Prof. Mario Bassani e Prof. Vittorio Italia
SCHEDA N.1 – Introduzione.
Scriveva Tocqueville (Charles Alexis Henri Clerel – 1805-1859) in De la Démocratie en Amerique) che (…) La vita dello Stato si può definire organica, in quanto tutte le funzioni statuali devono essere sempre armonizzate nell’unità di un organismo, unità che si presenta come la causa materiale e finale ad un tempo di ogni sua particolare attività (…)”.
Il potere legislativo deve quindi essere esercitato in armonia senza prevaricazioni sugli altri poteri dello Stato. Poteri che devono essere esercitati e raccordati con gli altri poteri in una visione unitaria dello Stato.
Secondo Montesquieu (Charles Louis de Secondat Baron de la Brede – 1689-1755) ne Lo Spirito delle Leggi, “(…) non vi è libertà se il potere giudiziario non è separato dal potere legislativo (…)”che, a sua volta incontra dei limiti.
SCHEDA N. 2 – I limiti della legge.
La produzione legislativa è soggetta a controlli: interno, di legittimità, di compatibilità con l’ordinamento comunitario e nel rispetto del diritto naturale.
Un primo controllo preventivo e di merito è svolto dal Parlamento medesimo attraverso le Commissioni parlamentari.
Per la Camera dei Deputati il regolamento prevede che la discussione e l’approvazione dei disegni e progetti di legge devono essere precedute dall’esame delle Commissioni in ragione di materia nei modi e nelle forme previste dagli articoli da 72 a 81, mentre per il Senato il suo regolamento operano gli articoli da 34 a 40.
Il controllo di legittimità delle leggi e degli atti con forza di legge è svolto dalla Corte Costituzionale come prevede l’articolo 134 della Costituzione con il procedimento dettato dalle leggi costituzionali 9 febbraio 1948 n.1, 11 marzo 1953 n. 1 e 22 novembre 1967 n. 2. Controllo che si estende anche a valutazioni di merito sotto il profilo della ragionevolezza, come si legge nelle sentenze n. 94 del 2009 e 243 del 2010.
Quanto alla non conformità delle leggi all’ordinamento comunitario, che comporta la disapplicazione in sede giurisdizionale, si è pronunciata la Corte Costituzionale con la sentenza 11 luglio 1989 n. 389 che, sul punto così si è espressa “(…) Questa Corte ha affermato nella sentenza n. 170 del 1984 e in altre successive il riconoscimento dell’ordinamento comunitario e di quello nazionale come ordinamenti reciprocamente autonomi, ma tra di loro coordinati e comunicanti, porta a considerare l’immissione diretta nell’ordinamento interno delle norme comunitarie immediatamente applicabili come la conseguenza del riconoscimento della loro derivazione da una fonte (esterna) a competenza riservata, la cui giustificazione costituzionale va imputata all’articolo 11 della Costituzione a al conseguente particolare valore giuridico attribuito al Trattato istitutivo delle Comunità europee e agli atti a questo equiparati. Ciò significa che, mentre gli atti idonei a porre quelle norme conservano i trattamento giuridico o il regime ad essi assicurato dall’ordinamento comunitario – nel senso che sono assoggettati alle regole di produzione normativa, di interpretazione, di abrogazione, di caducazione e di invalidazione proprie di quell’ordinamento –, al contrario le norme da essi prodotte direttamente nell’ordinamento interno come norme investite di “forza o valore di legge”, vale a dire come norme che, nei limiti delle competenze e nell’ambito degli scopi propri degli organi di produzione normativa della Comunità, hanno un rango primario. Da ciò deriva, come ha precisato la ricordata sentenza n. 170 del 1984, che nel campo riservato alla loro competenza, le norme comunitarie direttamente applicabili prevalgono rispetto alle norme nazionali, anche se di rango legislativo, senza tuttavia produrre, nel caso che queste ultime siano incompatibili con esse, effetti estintivi. Più precisamente, l’eventuale conflitto fra il diritto comunitario direttamente applicabile e quello interno, proprio perché suppone un contrasto di quest’ultimo con la norma prodotta da una fonte esterna avente un suo proprio regime giuridico e abilitata a produrre diritto nell’ordinamento nazionale mentre un proprio distinto ambito di competenza, non dà luogo a ipotesi di abrogazione o di deroga, né a forme di caducazione o di annullamento per invalidità della norma interna incompatibile, ma produce effetto di disapplicazione di quest’ultima, seppure nei limiti di tempo e nell’ambito materiale entro cui loe competenze comunitarie sono legittimate a svolgersi. (…)”.
Quanto allo scrutinio di legittimità la Corte Costituzionale può valutare la legge sottoposta al suo esame anche sotto il profilo della ragionevolezza come si legge nella sentenza n. 94 del 2019.
