo di corrispettivo finanziario e tuttavia corrispondente a un interesse economico dell’operatore che ha messo a disposizione i requisiti”.

Concludendo, anche alla luce della citata giurisprudenza del Consiglio di Stato, non si può che ribadire la necessità di condurre un’analisi completa delle norme del nuovo Codice, al fine della loro corretta interpretazione, applicazione e attivazione, per le quali rimane sempre indispensabile il riferimento alla giurisprudenza e alla natura “adeguatrice” delle pronunce, che contribuiscono a “calare nel concreto” la norma, per definizione astratta.

 PARTE PRIMA
PROBLEMI SULL’INTERPRETAZIONE DELLE DISPOSIZIONI SUI CONTRATTI PUBBLICI

  1. Esame dell’articolo 4 del Codice dei contratti pubblici.

Il Codice dei contratti pubblici contiene nell’articolo 4 dei Criteri interpretativi ed applicativi per l’interpretazione e l’applicazione.

Sono da considerare i seguenti elementi:

  1. a) l’art. 4 è collocato nel Titolo I, princìpi generali, della Parte I Dei princìpi, e questo riferimento ai princìpi generali ed ai princìpi significa che si tratta di princìpi relativi ai contratti pubblici, che si aggiungono ai tradizionali Princìpi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato di cui all’articolo 12 delle Disposizioni sulla legge in generale che precedono il Codice civile.
  2. b) Il titolo dell’articolo 4 è: Criteri interpretativi ed applicativi.

I termini “criteri interpretativi ed applicativi” rammentano i termini “Princìpi e criteri direttivi” di cui all’art. 76 Cost., e questi ultimi non costituiscono un’endiadi, ma prevedono che i criteri sono la conseguenza, con particolari sviluppi, dei princìpi.

In conseguenza i criteri sono delle modulazioni, delle articolazioni dei “princìpi generali” di cui al Titolo I e dei “Princìpi” di cui alla Parte I.

I criteri sono perciò (anche in base all’ètimo: critèrion, da Krino, giudicare, stabilire una regola) delle modalità, delle precisazioni (in riferimento ai princìpi generali ed ai princìpi), delle regole, che sono relative all’interpretazione ed all’applicazione.

Anche per quanto riguarda l’espressione Criteri interpretativi ed applicativi è da notare che tale espressione deriva dell’espressione dell’articolo 12 delle Disposizioni sulla legge in generale che ha come titolo “Interpretazione della legge”, e che prevede al comma 1, che “Nell’applicare la legge …”. Da ciò consegue che sono state collocate l’una a fianco dell’altra l’attività dell’interpretazione e quella dell’applicazione.

Nel caso di specie, i criteri sono criteri interpretativi e quindi regole e modalità interpretative ed applicative.

L’articolo 4 prevede poi, nelle prime parole: Le disposizioni del Codice e non le norme.

Vi è da chiedersi perché è stato inserito il termine Disposizioni e non Norme.

La formula ricalca le Disposizioni sulla legge in generale che precedono il Codice civile del 1942, ed indica come contenuto, sia le Disposizioni sia le Norme, intese come enunciati normativi di carattere generale.

c) L’interpretazione in base ai princìpi.

L’articolo 4 prosegue poi con le parole “si interpretano”, che, data la regola che ogni affermazione legislativa con il verbo all’indicativo deve essere considerata in termini obbligatori, essa significa devono essere interpretati.

La formula “in base ai princìpi” solleva dei problemi.

L’espressione “in base” significa “sulla base di”, “in considerazione degli elementi di …”, “tenendo come elementi di riferimento quelli basilari”, e simili.

Essa si differenzia dalle altre espressioni del tipo: “secondo” (cioè, secondando, seguendo), nell’ambito (come nell’art. 7 del Tuel), e: “Nel rispetto” (che indica un vincolo stretto di interpretazione).

