Il drone, il c.d. “occhio elettronico volante” è uno strumento ormai dai molteplici utilizzi: i suoi primi impieghi si riscontrano nel campo militare e sanitario, successivamente però ha trovato spazio in vari settori e per vari scopi, tra questi rilevante è quello investigativo.
È facile comprendere quanto sia indispensabile molte volte la sua funzionalità di ricognizione video e fotografica per “indagare” senza destare troppi sospetti su un determinato territorio o zona.
Per ogni tipo di impiego però si deve fare i conti con il rischio di immortalare persone che non hanno autorizzato al trattamento dei loro dati chi utilizza il drone. In questo caso per “dati” si intendono le immagini di persone che compaiono nelle foto e nei video prodotti dal drone, anche senza la volontà del pilota.
Infatti, ogni fotografia ritraente individui è considerata alla stregua di dati personali ai sensi del GDPR EU 679/2016 e ai sensi del regolamento Enac in vigore dal 2014, relativo ai mezzi aerei a pilotaggio.
È lo stesso regolamento che richiama la normativa europea la quale definisce “trattamento” qualunque operazione o complesso di operazioni che concernono la raccolta, la registrazione, l’utilizzo, la conservazione e distruzione di dati.
Dunque, anche i droni sono sottoposti alla normativa privacy vigente e, nel caso in cui non sia possibile ottenere il consenso di ogni individuo coinvolto, il GDPR consente l’utilizzo delle immagini esclusivamente nei casi in cui le persone raffigurate siano irriconoscibili o si proceda all’oscuramento dei volti.
Inoltre, ai fini investigativi bisogna partire dal presupposto che per l’utilizzo del drone è lecito documentare tutto ciò che risulta visibile ad occhio nudo, così come affermato dalla Corte Costituzionale.
Rimane, pertanto, il divieto di registrare ciò che accade all’interno di un appartamento che non è a piano terra e quindi non facilmente raggiungibile all’occhio umano. Di conseguenza, nonostante questa possibilità potrebbe risultare molto utile ai fini di un’indagine penale, ogni azione che non rispetti il divieto anzidetto comporta una violazione della privacy e una violazione di domicilio.
Nello specifico, in sede penale, tali condotte determinerebbero la violazione dei disposti di cui all’art. 614 e 615 bis (interferenze illecite nella vita privata) del codice penale.
Milena Adani