Da ultimo, da taluno vengono invocati i limiti imposti dal diritto naturale sul diritto positivo ricordando la vicenda di Antigone quando oppose a Arconte il diritto degli Dei contro le sue leggi, come si legge nell’omonima tragedia di Sofocle del 442 A.C. Il dibattito ebbe sviluppo, nel Rinascimento, sul primato del diritto naturale, richiamandosi le opere di uno dei massimi giuristi del seicento, l’olandese Hugo van der Groot – in italiano Ugo Grozio – nel suo trattato Della Guerra e della Pace edito ad Amsterdam nel 1664.
SCHEDA N. 3 – La funzione legislativa deve essere esercitata nel rispetto degli altri poteri dello Stato.
Si rileva che alcune pronunce legislative invadono gli ambiti dei poteri esecutivo e giudiziario.
1.- Nei confronti del potere esecutivo.
1.1.- Le leggi provvedimento.
Quando il Parlamento emana una legge che per suoi contenuti e destinatari produce effetti limitati a situazioni particolari o a destinatari singolarmente individuati, si afferma che si tratta di legge provvedimento che meritano censura perché priva dei requisiti della generalità e dell’astrattezza.
Sulla materia si è pronunciata la Corte Costituzionale con la sentenza n. 186 del 2022, lungo la linea tracciata dalle precedenti sentenze n. 64 del 2014 e n. 114 del 2017.
Avuto riguardo ai contenuti e alle finalità delle leggi provvedimento, si versa in materia riferita al potere regolamentare di fonte governativa. Questa peculiarità ha indotto il Giudice delle leggi a svolgere un giudizio di congruità del mezzo approntato rispetto allo scopo perseguito ed accertare se la legge provvedimento costituisce l’unico mezzo per soddisfare interessi particolari o per normare una materia che appartiene al rango regolamentare. Secondo i Giudici della Corte il sindacato così svolto è eccezionale a fronte del principio che la legge non richiede motivazione.
Occorre anche considerare che l’adozione dello strumento della legge provvedimento attenua la tutela giurisdizionale in quanto un atto regolamentare può essere sempre portato avanti al giudice amministrativo a mente degli articoli 24 e 113 della Costituzione, mentre in quanto legge occorre risalire l’iter che porta al giudizio avanti la Corte Costituzionale.
1.2.-Le leggi di delega.
Una invasione dei poteri dell’esecutivo si verifica anche in sede di legislazione delegata quale è provista dall’articolo 76 della Costituzione. La norma stabilisce che il Parlamento può delegare la funzione legislativa con “(… determinazione di principi e criteri direttivi (…)”.
Accade tuttavia, non di rado, che i contenuti della legge di delega sono puntuali da costituire essi stessi i contenuti della normativa delegata. È il caso recente della legge 9 agosto 2023 n. 11 (Delega Fiscale ) che all’articolo 6 detta norme specifiche che il Governo nella attuazione della delega deve adottare.
SCHEDA N. 4 – Le norme di interpretazione autentica.
Nel caso vi sia un vuoto normativo per la disciplina di una particolare fattispecie, o che sorga la necessità di chiarire la portata di una norma, il Parlamento interviene con una norma di uguale rango che ne fissa i criteri interpretativi, se non anche approvando una legge ad hoc.
Secondo il giudice amministrativo, con la sentenza della Terza Sezione del TAR della Lombardia – Milano – 1 luglio 2020 n. 1622, perché una legge di interpretazione autentica svolga questa funzione è necessario e sufficiente che la legge suddetta imponga una scelta interpretativa vincolante fra le tante possibili opzioni. Ove le legge non rispetti questi criteri si ha una novazione con l’effetto di sostituire la legge ritenuta interpretata con la nuova.
SCHEDA N. 5 – Decreti legge e leggi di conversione – Limitazioni e contenuti.
È dato di assistere con ampia frequenza a decreti-legge che in sede di conversione subiscono integrazioni che non hanno attinenza con la materia del decreto medesimo e che si pongono con carattere di novità con la materia medesima. Omogeneità di materia e di contenuti che pure i decreti-legge sono tenuti ad osservare. Si veda la sentenza n. 22 del 2012 della Corte Costituzionale di censura di un decreto-legge disomogeneo e della legge di conversione. In essa si legge che “(…) L’inserimento di norme eterogenee all’oggetto o finalità del decreto spezza il legame logico-giuridico tra la valutazione fatta dal Governo sull’urgenza del provvedere ed i provvedimenti provvisori in forza di legge (…) Il presupposto del «caso» straordinario di necessità e urgenza inerisce sempre e soltanto al provvedimento inteso come un tutto unitario, atto normativo fornito di intrinseca coerenza, anche se articolato e differenziato al suo interno. La scomposizione atomistica delle condizioni di validità prescritte dalla Costituzione si pone in contrasto con il necessario legame tra il provvedimento legislativo urgente ed il caso che lo ha reso necessario, trasformando il decreto legge in una congerie di norme assemblate soltanto da una mera casualità temporale (…)”.