Da questa indicazione si deriva che l’espressione in base lascia un margine di discrezionalità alla valutazione dell’interprete.

La tesi sovra esposta è confermata dal fatto che l’oggetto dell’interpretazione e dell’applicazione non è costituito dalle leggi, o dalle norme della legge, ma dai princìpi di cui agli articoli 1, 2, 3, dove si può notare che tali princìpi riguardano il risultato e gli altri princìpi di cui al Codice dei contratti pubblici.

Il contenuto di questi princìpi è complesso, perché essi fanno riferimento a varie fattispecie ed a vari problemi.

Ciò conferma che i criteri di interpretazione e di applicazione di cui agli articoli 1, 2 e 3 del Codice dei contratti pubblici devono essere tenuti in considerazione dall’operatore, sia nel momento dell’interpretazione, sia nel momento dell’applicazione, e si dovrà fare riferimento ai princìpi degli articoli indicati.

Un interrogativo che deve essere esaminato è se l’operatore debba tenere conto di tutti i principi citati (quelli di cui agli articoli 1, 2, e 3) o solo di alcuni di essi che si riferiscono al problema in considerazione.

Si ritiene di accogliere la seconda tesi.

La successione numerica degli articoli 1, 2, 3, ed i princìpi ivi richiamati, indicano una successione logica, come se fossero commi di un articolo che dipendono dal primo comma.

In questa successione normativa e logica si dovranno considerare anche i problemi dell’interpretazione estensiva o restrittiva, e di quelli analogici.

d) é necessario svolgere qualche considerazione sull’articolo 12 del Codice.

L’articolo 12, che ha come titolo interno “Rinvio esterno” prevede che:

  1. Per quanto non espressamente previsto nel Codice:
  2. a) alle procedure di affidamento ed alle altre attività amministrative in materia di contratti si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241.
  3. b) Alle stipulazioni del contratto ed alla fase di esecuzione si applicano le disposizioni del Codice civile.

e) Un ulteriore interrogativo riguarda altre attività

Queste altre attività amministrative hanno un significato ed una giustificazione se servono a mantenere e stabilire dei collegamenti tra le disposizioni dei contratti pubblici.

PARTE SECONDA
PROBLEMI SULL’APPLICAZIONE ED ATTUAZIONE DELLE DISPOSIZIONI DEI CONTRATTI PUBBLICI

4. L’applicazione. Importanza dell’applicazione.

La formulazione di questi tipi di interpretazione è complessa, e fa leva, più che sull’interpretazione, sull’applicazione.

Infatti, da un lato essa stabilisce una regola con un contenuto nuovo, che deve essere osservato, e che si aggiunge, come un’applique, alle regole interpretative ed applicative generali di cui all’articolo 12 delle Disposizioni sulla legge in generale (che sono identiche a quanto previsto nell’articolo 3 del Titolo preliminare delle norme che precedono il Codice civile del 1865).

Tutto ciò viene qui ribadito per segnalare che le precedenti regole relative all’interpretazione di cui all’articolo 12 delle Disposizioni sulla legge in generale che precedono il Codice civile del 1942 risalgono al 1865, e quindi molto addietro nel tempo, ed i problemi e gli interrogativi sulle nuove disposizioni sull’interpretazione e sull’applicazione del Codice dei contratti pubblici non possono essere risolti sulla base soltanto del citato articolo 12 delle Disposizioni sulla legge in generale che precedono il Codice civile, ma quest’ultimo articolo deve essere integrato, sia per quanto riguarda l’interpretazione, sia per quanto riguarda l’applicazione.

5. Collegamenti tra l’applicazione, l’attuazione e l’interpretazione.

Si deve poi rilevare, come ulteriore approfondimento, che vi è un collegamento logico tra l’interpretazione, l’applicazione e l’attuazione.

