FATTI DI CAUSA
L’attore [N.d.a.], con atto di citazione notificato il 14 ottobre 2010 all’agente di riscossione Serit Sicilia S.p.A. (ora Riscossione Sicilia S.p.A.), nonché ai Comuni di Milazzo, Barcellona Pozzo di Gotto e Palermo e alle Prefetture di Messina e Reggio Calabria, opponeva, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., il preavviso di fermo amministrativo di beni mobili registrati […] , fondato su sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada, deducendo l’omessa notifica dell’atto e, comunque, la prescrizione dei crediti.
Si costituivano in giudizio l’agente di riscossione, i Comuni di Barcellona P.G. e di Milazzo e la Polizia Municipale di Palermo. Rimanevano invece contumaci il Comune di Palermo e le Prefetture di Messina e Reggio Calabria.
Il Giudice di pace di Patti accoglieva l’opposizione, accertando l’illegittimità del procedimento di fermo amministrativo e annullando, conseguentemente, il relativo preavviso.
La sentenza veniva appellata dalla Serit Sicilia S.p.A. Nel giudizio di appello si costituivano […] e i Comuni di Milazzo e Barcellona P.G. Nessuna attività difensiva veniva svolta dal Comune di Palermo e dalle Prefetture di Messina e Reggio Calabria.
Il Tribunale di Patti, in funzione di giudice d’appello, rigettava il gravame e condannava l’appellante alla refusione delle spese.
La decisione è stata fatta oggetto di ricorso per cassazione da parte della Riscossione Sicilia S.p.A. (già Serit Sicilia S.p.A.), per cinque motivi. La sentenza è stata impugnata in via incidentale, con unico ricorso e un solo motivo, dall’Avvocatura dello Stato, quale difensore ex lege del Ministero dell’Interno e delle sue articolazioni territoriali costituite dalle Prefetture di Messina e Reggio Calabria. Hanno resistito con controricorso […] e il Comune di Barcellona P.G. Nessuna attività difensiva è stata svolta in questa sede dagli ulteriori intimati.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va esaminato giacché anzitutto il ricorso incidentale, giacché l’accoglimento del motivo ivi dedotto determinerebbe la nullità delle sentenze di entrambi i gradi del giudizio di merito, con conseguente assorbimento delle censure proposte in via principale avverso la sentenza d’appello.
In particolare, con l’unico motivo in cui si articola il ricorso incidentale, il Ministero dell’Interno e le Prefetture di Messina e Reggio Calabria lamentano la nullità della notificazione dell’atto di citazione introduttivo del giudizio, nonché del successivo atto di appello, poiché questi sono stati entrambi notificati direttamente presso le amministrazioni periferiche e non invece presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato, presso cui dette amministrazioni sono domiciliate ex lege, ai sensi dell’art. 144 c.p.c. Solamente il ricorso per cassazione è stato invece notificato al Ministero dell’Interno presso l’Avvocatura dello Stato, oltre che alle due prefetture.
Il motivo è fondato e deve essere accolto.
L’esame della censura deve prendere le mosse dalla qualificazione della natura dell’opposizione proposta dall’interessato [N.d.a.] che, secondo quanto ricostruito dal Tribunale con statuizione non impugnata sul punto, ha ad oggetto un preavviso di fermo amministrativo. Tale natura dipende, a sua volta, da quella che si voglia attribuire all’atto opposto.
In proposito occorre richiamare quanto ritenuto dalle Sez. Un. che, componendo il contrasto sorto in sede di regolamento di competenza, hanno concluso nel senso che il fermo amministrativo di beni mobili registrati ha natura non di atto di espropriazione forzata, bensì di misura puramente afflittiva, volta ad indurre il debitore all’adempimento; con la conseguenza che la sua impugnativa, sostanziandosi in un’azione di accertamento negativo della pretesa creditoria, segue le regole generali del rito ordinario di cognizione in tema di riparto della competenza per materia e per valore (Sez. U, Ordinanza n. 15354 del 22/07/2015, Rv. 635989).
