La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 3822/2023 si è pronunciata in tema di compenso dei professionisti affermando il principio secondo cui l’avvocato non ha diritto ad alcun compenso se compie attività inutili rispetto al risultato auspicato dal cliente.
La Suprema Corte riprende quanto già enunciato con la sentenza n. 5440/2022 secondo cui “lo svolgimento di un’attività professionale da parte dell’avvocato, totalmente inutile, già ex ante pronosticabile come tale, non gli attribuisce alcun diritto al compenso”.
La pronuncia più recente prende le mosse dal seguente caso concreto.
Un avvocato viene chiamato ad agire per recuperare danni ed indennizzi conseguenti alla distruzione di una villa provocata da un incendio, rivelatosi poi doloso.
La Corte rigetta il ricorso del legale che chiede il riconoscimento del compenso per atti compiuti del tutto inutili al raggiungimento dell’obiettivo perseguito.
Gli ermellini nella motivazione spiegano infatti che sono ritenuti insindacabili, perché finalizzati ad una diversa valutazione, gli accertamenti di fatto dei primi due gradi di giudizio dai quali è emerso la non spettanza dei compensi richiesti per l’azione revocatoria alla luce della sua inutilità ai fini del giudizio penale nel quale il ricorrente difendeva la sua cliente.
Dott.ssa Lucia Massarotti