Si deve innanzitutto precisare che l’applicazione è la parte più significativa della stessa interpretazione, perché è l’applicazione che incide sulla realtà normativa che è stata chiarita con l’interpretazione, e che, dopo l’applicazione, dovrà essere novamente interpretata.

L’attuazione è una parte dell’applicazione, e si deve tenere conto di questi elementi nuovi che vi sono nel Codice dei contratti pubblici.

In altre parole, le disposizioni, come sono interpretate, così devono essere applicate, e ciò si collega anche con lo stesso articolo 12 delle Disposizioni sulla legge in generale, nell’inciso iniziale dell’articolo: “Nell’applicare la legge …….”.

Vi è quindi un’unione ed una successione logica tra l’interpretazione e l’applicazione.

Da ciò consegue che le singole parti evidenziate nei paragrafi b) e c), dovranno essere considerate e vagliate secondo una successione temporale relativa agli articoli del Codice dei contratti pubblici.

6. La particolare applicazione di alcune Disposizioni del Codice dei contratti pubblici. Come si pone, in questo nuovo sistema, l’interpretazione estensiva e restrittiva.

Vi sono delle disposizioni del Codice dei contratti pubblici che prevedono nuovi contenuti, in riferimento all’applicazione:

Possiamo pensare, a solo titolo esemplificativo, alla normativa sul principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale di cui all’art 9[5] d.lgs. 36/2023, evidenziando innanzitutto il discrimine che si registra tra l’art. 1467 CC. e i il citato art. 9 del nuovo Codice: il primo descrive una tutela demolitoria – e infatti si parla di risoluzione del contratto- il secondo dispone una tutela manutentiva, conforme alla logica dell’intero nuovo codice, che vuole si realizzi l’interesse dei contraenti e dell’amministrazione, sempre nell’intento di concretizzare l’interesse pubblico alla base della contrattazione.

Il comma 1 del citato art. 9 descrive le sopravvenienze che determinano la rinegoziazione della parte svantaggiata – quali gli eventi straordinari e imprevedibili, legati a rischi che non devono essere stati volontariamente voluti dalla parte che viene pregiudicata dai rischi stessi – tali da determinare un’alterazione rilevante dell’originario equilibrio del contratto e non riconducibili alla normale alea, all’ordinaria fluttuazione economica e al rischio del mercato. Nel richiedere la rinegoziazione, la parte svantaggiata deve conformarsi al principio di buona fede; in ogni caso, la rinegoziazione non deve alterare il finanziamento complessivo dell’opera, ma deve essere in linea con le risorse disponibili nel relativo quadro economico (sempre nell’ottica del controllo di spesa della PA). Il comma 2 dell’art. 9, invece, si occupa della finalità sottesa alla rinegoziazione – il ripristino dell’equilibrio contrattuale – senza eludere le regole della procedura ad evidenza pubblica. A tal proposito, il comma 4 incentiva la gestione delle sopravvenienze in maniera puntuale, prevedendo che:” Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti favoriscono l’inserimento nel contratto di clausole di rinegoziazione, dandone pubblicità nel bando o nell’avviso di indizione della gara, specie quando il contratto risulta particolarmente esposto per la sua durata, per il contesto economico di riferimento o per altre circostanze, al rischio delle interferenze da sopravvenienze”.

In una recente pronuncia, n. 5989 del 19.6.2023, avente specificamente ad oggetto lo smaltimento rifiuti nella Regione Calabria e il richiesto implemento dell’attività, il Consiglio di Stato affronta il problema e individua i limiti di azione della norma, precisando che il combinato disposto del comma 2 dell’art. 9 e dei commi 5 e 6 dell’art 120 nuovo Codice mettono in evidenzia come sia corretto “salvare” il contratto con la rinegoziazione, ma a patto che non ci sia un’alterazione economica dello stesso e che le modifiche da apportare non siano sostanziali, cioè non incidano sulla struttura dell’operazione economica alla base dell’affidamento, per non ledere la par condicio: “ … sempre nella prospettiva della tutela della parità dei potenziali concorrenti, occorrerebbe ritenere praticabili quelle modifiche che siano state in qualche modo “preventivate” nel bando “.

