La Corte di Cassazione, con una decisione di grande importanza, sancisce il principio secondo cui è da rispettare la volontà dei bambini che si oppongono alle frequentazioni con i nonni quando i loro genitori vivano con gli ascendenti dei loro figli un rapporto conflittuale.
Con ordinanza n. 2881/2023 la Suprema Corte afferma infatti che non risponde all’interesse del minore imporre una relazione non voluta solo perché si ritiene che essa non sia pregiudizievole al minore stesso. Occorre, al contrario, accogliere i pensieri e le volontà dei ragazzi capaci di discernimento e cercare strumenti creativi per favorire il loro rapporto con i nonni, con la collaborazione però di tutti gli adulti coinvolti nella vicenda.
Tale pronuncia prende le mosse dal seguente caso.
I nonni e lo zio paterno ricorrono all’autorità giudiziaria per ottenere una frequentazione con i nipoti.
Il Tribunale accoglie la domanda ma incarica i servizi sociali di stabilire i modi e i tempi delle visite e dispone che gli incontri avvengano alla presenza di un educatore finché la nonna paterna non avrà seguito un percorso psichiatrico.
La Corte d’Appello conferma gli incontri così come disposti dal giudice di prime cure, segnalando che i rapporti con i parenti paterni non risultano pregiudizievoli per i minori e sottolineando che dalla consulenza tecnica espletata è emerso un legame sincero tra i bambini e la famiglia del padre.
La questione che assume rilevanza centrale- secondo la Corte- è il rapporto tra la nuora e la suocera che sembrano incapaci di superare i loro conflitti. I giudici di secondo grado segnalano altresì l’inutilità del percorso psichiatrico richiesto per la nonna in quanto la stessa non ha alcuna percezione del suo disagio. In conclusione, la Corte evidenzia che la condotta genitoriale di esclusione della famiglia paterna dalla vita dei bambini crea un danno a questi ultimi e suggerisce un percorso di “terapia allargata” per tutti gli adulti coinvolti, con incarico di vigilanza ai servizi sociali.
I genitori ricorrono in Cassazione contro la sentenza di secondo grado per i seguenti motivi:
– nell’imporre che i bambini frequentino i nonnni e lo zio è stato segnalato solo che tali rapporti non arrecherebbero un pregiudizio ai minori, ma non è stato accertato se da tale frequentazione i bambini trarrebbero beneficio;
– non è stato tenuto in considerazione il rifiuto della minore coinvolta ad intrattenere rapporti con i parenti del padre;
– è incomprensibile l’atteggiamento sul tema del percorso psichiatrico richiesto per la nonna in primo grado;
– sono state ignorate le conclusioni della relazione dei servizi sociali che ritengono irrisolvibile il conflitto tra adulti.
La Corte di Cassazione esamina congiutamente i sopra esposti motivi e li ritiene fondati per le seguenti ragioni:
– alla luce dell’art.8 CEDU lo Stato non deve interferire con la vita familiare degli individui e gli obblighi positivi previsti in tema di rapporti familiari devono in ogni caso rispettare le relazioni individuali;
– i minori non devono essere costretti a conservare un buon rapporto con gli ascendenti se mancano le condizioni per una buona qualità della relazione. L’interesse del minore è sempre superiore;
– i giudici di secondo grado avrebbero dovuto verificare la possibilità di coinvolgere tutti gli adulti della famiglia in un progetto educativo e formativo comune e non limitarsi a segnalare l’assenza di pregiudizio per i minori.
In conclusione la Suprema Corte ribadisce che “non è il minore a doversi offrire per soddisfare il tornaconto degli ascendenti e frequentarli, ove non ci sia pregiudizio, ma l’ascendente, il diritto del quale ex art.317 c.c. vale nei confronti dei terzi ma non dei nipoti il cui interesse è destinato a prevalere, a dover prestarsi a cooperare per la realizzazione del progetto educativo e formativo del minore, se e nella misura in cui questo coinvolgimento possa arricchire il suo patrimonio morale e spirituale, ma anche contribuire all’interesse del discendente”.
Dott.ssa Lucia Massarotti