In particolare, le Sez. Un. Hanno puntualizzato che il fermo amministrativo “deve ritenersi impugnabile secondo le regole del rito ordinario di cognizione e nel rispetto delle norme generali in tema di riparto di competenza per materia e per valore, configurandosi, la corrispondente iniziativa giudiziaria, come un’azione di accertamento negativo della pretesa dell’esattore di eseguire il fermo, in cui al giudice adito sarà devoluta la cognizione sia della misura che del merito della pretesa creditoria”.
Recentemente, sempre in sede di regolamento di competenza, le Sez. Un. Sez. Un., sono tornate ad occuparsi della materia, affermando che l’impugnativa del preavviso di fermo, in quanto azione di accertamento negativo, è soggetta agli stessi criteri di competenza che valgono per l’opposizione a verbale di accertamento e per l’opposizione ad ordinanza-ingiunzione (Sez. U, Sentenza n. 10261 del 27/04/2018, Rv. 648267).
Per quanto riguarda il caso in esame, è importante sottolineare che pure in questa occasione, in continuità con la pronuncia precedente, le Sez. Un. Hanno ribadito che il preavviso di fermo amministrativo è “impugnabile secondo le regole del rito ordinario di cognizione”, trattandosi di un’azione di accertamento negativo, la cui natura “resta ferma, pertanto, sia che l’accertamento si estenda al merito della pretesa creditoria, sia che riguardi l’esistenza del diritto dell’agente di procedere alla iscrizione, sia che si contesti l’iscrizione di fermo dal punto di vista della regolarità formale dell’atto” (conclusioni affermate in ordine sia all’opposizione a fermo amministrativo, sia all’opposizione al preavviso di iscrizione ipotecaria).
Sebbene i due precedenti siano stati pronunciati nell’ambito di ricorsi per la regolazione della competenza, il principio affermato in ordine alla qualificazione della natura del giudizio di impugnazione del preavviso di fermo amministrativo è stato declinato in termini talmente ampi da avere ricadute non solo sull’individuazione del giudice competente, ma anche sul piano della disciplina generale dell’azione e, quindi, della legittimazione e della rappresentanza processuali.
Si tratta, peraltro, di principio non più contrastato nei successivi arresti della giurisprudenza di questa Corte (v. Sez. 6 3, Ordinanza n. 15143 del 22/07/2016, Rv. 641695; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 23564 del 18/11/2016, Rv. 641677).
Anzi, la Corte di cassazione si è spinta oltre e — in relazione all’impugnazione tanto dell’ipoteca iscritta ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, quanto del fermo di beni mobili registrati di cui al successivo art. 86 — richiamando i principi sopra illustrati (nonché quello posto da Sez. U, Sentenza n. 19667 del 18/09/2014, Rv. 632587, in tema di ipoteca iscritta dall’agente di riscossione), ha tratto il corollario che né l’una, né l’altro vanno contestati con i rimedi delle opposizioni esecutive, sicché all’iniziativa giudiziaria si applicano tutte le regole del processo ordinario di cognizione riferibili ad un’azione di accertamento negativo (Sez. 3, Sentenza n. 24234 del 27/11/2015, Rv. 637764).
Quest’ultima decisione, a differenza delle altre già citate, si pone oltre l’ambito specifico del regolamento di competenza ed affronta, sulle basi delle riferite premesse, il problema dell’appellabilità della sentenza pronunciata in esito al giudizio di accertamento negativo: la non riconducibilità dell’azione alla fattispecie di cui all’art. 617 c.p.c., neppure quando con la stessa si contesta la regolarità formale dell’atto impugnato, esclude l’applicabilità del regime processuale speciale dell’inappellabilità dettato dall’art. 618 c.p.c., commi 2 e 3, per i giudizi di opposizione agli atti esecutivi.
La questione che viene ora in rilievo ha consistenza diversa da quelle finora affrontate da questa Corte.
Qui non si pone un problema di competenza, né di appellabilità della sentenza. Il punto controverso è se l’atto introduttivo del giudizio (erroneamente intestato come opposizione all’esecuzione, ma contenente, nella sostanza, una domanda di accertamento negativo) potesse essere notificato agli uffici di prefettura di Messina e Reggio Calabria o dovesse essere notificato, in osservanza di quanto disposto dall’art. 144 c.p.c., alla competente Avvocatura distrettuale dello Stato.