Nella sentenza in esame, si sottolinea che il principale riferimento normativo in materia rimane sempre il parere che era stato espresso dalla commissione speciale del Consiglio di Stato, n.1084/00 del 12 ottobre 2001, in cui si affermava: “la rinegoziazione successiva all’aggiudicazione poteva alterare la par condicio dei concorrenti; tenuto conto che “ il divieto di rinegoziare le offerte deve razionalmente intendersi in linea di principio […] anche successivamente all’aggiudicazione, in quanto la possibilità di rinegoziazione tra stazione appaltante e l’aggiudicatario, modificando la base d’asta, finirebbe (seppur indirettamente) con l’introdurre oggettivi elementi di distorsione della concorrenza, violando in tal modo i principi comunitari in materia

Come precisa il Supremo Collegio,
“L’assunto mantiene inalterata tutta la sua attualità.
A tal riguardo si osserva che, non a caso, anche il nuovo codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. del 31 marzo 2023 n. 36, che pure all’art. 9 
introduce innovativamente il principio di conservazione dell’equilibrio negoziale e il dovere ex fide bona di rinegoziazione del contratto, fissa al comma due il relativo limite costituito dalla mancata alterazione della sostanza economica del contratto, nonché, ai commi 5 e 6 dell’art. 120, la necessità che le modifiche al contratto non siano “sostanziali” ovvero non incidano, come nel caso della variante proposta dall’A.T.I. -OMISSIS-, sulla struttura dell’operazione economica sottesa al contratto di affidamento del servizio di smaltimento dei rifiuti. Senza contare, inoltre, che, sempre nella prospettiva della tutela della parità dei potenziali concorrenti, occorrerebbe ritenere praticabili esclusivamente quelle modifiche che siano state in qualche modo “preventivate” nel bando, circostanza quest’ultima non verificatasi nel caso all’esame del Collegio. Alla luce di quanto sin qui rilevato non può essere condivisa l’affermazione dell’appellante secondo la quale il comportamento della Regione Calabria avrebbe violato il principio di buona fede nel corso delle trattative negoziali. In senso contrario si evidenzia che il principio di buona fede, se impone a ciascuna parte di tenere quei comportamenti che, a prescindere da specifici obblighi contrattuali e dal dovere del neminem laedere, senza rappresentare un apprezzabile sacrificio a suo carico, siano idonei a preservare gli interessi dell’altra parte (cfr.ex pluribus, Cass. Civ., Sez. III, 7.6.2006, n. 13345), non può arrivare fino al punto di imporre alla Regione committente di accondiscendere ad una modifica sostanziale del servizio posto a base della gara e contrastante con l’esigenza di evitare la saturazione delle discariche nel territorio calabrese, su cui si imperniava l’intervento.

Dobbiamo dunque insistere sulla necessità che tutte le norme del nuovo Codice debbano essere esaminate, prima per la loro applicazione, e saranno poi integrate ed applicate in base a questa interpretazione, facendo riferimento sempre agli attesti giurisprudenziali via via sopravvenuti .

Si deve poi aggiungere che le finalità di queste disposizioni sono stabilite, in base ai princìpi, nelle prime norme del Codice dei contratti pubblici, e queste ultime si applicano a tutti i problemi che il Codice dei contratti pubblici presenta.

Vi è quindi un rovesciamento delle posizioni nel sistema previsto nel Codice civile sull’interpretazione delle leggi ex art. 12, che richiedeva prima l’interpretazione e poi l’applicazione.

In altre parole, si è verificato un cambiamento, e vi è:

– innanzitutto, una prima indicazione ed interpretazione (per conoscere la novità della Disposizione)

– poi l’applicazione delle nuove Disposizioni che stabiliscono nuove regole.

