Avv. Pasquale Lattari
La giustizia riparativa – vd precedente articolo su questa rivista – guarda gli istituti sostanziali e giudiziali del diritto penale – ma non solo – da punti di vista e da prospettive sin’ora non praticati o dimenticati. E più in generale invita a riflettere sulla giustizia[1] e sui suoi simboli.
La Giustizia – da sempre – è valore di orientamento, di ricerca e di realizzazione, ma anche ideale di speranza ed aspirazione laddove ne venga percepita l’assenza.[2] La Giustizia è esperienza umana fondante la persona e le relazioni personali e sociali.
“La giustizia è la virtù che si esprime nell’impegno di riconoscere e rispettare il diritto di ognuno dandogli ciò che gli spetta secondo la ragione e la legge. Per questo il tema della giustizia è vasto come il mondo: tocca tutti i rapporti interpersonali e anche tutti i problemi della vita collettiva e delle relazioni internazionali.”[3]
La giustizia è quindi fonte e – al contempo – metro di valutazione dei comportamenti umani in rapporto alla propria coscienza ed ai propri principi etici e morali, nelle relazioni tra persone; ed anche dei comportamenti dei governanti verso i cittadini: “Amate la giustizia voi che governate la Terra” è la scritta che compongono le anime dei giusti nel XVIII canto del Paradiso che dà l’avvio al libro biblico della Sapienza (1,1).
La Giustizia è assimilata alla legge ma al contempo se ne distingue diventandone termine di ispirazione, di riferimento e di comparazione: anche le leggi sono valutate giuste o ingiuste.
E l’applicazione della legge da parte dei giudici è ispirata ai valori di Giustizia che la permeano: Giustizia è invocata dalle parti in conflitto o da chi ha subito un’“ingiustizia”, e giusta ed ingiusta viene valutata anche l’opera dei giudici che applicano la legge.
Già i tratti caratteristici – da un lato la concretezza del diritto e delle sentenze e dall’altro l’idealità della giustizia – rendono lo scarto e la diversità ma ne segnano anche la inevitabile contiguità e reciprocità.[4]
E nonostante la fondamentale rilevanza la plurima e variegata significanza ed applicazione, “manca una definizione riconosciuta di ciò che è giusto e di ciò che è ingiusto.
L’intera storia dell’umanità è una lotta per affermare concezioni della giustizia diverse e perfino antitetiche, “vere” solo per coloro che le professano. Per lo più si è venuti a questo: che giusto è ciò che corrisponde alla propria visione della vita in società (la giustizia, si dice, sta necessariamente in una relazione sociale), ingiusto ciò che la contraddice. Così però la giustizia rinuncia alla sua autonomia e si perde negli ideali o nelle ideologie o nelle utopie. Si riduce a un artificio retorico per valorizzare questa o quella visione politica: la giustizia proletaria, la giustizia etnica, o volskisch del nazismo, la giustizia borghese ecc ciascuna presentata come giustizia autentica, alternativa alle altrui contraffazione della giustizia…Dietro l’appello ai valori più elevati ed universali è facile che si celi la più spietata lotta per il potere il più materiale degli interessi. Quanto più puri e sublimi sono quei valori tanto più terribili sono gli eccessi che giustificano”[5] .
Tant’è che il più antico principio di giustizia suindicato del Digesto, attribuito ad Ulpiano unicuique suum a ciascuno il suo “è una scatola vuota ed essendo vuota ognuno di noi la può riempire come gli pare”.[6] : proprio “j_e_d_e_m_ _d_a_s_ _s_e_i_n_e_” _ossia “a_ _c_i_a_s_c_u_n_o_ _i_l_ _s_u_o_” _era la scritta posta sull’ingresso del lager di Buchenwald!!
Ed il potere ed il suo esercizio difettoso o privo di riferimenti morali ed etici arriva a deturpare il volto della giustizia e del diritto!!
La giustizia, pertanto, reca il rischio di strumentalizzazioni, di essere trasformata in ideologia o strumento del potere ed il diritto – da essa staccato – a specchio delle idee dominanti.[7] Quindi pensare la giustizia è esplorare una problematica umana essenziale,[8] vasta quanto il mondo, antica e profonda[9] quanto l’uomo e la sua coscienza. La giustizia è insita in tutte le riflessioni sull’uomo; e nel suo rapporto con il Divino e sul suo vivere sociale. La Giustizia ha infiniti significati e sfaccettature, uno per ciascun ambito d’investigazione a cui hanno contribuito i simboli e le immagini con le quali è stata rappresentata sin dall’antichità. La giustizia nel suo contenuto ideale ha necessità di essere identificata agli occhi umani con simboli ed immagini: “per essere visibile ammirata o temuta ha bisogno di essere rappresentata, resa presente con qualcosa che, colpendo i sensi genera idee.”[10] I simboli sono evocativi ed immaginifici: danno da pensare molto e da agire molto.[11] Ed in particolare a ciascuno il simbolo evoca un’esperienza di giustizia propria in sostanza il significato dato al simbolo è esperienziale ed in ragione della propria esperienza di giustizia. E da sempre l’iconografia ha raffigurato la giustizia con simboli e segni: la Giustizia è raffigurata – per lo più – da una donna con la bilancia, la spada e la benda con la bilancia. E l’approccio, la visione di ciascuno di tali simboli ed immagini è quindi ampia, aperta e – proprio in ragione della posizione e dell’interpretazione esperienziale degli occhi di chi li guarda – ambigua. “Anzi proprio l’ambiguità ne alimenta i significati.”[12] Infatti ciascuno dei simboli si presta ad interpretazioni ambigue se non opposte: l’immagine della giustizia come donna è simbolo di virtù ma anche di corruzione; la bilancia segno ponderazione ed equilibrio al contempo rappresenta anche il suo opposto: la parzialità e faziosità. E la spada immagine della forza e pena per i colpevoli ed al contempo è anche segno di violenza, vendetta e brutalità della giustizia. Ed anche la benda immagine di imparzialità e distacco spesso è interpretata e diviene segno di cecità e casualità…. Ma di questo e di ciascun simbolo nei prossimi articoli.
