Il 4 aprile 2022 la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza della Corte di Assise d’Appello di Roma, contro la quale è stato proposto ricorso, condannando gli imputati per l’omicidio preterintenzionale pluriaggravato di Stefano Cucchi, avvenuto nel 2009 dopo essere stato pestato a sangue da due carabinieri della Caserma della compagnia Casilina.
Con il deposito della sentenza, avvenuto in data 9 maggio 2022, è possibile prendere conoscenza delle motivazioni e dei principi di diritto sostenuti dalla Suprema Corte, che ha riconfermato essere il pestaggio la “causa primigenia” del decesso.
Dalle parole della V Sezione penale della Cassazione, che condanna in via definitiva a 12 anni di carcere i due carabinieri, emerge come il nesso causale tra l’azione lesiva imputata e l’evento non si possa considerare affatto interrotto dalla condotta omissiva dei sanitari. I giudici specificano, a ben vedere, che l’omissione può costituire eventualmente “il titolo per l’affermazione della concorrente responsabilità del soggetto inadempiente” ma non determina l’interruzione del nesso eziologico tra il violento pestaggio e il decesso di Stefano Cucchi.
Al contrario, i giudici del Palazzaccio ribadiscono come non sia possibile sostenere che l’evento morte non fosse prevedibile. A loro avviso chiunque, date le modalità in cui la vittima è stata percossa, si sarebbe rappresentato la morte della vittima come possibile.
Sotto questo aspetto, infatti, è stato ribadito dalla Corte che l’elemento soggettivo dell’omicidio preterintenzionale è costituito esclusivamente dal dolo di percosse o lesioni. D’altra parte la prevedibilità dell’evento più grave rientra nell’intenzione del soggetto agente secondo quanto disposto dall’ art. 43 del codice penale.
Milena Adani