– infine l’interpretazione che è conseguente a questa nuova applicazione.

Vi è quindi una triplice fase (indicazione ed interpretazione, applicazione, interpretazione) e nell’ipotesi che si debbano svolgere dei confronti con altre disposizioni del Codice, vi sarà una nuova interpretazione sistematica, ma anche – e ciò dipende dal contenuto – una nuova applicazione, il cui risultato comporta una nuova interpretazione ed applicazione.

All’interrogativo: come si pone, in questo nuovo sistema, l’interpretazione estensiva o restrittiva, si risponde in base al rapporto che è stabilito dal tipo di interpretazione.

Ad esempio, si afferma che le disposizioni devono essere interpretate secondo gli articoli 1, 2, 3 del Codice, ed è in base a questo rapporto che si svolge l’interpretazione estensiva o restrittiva, ed anche l’interpretazione e l’applicazione analogica.

Da quanto esposto deriva che l’aspetto più rilevante delle Disposizioni dei contratti pubblici riguarda l’applicazione, e tale applicazione non è una mera esecuzione, ma un’attività che presuppone una prima indicazione – interpretazione, l’applicazione e poi ancora, l’interpretazione e l’applicazione finale.

Vi sono quindi, nel Codice dei contratti pubblici, nuove regole rispetto all’articolo 12 delle Disposizioni sulla legge in generale che precedono il Codice civile, e queste Disposizioni stabiliscono nuove regole sull’applicazione, che non è più quella di cui all’articolo 12 citato, ma è un’applicazione complessa, perché si intreccia con l’interpretazione, e con l’applicazione. L’applicazione delle Disposizioni del Codice dei contratti è perciò un’applicazione di tipo nuovo, che si riferisce soltanto ai contratti pubblici, e che, per ulteriore disposizione legislativa, potrebbe poi estendersi ad altro settore normativo, portando ad innovazioni più ampie nell’ambito dell’intero Ordinamento Giuridico.

7. Conclusioni.

Il Codice dei contratti pubblici contiene novità rilevanti anche su problemi generali del diritto privato e pubblico, e si ritiene che queste novità, confermate e perfezionate dalla giurisprudenza, possano rappresentare i nuovi elementi di interpretazione ed applicazione delle disposizioni normative del diritto pubblico italiano.

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[1] Art. 17, c.3: “Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti concludono le procedure di selezione nei termini indicati nell’allegato I.3. Il superamento dei termini costituisce silenzio inadempimento e rileva anche al fine della verifica del rispetto del dovere di buona fede, anche in pendenza di contenzioso. In sede di prima applicazione del codice, l’allegato I.3 è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Ministro per la pubblica amministrazione, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice.

[2] Art 115 – Controllo tecnico contabile e amministrativo: 1. Con l’allegato II.14 sono individuate le modalità con cui il direttore dei lavori effettua l’attività di direzione, controllo e contabilità dei lavori mediante le piattaforme digitali di cui all’articolo 25, in modo da garantirne trasparenza e semplificazione. 2. L’esecutore dei lavori si uniforma alle disposizioni e agli ordini di servizio del direttore dei lavori senza poterne sospendere o ritardare il regolare sviluppo. Le riserve sono iscritte con le modalità e nei termini previsti dall’allegato II.14, a pena di decadenza dal diritto di fare valere, in qualunque tempo e modo, pretese relative ai fatti e alle contabilizzazioni risultanti dall’atto contabile. 3. Nei contratti di servizi e forniture le modalità dell’attività di direzione, controllo e contabilità demandata al RUP o al direttore dell’esecuzione, se nominato, sono individuate con il capitolato speciale o, in mancanza, con l’allegato II.14, secondo criteri di trasparenza e semplificazione e prevedono l’uso delle piattaforme digitali di cui all’articolo 25. 4. Nei contratti di cui al comma 3 il capitolato speciale contiene anche la disciplina delle contestazioni in corso di esecuzione, fatta salva l’iscrizione delle riserve secondo quanto previsto al comma 2, secondo periodo.  5. Le piattaforme digitali di cui ai commi 1 e 3 garantiscono il collegamento con la Banca dati nazionale dei contratti pubblici di cui all’articolo 23, per l’invio delle informazioni richieste dall’ANAC ai sensi dell’articolo 222, comma 9.