* Per i riferimenti bibliografici oltre a quelli citati in P.Lattari La giustizia riparativa Una giustizia umanistica e dell’incontro Key editore Milano 2021 vd il recente G Zagrebelsky La giustizia come professione Torino 2021 pg 57
[1] “La giustizia consiste nella costante e perpetua volontà di attribuire a ciascuno il suo diritto. Le regole del diritto sono queste: vivere onestamente (honeste vivere), non recare danno ad altri (alterum non laedere), attribuire a ciascuno il suo (suum cuique tribuere) “Digesto 1.1.10pr “Chi sta per dedicarsi al diritto, in primo luogo occorre che conosca da dove derivi il nome del diritto (ius). Orbene, il diritto è chiamato con tale nome poiché deriva dalla giustizia: infatti, come Celso definisce con eleganza, il diritto è l’arte del buono e dell’equo (ars boni et aequi). Qualcuno, meritatamente, potrebbe chiamarci sacerdoti del diritto: infatti coltiviamo la giustizia e professiamo la conoscenza del buono e dell’equo (bonum et aequum), separando l’equo dall’iniquo, discernendo il lecito dall’illecito, desiderando rendere buoni gli uomini non solo col timore delle pene ma anche con l’esortazione dei premi: aspirando, se non mi sbaglio, alla vera, non ad un’apparente filosofia. Digesto 1.1.1
[2] “Quando non v’è giudice sulla terra, non rimane che l’appello a Dio nel cielo”. Locke, Due trattati sul governo, a cura di L. Pareyson, Utet 2010 pg 243 che richiama la figura di Jefte del libro dei giudizi cap.11.
[3] C. M. Martini sulla Giustizia Milano 1999 pg. 15
[4] Sin dagli albori della civiltà la giustizia è sempre stata distinta dal diritto: sin dalla Grecia dike/giustizia è presso Zeus ed invece il nomos/diritto è presso gli uomini, passando per il pensiero ebraico/cristiano (vd Salmo 84 11-12 …la verità germoglierà sulla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo, Salmo 32 5 Egli ama la giustizia ed il diritto, Matteo 5,1 5,6 se la vs giustizia non supererà quella di scribi e farisei non entrerete nel regno dei cieli; beati coloro che hanno fame e sete della giustizia) giungendo sino ai nostri giorni. E tuttavia il rapporto di contiguità è anche sempre stato presente: “Piuttosto come le acque scorra il diritto e la giustizia come un torrente perenne” (Amos 5,24).
[5] G. Zagrebelsky Le cattedra dei non credenti cit. pg 1160.
[6] G. Zagrebelsky La virtù del dubbio Bari 2007 pg 46.
[7] “Non esistono il bene e il male in sé, ma solamente un calcolo di vantaggi e svantaggi. Lo spostamento della ragione morale ha per conseguenza che il diritto non può riferirsi a una concezione fondamentale di giustizia, ma piuttosto diventa uno specchio delle idee dominanti. Entriamo qui in una degenerazione: un andare “livellando verso il basso” mediante un consenso superficiale e compromissorio. Così, in definitiva, la logica della forza trionfa.” Papa Francesco Fratelli tutti. N 210.
[8] “Su tre cose si regge il mondo: la giustizia, la verità e la pace. Così la Mishnah (avot I,189), che commenta: le tre cose sono in realtà una sola: la giustizia. Infatti, appoggiandosi la giustizia sulla verità segue la pace.” G. Zagrebelsky L’idea di giustizia e l’esperienza di giustizia in C. M. Martini Le Cattedre dei non credenti Milano 2015 pg. 1159.
[9] “ora però facciamo attenzione alle parole perché esse, soprattutto quando sono antiche, racchiudono un messaggio prezioso. Lo riconosceva anche Wittgenstein: “Quanto più una parola è vecchia, tanto più va a fondo”” V Mancuso Il coraggio e la paura Milano 2020 pg. 15.
[10] G Zagrebelsky La giustizia come professione Torino 2021 pg 57
[11] “detto diversamente: a seconda che la si guardi dall’altro del potere che la brandisce o dal basso della debolezza di coloro che la subiscono. Infatti, in generale, i simboli non hanno significato alcuno se non siamo noi a darlo loro. Così facendo, li facciamo nostri e li facciamo vivere. Essi vengono a vivere, dunque la nostra stessa vita e le vite sono tante, così altrettanti sono i significati di questi nostri compagni di viaggio.” G Zagrebelsky La giustizia come professione Torino 2021 pg 59
[12] G Zagrebelsky La giustizia come professione Torino 2021 pg 71