Il Crocifisso nelle aule scolastiche

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Prof. Alessandro Catelani

(Già Ordinario di Istituzioni di Diritto pubblico nell’Università di Siena)

La sentenza della Cassazione S.U. civili del 6 luglio 2021 n. 24414 evidenzia anzitutto l’importanza e il significato delle circolari amministrative. Queste sono atti che all’apparenza, secondo il comune modo di vedere, sono estremamente secondari, mentre la loro importanza pratica e concreta è, si direbbe, direttamente proporzionale alla loro apparente secondarietà. Nel caso di specie, le circolari richiamate venivamo a decidere una questione estremamente complessa e difficile, quale è quella dell’apposizione del crocifisso nelle aule scolastiche. La normativa vigente al riguardo, che – a parte la determinazione legislativa, oltre che a livello costituzionale, di principi astratti – sussiste solo a livello regolamentare, lascia agli organi amministrativi che li interpretano e li devono applicare, la massima libertà di scelta.

Le circolari contengono norme interne, che vincolano unicamente gli organi subordinati dell’amministrazione, ai quali si rivolgono; ma indirettamente incidono sui terzi soggetti, ai quali l’attività amministrativa, compiuta in ottemperanza ai loro precetti, si rivolge. Per questo inevitabile meccanismo, i terzi consociati sono di fatto integralmente vincolati alle loro prescrizioni, anche se si tratta unicamente di atti giuridici estranei al diritto oggettivo statale. La loro importanza, e l’ampiezza dei poteri che spettano all’amministrazione sono dunque, in realtà, grandissimi.

La questione di merito, che le circolari hanno dovuto risolvere, e sulla quale la Cassazione ampiamente si diffonde, non può essere certo risolta in un brevissimo commento auna sentenza. Si possono tuttavia precisare alcuni punti fermi.

Quello dell’apposizione del crocifisso nelle aule scolastiche non è un problema religioso: il diritto si disinteressa di tutto quello che attiene al trascendente, ed ha ad oggetto unicamente il comportamento degli uomini. Il crocifisso viene dunque in considerazione non come simbolo religioso, ma come elemento di identità culturale di un popolo.

L’apposizione del crocifisso non si identifica con il considerare il Cristianesimo come religione di Stato, come imposizione di un credo religioso, ma ha la funzione di simbolo di un’identità culturale.

Quello che è avvenuto nella fattispecie esaminata conferma pienamente tale assunto: gli studenti si sono ribellati alla sua rimozione perché questo contrastava ed era lesivo dei sentimenti più profondi e personali di ciascuno di loro. Quello che veniva spacciato per un atto di libertà era in realtà un atto di violenza e di intolleranza. La laicità dello Stato non deve essere intesa in senso anticristiano. Il crocifisso è parte integrante dell’identità culturale del popolo, e tale identità culturale è costituzionalmente garantita.

Ogni popolo ha diritto ad una propria identità culturale; e si tratta di un diritto inviolabile che viene tutelato a livello internazionale attraverso il riconoscimento del diritto all’autodeterminazione dei popoli.

Quando si fa riferimento a questi argomenti sorge immediatamente la critica basata sul richiamo alle aberrazioni alle quali hanno dato luogo questi ideali sino alla fine della seconda guerra mondiale. Ma le aberrazioni che vi sono state in passato – e per di più in un passato ormai remoto – non hanno nulla a che vedere con il riconoscimento di questo diritto inviolabile. Non si tratta di proclamare la superiorità di una razza sull’altra, o di condurre una guerra, o una politica di oppressione e di violenza. Si tratta unicamente di tutelare, attraverso il riconoscimento dell’autodeterminazione dei popoli, un diritto inviolabile ad una propria identità culturale.

Il giusnaturalismo settecentesco ha fatto pensare ad una tutela indifferenziata dei diritti umani in ogni parte del mondo, così che restasse annullata l’identità culturale di ciascuna nazione. Ma questa impostazione non ha però tenuto conto del fatto che tra i diritti inviolabili della persona vi è anche quello alla tutela di una identità culturale dei popoli, che spetta a ciascuno di essi, e che deve essere salvaguardato, come attualmente avviene, a livello internazionale.

A livello individuale chiunque può dunque eliminare ogni simbolo religioso, o sostituirlo con altri; ma diversa è la situazione quando si tratti di esercitare una funzione pubblica. Nel caso di specie si trattava per di più della funzione educativa, che in quanto tale incide sulla formazione umana e culturale delle nuove generazioni. Da ciò l’importanza di salvaguardare quei valori che la Costituzione fa propri, ponendoli a fondamento della civile convivenza, senza abolirli o sostituirli con altri che attengono all’identità culturale di altre nazioni.

Il diritto inviolabile all’identità culturale del popolo, come qualunque altro di diritto della personalità, deve essere rispettato da tutti i componenti della collettività, come dai soggetti ad essa estranei, in quanto non viene in considerazione in un significato religioso, ma come valore che deve essere accettato da tutti, anche da coloro che fanno professione di ateismo.

La Costituzione ha fatti propri i valori di un umanesimo sia cristiano che laico, che hanno portato al riconoscimento dei diritti umani. II rispetto della vita e della dignità della persona, per qualunque diritto che attenga alle sue manifestazioni, non deve essere messo in discussione da nessuno.

Ognuno deve rispettare i valori etici della popolazione nella quale si trova, perché questi, giova ripeterlo, sono l’elemento distintivo della loro identità culturale; che chiunque, sia che ne faccia parte, sia che sia ad essa estraneo, deve rispettare.

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