[3] Articolo 7. All. II.14- Riserve.1. In linea di principio, l’iscrizione delle riserve è finalizzata ad assicurare alla stazione appaltante, durante l’intera fase di esecuzione del contratto, il continuo ed efficace controllo della spesa pubblica, la tempestiva conoscenza e valutazione, sulla base delle risultanze contenute nel registro di contabilità, delle eventuali pretese economiche avanzate dall’appaltatore e l’adozione di ogni misura e iniziativa volte a evitare che i fondi impegnati si rivelino insufficienti. Non costituiscono riserve:

  1. a) le contestazioni e le pretese economiche che siano estranee all’oggetto dell’appalto o al contenuto del registro di contabilità;
  2. b) le richieste di rimborso delle imposte corrisposte in esecuzione del con-tratto di appalto;
  3. c) il pagamento degli interessi moratori per ritardo nei pagamenti;
  4. d) le contestazioni circa la validità del contratto;
  5. e) le domande di risarcimento motivate da comportamenti della stazione appaltante o da circostanza a quest’ultima riferibili;
  6. f) il ritardo nell’esecuzione del collaudo motivato da comportamento col-poso della stazione appaltante. Le riserve sono iscritte a pena di decadenza sul primo atto dell’appalto idoneo a riceverle, successivo all’insorgenza o alla cessazione del fatto che ha determinato il pregiudizio dell’esecutore. In ogni caso, sempre a pena di decadenza, le riserve sono iscritte anche nel registro di contabilità all’atto della firma immediatamente successiva al verificarsi o al cessare del fatto pregiudizievole, nonché all’atto della sottoscrizione del certificato di collaudo mediante precisa esplicitazione delle contestazioni circa le relative operazioni. Le riserve non espressamente confermate sul conto finale si intendono rinunciate. Le riserve devono essere formulate in modo specifico e indicare con precisione le ragioni sulle quali si fondano. In particolare, le riserve devono contenere a pena di inammissibilità:
  7. a) la precisa quantificazione delle somme che l’esecutore ritiene gli siano dovute. La quantificazione della riserva è effettuata in via definitiva, senza possibilità di successive integrazioni o incrementi rispetto all’importo iscritto, salvo che la riserva stessa sia motivata con riferimento a fatti continuativi;
  8. b) l’indicazione degli ordini di servizi, emanati dal direttore dei lavori o dal direttore dell’esecuzione, che abbiano inciso sulle modalità di esecuzione dell’appalto;
  9. c) le contestazioni relative all’esattezza tecnica delle modalità costruttive previste dal capitolato speciale d’appalto o dal progetto esecutivo;
  10. d) le contestazioni relative alla difformità rispetto al contratto delle disposizioni e delle istruzioni relative agli aspetti tecnici ed economici della gestione dell’appalto;
  11. e) le contestazioni relative alle disposizioni e istruzioni del direttore dei lavori o del direttore dell’esecuzione che potrebbero comportare la responsabilità dell’appaltatore o che potrebbero determinare vizi o difformità esecutive dell’appalto. L’esecutore, all’atto della firma del conto finale, da apporre entro il termine di trenta giorni dall’invito del RUP a prenderne cognizione, non può iscrivere domande diverse per oggetto o per importo da quelle formulate nel registro di contabilità durante lo svolgimento dei lavori, e ha l’onere, a pena di decadenza, di confermare le riserve già iscritte sino a quel momento negli atti contabili per le quali non siano intervenute procedure di carattere conciliativo. 4. Se l’esecutore non firma il conto finale nel termine di cui al comma 3, o se lo sottoscrive senza confermare le domande già formulate nel registro di contabilità, il conto finale si intende come definitivamente accettato.