Decreto viziato anche con riferimento alla legge 23 aprile 1988 n. 400 (Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio).
Quanto alla legge di conversione, la Corte Costituzionale ancora nel 2012 ha ribadito con la sentenza n. 247 che le norme di conversione non possono introdurre disposizioni che non si ricolleghino al decreto medesimo in quanto devono rigorosamente rispettare un nesso che le colleghi a quelle del decreto, né tanto meno se estranee alla disciplina della materia considerata. In margine si può rilevare che il Parlamento mostra qualche insofferenza nel vedere che il Governo sempre più si assume funzioni legislative (39 decreti nei primi 11 mesi del 2023), ed è per questo che si riappropria dei propri poteri.
SCHEDA N. 6 – Intromissione nell’esercizio della funzione giurisdizionale.
L’articolo 101 c. 1 della Costituzione stabilisce che i giudici sono soggetti soltanto alla legge, rifuggendo ad alcuni fenomeni chi si riconducono a una forma di giurisprudenza creativa (si diceva diritto pretorio).
Spetta dunque al giudice darvi attuazione secondo una interpretazione conforme al diritto tenendo conto anche degli indirizzi giurisprudenziali e di dottrina.
Quando il giudice deve applicare una norma penale deve ad essa rigorosamente riferirsi e valutare oltre alla gravità del fatto delittuoso tutte le circostanze di fatto e soggettive e decidere secondo quanto ritiene corretto sulla base di una sua valutazione e conseguentemente applicando alla pena edittale le attenuanti generiche o aggravanti. Vi sono tuttavia leggi che impongono al giudice di decidere con criteri predeterminati. Nel caso di reato di omicidio stradale, la legge n. 41 del 2016 (articolo 59-bis del codice penale) appare superflua considerato che già le norme vigenti prevedono delitti dolosi o colposi che caratterizzano la condotta dell’automobilista. Il giudice può dunque decidere applicando le norme vigenti. La norma appare più una circolare contenente criteri interpretativi e applicativi.
Altro aspetto di sovrapposizione del Parlamento all’attività giurisdizionale si ha nella materia delle Commissioni di inchiesta, previste dall’articolo 82 della Costituzione su materie di pubblico interesse. Come stabilisce il terzo comma, la Commissione procede alle indagini e agli esami di materie di interesse generale. La norma è chiara nell’indicare che oggetto delle inchieste debbano essere materie, e non eventi o accadimenti specifici. La loro costituzione e il loro funzionamento sono regolati, rispettivamente dagli articoli 141, c. 2, del Regolamento della Camera dei Deputati e 162, c 4, del Regolamento del Senato.
È però accaduto che nel corso delle Legislature sono state istituite Commissioni dirette a indagare e a trarre elementi di valutazione politica (questa è la finalità dell’istituto) su questioni di interesse generale, ma anche su eventi sui quali è intervenuta l’autorità giudiziaria.
Per meglio comprendere con quali finalità sono state costituite Commissioni di inchiesta così come la Costituzione prevede se ne citano alcune (il carattere romano indica la Legislatura di riferimento) che hanno affrontato materie di interesse generale: Disoccupazione I, Miseria in Italia I, Condizioni dei lavoratori in Italia II, Limiti alla concorrenza in campo economico III e IV, Ricostruzione dopo il terremoto del Belice III, Condizione giovanile X, Attuazione delle politiche di cooperazione con i paesi in via di sviluppo XII, Ciclo dei rifiuti X, XII , XIV, XVI e XVII, Condizioni di sicurezza e stato di degrado delle città e delle periferie XVIII, livello di digitalizzazione della pubblica amministrazione, Contraffazione e pirateria commerciale XVI e XVII, Sistema di accoglienza e condizioni dei migranti XVII.
Di contro molte Commissioni si sono occupate di eventi che hanno investito aspetti di rilevanza penale e procedimenti che si sono conclusi con provvedimenti e sentenze dell’autorità giudiziaria (anche per queste il numero latino ha riferimento alla Legislatura). Ser ne ricordano alcune: Fondi neri dell’IRI IX, Terrorismo e stragi IX Tragedia del Cermis XIII, Errori in campo sanitario XI e XII, Morte del militare Emanuele Scieri XVII, Rapimento e morte di Aldo Moro XVII, Gestione della Pandemia XVII.