Può ravvisarsi una comunione volontaria immobiliare, conseguente ad un accordo delle parti, sia quando più soggetti mettono in comune immobili già di rispettiva proprietà individuale, sia, ad esempio, in caso di comunione a formazione progressiva, allorché, con distinti atti di alienazione, si vendono a più soggetti singole parti di un immobile, obbligando gli acquirenti a lasciare in comune alcune parti residue. In tale ultimo caso, non si riscontra una espressione di volontà degli acquirenti di costituire la comunione, e la stessa comunione non è “causa del contratto”, quanto automatica conseguenza del fatto che l’acquisto del diritto reale su una cosa (atto a causa traslativa) sia stato compiuto da più persone.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, 20 aprile 2021, n. 10370