[4] Articolo 104. – Avvalimento. 1. L’avvalimento è il contratto con il quale una o più imprese ausiliarie si obbligano a mettere a disposizione di un operatore economico che concorre in una procedura di gara dotazioni tecniche e risorse umane e strumentali per tutta la durata dell’appalto. Il contratto di avvalimento è concluso in forma scritta a pena di nullità con indicazione specifica delle risorse messe a disposizione dell’operatore economico. Il contratto di avvalimento è normal-mente oneroso, salvo che risponda anche a un interesse dell’impresa ausiliaria, e può essere concluso a prescindere dalla natura giuridica dei legami tra le parti. 2. Qualora il contratto di avvalimento sia concluso per acquisire un requisito necessario alla partecipazione a una procedura di aggiudicazione di un appalto di lavori di importo pari o superiore a euro 150.000, o di un appalto di servizi e forniture, esso ha per oggetto le dotazioni tecniche e le risorse che avrebbero consentito all’operatore economico di ottenere l’attestazione di qualificazione richiesta. 3. Qualora il contratto di avvalimento sia stipulato con impresa ausiliaria in possesso di autorizzazione o altro titolo abilitativo richiesto per la partecipazione alla procedura di aggiudicazione ai sensi dell’articolo 100, comma 3, o con un soggetto in possesso di titoli di studio o professionali necessari all’esecuzione della prestazione oggetto dell’appalto, i lavori o i servizi sono eseguiti direttamente dall’impresa ausiliaria. Si applicano le disposizioni in materia di subappalto. 4. L’operatore economico allega alla domanda di partecipazione il contratto di avvalimento in originale o copia autentica, specificando se intende avvalersi delle risorse altrui per acquisire un requisito di partecipazione o per migliorare la propria offerta, e allega, nel caso di cui al comma 2, la certificazione rilasciata dalla SOA o dall’ANAC. L’impresa ausiliaria è tenuta a dichiarare alla stazione appaltante:
  1. a) di essere in possesso dei requisiti di ordine generale di cui al Capo II del presente Titolo;
  2. b) di essere in possesso dei requisiti di cui all’articolo 100 per i servizi e le forniture;
  3. c) di impegnarsi verso l’operatore economico e verso la stessa stazione appaltante a mettere a disposizione per tutta la durata dell’appalto le risorse oggetto del contratto di avvalimento.
  4. L’impresa ausiliaria trasmette la propria attestazione di qualificazione nel caso di avvalimento finalizzato all’acquisizione del requisito di partecipazione a una procedura di aggiudicazione di lavori. In caso di dichiarazioni mendaci, fermo restando l’applicazione dell’articolo 96, comma 15, nei confronti dei sottoscrittori, la stazione appaltante assegna all’operatore economico concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, per indicare un’altra impresa ausiliaria idonea, purché la sostituzione dell’impresa ausiliaria non conduca a una modifica sostanziale dell’offerta dell’operatore economico. Nel caso di mancato rispetto del termine assegnato, la stazione appaltante esclude l’operatore economico. 6. La stazione appaltante verifica se l’impresa ausiliaria è in possesso dei requisiti dichiarati con le modalità di cui agli articoli 91 e 105, quest’ultimo con riguardo ai mezzi di prova e al registro on-line, e se sussistono cause di esclusione ai sensi del Capo II del presente Titolo. La stazione appaltante consente all’operatore economico di sostituire i soggetti che non soddisfano un pertinente criterio di selezione o per i quali sussistono motivi di esclusione.7. L’operatore economico e l’impresa ausiliaria sono responsabili in solido nei confronti della stazione appaltante in relazione alle prestazioni oggetto del contratto. Gli obblighi previsti dalla normativa antimafia a carico dell’operatore economico si applicano anche nei confronti del soggetto ausiliario, in ragione dell’importo dell’appalto posto a base di gara. 8. Il contratto è in ogni caso eseguito dall’impresa che partecipa alla gara, alla quale è rilasciato il certificato di esecuzione, salvo quanto previsto dal comma 3. 