Va ricordato che l’art. 144 c.p.c. va integrato con il R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11, comma 1, come modificato dalla L. 25 marzo 1958, n. 260, art. 1, che così dispone: “tutte le citazioni, i ricorsi e qualsiasi atto di opposizione giudiziale, devono essere notificati alle Amministrazioni dello Stato presso l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l’autorità giudiziaria dinanzi alla quale è portata la causa, nella persona del Ministro competente”; il successivo secondo comma aggiunge: “ogni altro atto giudiziale e le sentenze devono essere notificati presso l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l’autorità giudiziaria presso cui pende la causa o che ha pronunciato la sentenza”.
Questa Corte ha osservato che le disposizioni in commento utilizzano espressioni di contenuto inequivoco, tali da far intendere che nelle ipotesi ivi considerate la notificazione presso l’Avvocatura dello Stato è la sola praticabile (Sez. I, Sentenza n. 7315 del 16 aprile 2004, Rv. 572138). Sicché alla stessa è possibile sottrarsi solo nelle ipotesi particolari in cui il legislatore ha inteso espressamente derogare alla regola generale posta dal R.D. n. 1611 del 1933, art. 11. Soltanto in tali evenienze, pertanto, troverà applicazione la previsione sussidiaria contenuta nell’art. 144 c.c., comma 2, che contempla le modalità di notificazione dell’atto direttamente all’amministrazione destinataria.
Conseguentemente è stato affermato che la notificazione dell’atto introduttivo di un giudizio eseguita direttamente all’Amministrazione dello Stato e non presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato, nei casi nei quali non vi è deroga alla regola di cui al R.D. n. 1611 del 1933, art. 11, non può ritenersi affetta da mera irregolarità, ma, secondo quanto espressamente previsto da tale disposizione, da nullità, ma non anche da inesistenza. Essa è quindi suscettibile di rinnovazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c., ovvero di sanatoria, qualora l’Amministrazione si costituisca (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 21574 del 2017, non massimata).
Un’eccezione alla regola generale dell’obbligo di difesa — ed alla conseguente domiciliazione ex lege — delle amministrazioni statali riservata all’Avvocatura dello Stato è rinvenibile nel giudizio di opposizione a ordinanza-ingiunzione e a sanzione amministrativa già regolato dalla L. 24 novembre 1981, n. 68. 9, artt. 22 ss., e ora regolamentato dal D.Lgs. 1º settembre 2011, n. 150, artt. 6 e 7.
In particolare, il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, commi 8 e 9, stabilisce che il decreto di fissazione dell’udienza di comparizione delle parti deve essere notificato dalla cancelleria, unitamente al ricorso introduttivo, all’opponente ed all’autorità che ha emesso l’ordinanza impugnata, e che tali parti possono stare in giudizio personalmente, potendo l’autorità opposta avvalersi di funzionari appositamente delegati allorquando detta autorità sia un’amministrazione dello Stato. Ciò comporta, quindi, una deroga al R.D. n. 1611 del 1933, art. 11, comma 1, sull’obbligatorietà della notificazione all’Avvocatura dello Stato degli atti introduttivi di un giudizio contro le amministrazioni erariali; inoltre, allorquando l’autorità opposta sia rimasta contumace ovvero si sia costituita personalmente (o tramite funzionario delegato), è derogato anche il secondo comma del suddetto art. 11, che prevede la notificazione degli altri atti giudiziari e delle sentenze presso la stessa Avvocatura (Sez. U, Sentenza n. 599 del 24/08/1999, Rv. 529423; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 25080 del 07/11/2013, Rv. 628694; Sez. 2, Sentenza n. 14279 del 19/06/2007, Rv. 597909).
Tali deroghe, tuttavia, non possono trovare applicazione nel caso in esame.
Infatti, poiché l’azione dell’impugnazione del preavviso di fermo deve essere qualificata come azione di accertamento negativo, e non già quale opposizione ad ordinanza-ingiunzione, la stessa non è inquadrabile nell’alveo del D.Lgs. n. 150 del 2011, artt. 6 e 7. Poiché la deroga al R.D. n. 1611 del 1933, art. 11, comma 1, è prevista dalla legge solamente per tale specie di giudizi oppositivi, l’impugnazione del preavviso di fermo amministrativo, per qualsiasi ragione sia stata proposta, resta soggetta alla regola generale di cui all’art. 144 c.p.c., comma 1.
