La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sul tema del mantenimento dei figli maggiorenni da parte dei genitori. In particolare sul limite al contributo economico versato dal padre quando un figlio raggiunge una certa età e non si impegna nella costruzione del suo progetto di vita.
La Suprema Corte, con ordinanza n. 358/2023, afferma che debba essere revocato l’assegno di mantenimento versato dal padre alla figlia quarantenne senza alcuna occupazione lavorativa o formativa.
In particolare gli Ermellini vogliono evidenziare come l’età della figlia non giustifichi un mantenimento senza limiti di tempo, soprattutto in considerazione del fatto che la donna stessa non ha mai messo alcun impegno nella realizzazione di una sua autonomia economica e professionale.
La pronuncia in questione prende le mosse dal seguente caso.
Un padre ricorre all’autorità giudiziaria per chiedere la revoca dell’assegno di mantenimento posto a suo carico a favore della figlia che la Corte d’Appello ha quantificato in € 2.000,00.
Il genitore ha riconosciuto la figlia quando la stessa aveva già trentasei anni. Ha però provveduto a versare somme di denaro anche per il passato.
In particolare il ricorrente espone di aver corrisposto ingenti somme con le quali la figlia ha comperato un immobile al mare, senza mai mettersi alla ricerca di un’occupazione; di aver subito lui stesso un impoverimento dovuto anche al raggiungimento dell’età pensionabile; di essere stato costretto ad utilizzare il ricavato delle vendite di immobili di sua proprietà per garantirsi il sostentamento e di avere altresì a suo carico- oltre all’onere per la figlia- anche il versamento di una somma pari a 100.000,00 euro a favore della moglie separata.
La domanda paterna viene rigettata in primo grado e in appello, viene invece accolta in Cassazione.
La Suprema Corte, nell’accogliere il ricorso, sottolinea come i rilievi del ricorrente colgano nel segno la questione del mantenimento del figlio che ha superato una certa età.
La Cassazione precisa infatti che l’onere economico in capo al genitore “non può essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e misura, poiché il diritto del figlio si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione nel rispetto delle sue inclinazioni, capacità e formazione”.
Dott.ssa Lucia Massarotti