Premessa – Se avvocato e cliente hanno trovato un accordo sull’ammontare dei compensi dovuti per l’attività professionale svolta, nessun problema: si applica l’accordo (se redatto per iscritto). Se no, il compenso dovuto all’avvocato si determina in base ai cc.dd. “parametri” e alle cc.dd. “tabelle” che periodicamente il Ministero della Giustizia pubblica (con decreto).
Detto in estrema sintesi, la cosa funziona così: si distinguono i vari tipi di procedura (metti, processi ordinari e sommari, procedure esecutive….). Ogni procedura viene suddivisa in “fasi”: ad esempio, la procedura relativa ai “giudizi ordinari e sommari” viene suddivisa in: “1-Fase di studio della controversia” “2- Fase introduttiva del giudizio” “3- Fase istruttoria e/o di trattazione” “4- Fase decisionale”.
Poi, per ogni “fase”, le “tabelle” stabiliscono il massimo e il minimo (di compenso dovuto all’avvocato) in relazione al valore della causa; e i “parametri” danno i criteri (numero e difficoltà delle questioni trattate, condizioni soggettive del cliente, risultato ottenuto….) in base a cui tra tale “minimo” e “massimo” va determinato il “compenso”.
Di seguito un esempio di “nota spese”.