9. In relazione a ciascun affidamento la stazione appaltante in corso d’esecuzione effettua le verifiche sostanziali circa l’effettivo possesso dei requisiti e delle risorse oggetto dell’avvalimento da parte dell’impresa ausiliaria, nonché l’effettivo impiego delle risorse medesime nell’esecuzione dell’appalto. A tal fine il RUP accerta in corso d’opera che le prestazioni oggetto di contratto siano svolte direttamente dalle risorse umane e strumentali dell’impresa ausiliaria che il titolare del contratto utilizza in adempi-mento degli obblighi derivanti dal contratto di avvalimento. Ha, inoltre, l’obbligo di inviare ad entrambe le parti del contratto di avvalimento le comunicazioni ai sensi dell’articolo 29 e quelle inerenti all’esecuzione dei lavori. La stazione appaltante trasmette all’Autorità tutte le dichiarazioni di avvalimento, indicando altresì l’aggiudicatario, per l’esercizio della vigilanza, e per la prescritta pubblicità. 10. L’avvalimento non è ammesso per soddisfare il requisito dell’iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali di cui all’articolo 212 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. 11. Nel caso di appalti di lavori, di appalti di servizi e operazioni di posa in opera o installazione nel quadro di un appalto di fornitura, le stazioni appaltanti possono prevedere nei documenti di gara che taluni compiti essenziali, ivi comprese le opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture, impianti e opere speciali, siano direttamente svolti dall’offerente o, nel caso di un’offerta presentata da un raggruppamento di operatori economici, da un partecipante al raggruppamento. 12. Nei soli casi in cui l’avvalimento sia finalizzato a migliorare l’offerta, non è consentito che partecipino alla medesima gara l’impresa ausiliaria e quella che si avvale delle risorse da essa messe a disposizione.
[5] Articolo 9. – Principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale. 1. Se sopravvengono circostanze straordinarie e imprevedibili, estranee alla normale alea, all’ordinaria fluttuazione economica e al rischio di mercato e tali da alterare in maniera rilevante l’equilibrio originario del contratto, la parte svantaggiata, che non abbia volontariamente assunto il relativo rischio, ha diritto alla rinegoziazione secondo buona fede delle condizioni contrattuali. Gli oneri per la rinegoziazione sono riconosciuti all’esecutore a valere sulle somme a disposizione indicate nel quadro economico dell’intervento, alle voci imprevisti e accantonamenti e, se necessario, anche utilizzando le economie da ribasso d’asta. 2. Nell’ambito delle risorse individuate al comma 1, la rinegoziazione si limita al ripristino dell’originario equilibrio del contratto oggetto dell’affidamento, quale risultante dal bando e dal provvedimento di aggiudicazione, senza alterarne la sostanza economica. 3. Se le circostanze sopravvenute di cui al comma 1 rendono la prestazione, in parte o temporaneamente, inutile o inutilizzabile per uno dei contraenti, questi ha diritto a una riduzione proporzionale del corrispettivo, secondo le regole dell’impossibilità parziale. 4. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti favoriscono l’inserimento nel contratto di clausole di rinegoziazione, dandone pubblicità nel bando o nell’avviso di indizione della gara, specie quando il contratto risulta particolarmente esposto per la sua durata, per il contesto economico di riferimento o per altre circostanze, al rischio delle interferenze da sopravvenienze. 5. In applicazione del principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale si applicano le disposizioni di cui agli articoli 60 e 120

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