Del resto, come si è già detto, il dubbio su cui ha dibattuto questa Corte — poi definitivamente risolto dagli arresti delle Sez. Un., sopra citati, sopravvenuti durante la pendenza dei gradi di merito — riguardava l’alternativa fra la domanda di accertamento negativo e l’opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi. L’eventualità che l’opposizione al preavviso di fermo amministrativo potesse essere ricondotta nell’alveo dei giudizi oppositivi regolati dal D.Lgs. n. 150 del 2011, artt. 6 e 7 non è stata mai sostenuta da nessuno, né gli attuali scritti difensivi offrono alcuno spunto per pervenire a tale diversa conclusione. Pertanto, quand’anche si fosse invece optato per la qualificazione della domanda come di opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi, ciò non avrebbe avuto alcuna ricaduta diretta sulla questione del patrocinio e della domiciliazione obbligatoria dell’amministrazione statale presso l’Avvocatura dello Stato, incidendo semmai sul profilo dell’ammissibilità dell’appello.
In conclusione, va affermato il seguente principio di diritto:
“l’impugnazione del preavviso di fermo amministrativo previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 86, avendo natura di ordinaria azione di accertamento negativo della pretesa creditoria, segue le regole generali del rito ordinario di cognizione, con la conseguenza che ad essa è applicabile la previsione di cui al combinato disposto dell’art. 144 c.p.c., comma 1, e del R.D. n. 1611 del 1933, art. 11, comma 1, in forza del quale l’atto introduttivo del giudizio nei confronti di un’amministrazione dello Stato deve essere notificato presso l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l’autorità giudiziaria competente, con esclusione della deroga prevista dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, comma 9, e art. 7, comma 8, valevole solamente per i giudizi di opposizione ad ordinanza-ingiunzione e di opposizione al verbale di accertamento di violazione del codice della strada”.
In applicazione di tale principio, nel caso in esame si ha che la notificazione dell’atto di citazione nei confronti del Ministero dell’interno è nulla. La stessa, infatti, è stata effettuata presso le articolazioni territoriali delle Prefetture di Messina e Reggio Calabria, in un caso diverso da quelli previsti dal D.Lgs. n. 150 del 2011, artt. 6 e 7.
In particolare, nel giudizio di impugnazione del preavviso di fermo amministrativo il prefetto non può stare in giudizio personalmente o tramite funzionario delegato, essendo tale facoltà ristretta alle sole ipotesi testé menzionate. Conseguentemente, il soggetto legittimato passivo doveva essere individuato nel Ministero dell’interno (e non nella singola prefettura, che di tale Ministero costituisce una semplice articolazione territoriale) e la notificazione dell’atto di citazione doveva essere effettuata presso le Avvocature distrettuali dello Stato di Messina e Reggio Calabria.
L’amministrazione non si è costituita e non ha sanato il vizio, né la notificazione è stata mai ritualmente rinnovata. Consegue che la sentenza impugnata deve essere cassata.
Essendo stata riscontrata la sussistenza di una nullità del giudizio di primo grado per la quale il giudice d’appello avrebbe dovuto rimettere le parti al primo giudice, la causa deve essere rinviata, ai sensi dell’art. 383 c.p.c., comma 3, al Giudice di pace di Patti, che provvederà anche sulle spese dell’intero giudizio, compreso quello di legittimità. Ovviamente, nel prosieguo del giudizio gli atti dovranno essere notificati nell’osservanza del principio di diritto dapprima illustrato.
Tale esito determina l’assorbimento del ricorso principale, contenente censure nei confronti della sola sentenza di appello.
P.Q.M.
accoglie il ricorso incidentale nei termini di cui in motivazione, assorbito quello principale; cassa la sentenza impugnata; dichiara la nullità della sentenza di primo grado e rinvia la causa al Giudice di pace di Patti, cui demanda di provvedere sulle spese dell’intero giudizio, compreso quello di legittimità.
[Omissis].