CASSAZIONE: SULL’ORA DI RELIGIONE DECIDE IL GIUDICE SE I GENITORI SEPARATI SONO IN DISACCORDO

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La Corte di Cassazione, con ordinanza n.6802/2023, ha stabilito che se i genitori separati non trovano un accordo sul far frequentare o meno alla figlia l’ora di religione a scuola spetta al giudice decidere, ispirandosi al criterio cardine dell’interesse superiore del minore.

Le parole della Suprema Corte prendono le mosse dal seguente caso concreto.

La Corte d’Appello in riforma della decisione di primo grado, che assegnava al padre la decisione sulla partecipazione all’insegnamento della religione cattolica, affida alla madre tale scelta. I giudici di secondo grado segnalano di aver tenuto conto, per decidere, di alcuni elementi, in particolare: del contesto familiare in cui si inserisce questa scelta, del fatto che per la sorella maggiore i genitori non avevano scelto l’ora di religione a scuola, della circostanza che il padre e la madre hanno opinioni diametralmente opposte sull’educazione spirituale e, infine, che la figlia per la quale devono scegliere ha solo sei anni e pertanto non può essere ascoltata in giudizio.

La Cassazione accoglie il ricorso paterno e sottolinea alcuni motivi alla base della sua decisione.

Per prima cosa la Suprema Corte ritiene errata l’applicazione da parte dei giudici d’appello dell’art. 316 c.c.. Secondo gli ermellini,infatti, nel caso che ci occupa bisogna far riferimento all’art. 337-ter c.c. in quanto l’art.316 c.c. trova applicazione nel caso in cui il nucleo familiare sia unito, mentre l’art. 337- ter c.c. disciplina i provvedimenti riguardo ai figli nei procedimenti di separazione o di divorzio e prevede che in caso di disaccordo tra i genitori le decisioni di maggior interesse per i figli vengano prese dal tribunale.

Partendo da questo presupposto il giudice, in via del tutto eccezionale e come soggetto super partes, è chiamato espressamente ad un’ingerenza nella vita familiare adottando provvedimenti relativi alla prole laddove i genitori non siano riusciti a comporre i loro contrasti. Tali decisioni non sono mai prese in maniera arbitraria ma secondo il criterio stabilito dalla legge di esclusivo riferimento al superiore interesse morale e materiale del minore nel caso concreto.

Va precisato che tale orientamento era già stato affermato dalle sentenze Cass. nn. 21553/2021 e 21916/2019 secondo cui l’interesse preminente del minore in caso di conflitti genitoriali può comportare l’adozione di provvedimenti relativi all’educazione religiosa contenitivi o restrittivi della libertà religiosa individuale del singolo genitore.

In secondo luogo, la Corte di Cassazione pone l’accento sul mancato ascolto della minore.

Nel caso di specie, infatti, la Corte d’Appello ha ritenuto di non dover procedere all’audizione della bambina di sei anni. Gli ermellini ricordano che la legge prevede l’obbligo di ascolto in giudizio di un minore che abbia compiuto dodici anni, ma disciplina altresì la possibilità che venga ascoltato un bambino più piccolo “se risulta capace di discernimento”. Nel caso di specie, secondo i giudici della Corte di Cassazione, la bambina di sei anni risultava perfettamente in grado di cogliere dati, informazioni e stimoli e pertanto andava ascoltata.

Dott.ssa Lucia Massarotti

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