ESPOSIZIONE DEL FATTO
- 1. Il Tribunale di Grosseto, su istanza di […], emetteva il decreto ingiuntivo n. 93/2005 nei confronti della […] a.s. per l’importo di euro 40.000,00, come penale prevista nel contratto di appalto stipulato tra le parti per il ritardo nella consegna delle opere di ristrutturazione di un fabbricato, oggetto del suddetto contratto.
L’atto di opposizione al decreto ingiuntivo della società […] era notificato dall’Ufficiale giudiziario assegnato all’UNEP presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere anziché da quello dell’UNEP presso il Tribunale di Grosseto nel cui circondario risiedeva la destinataria della notifica.
Nella contumacia di quest’ultima — originaria ricorrente — il Tribunale di Grosseto accoglieva l’opposizione e revocava il decreto ingiuntivo per ragioni attinenti al merito della controversia.
- 2. La […] appellava la sentenza, mentre la […] ne chiedeva la conferma.
- 3. La Corte d’appello di Firenze, con sentenza depositata il 4 novembre 2013, ha rigettato il gravame.
- 4. Per quanto riguarda il motivo di appello con il quale si prospettava la nullità della notificazione della citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, in quanto eseguita da un ufficiale giudiziario diverso da quello territorialmente competente ex lege, la Corte d’appello ha precisato quanto segue:
- la costante giurisprudenza di legittimità ritiene che sia affetta da nullità relativa — sanabile per effetto della costituzione in giudizio del destinatario — la notificazione eseguita dall’ufficiale giudiziario extra districtum;
- invece, la giurisprudenza amministrativa configura tale ipotesi come una mera irregolarità della notificazione;
- andando in contrario avviso rispetto alla suddetta consolidata giurisprudenza di legittimità deve rilevarsi che:
1) le cause di nullità processuali sono soltanto quelle previste dalla legge (art. 156 c.p.c.);
2) l’art. 160 c.p.c. non annovera fra le cause di nullità della notifica quella in oggetto;
3) per la violazione D.P.R. n. 1229 del 1959, artt. 106 e 107 che disciplinano il riparto territoriale dell’attività degli ufficiali giudiziari non è prevista la nullità della notificazione;
4) tali disposizioni, infatti, sono dettate per organizzare il funzionamento degli uffici, sicché la loro violazione potrebbe al più comportare conseguenze disciplinari o di responsabilità civile per il notificante, ma non conseguenze sul processo;
5) nel caso di specie, comunque, essendosi la notificazione realizzata a mezzo posta, è stato l’agente postale a certificare la consegna del plico, con atto che potrebbe ben essere considerato valido a prescindere da quello, meramente preparatorio, dell’ufficiale giudiziario territorialmente incompetente che ne ha solo richiesto l’invio;
6) comunque, anche a voler ritenere l’incompetenza dell’ufficiale giudiziario produttiva, per derivazione, della nullità della notificazione, la sanatoria per raggiungimento dello scopo si dovrebbe considerare avvenuta per effetto della consegna (seguita indifferentemente dalla costituzione in giudizio o dalla contumacia) e non per effetto della sola costituzione in giudizio (come invece ritenuto dalla suddetta giurisprudenza di legittimità consolidata) e, nella specie, la […] —pur se rimasta contumace in primo grado —non ha mai contestato di aver ricevuto l’atto di opposizione.
- 5. Nel merito la Corte d’appello ha confermato la decisione del primo giudice secondo cui il mancato completamento dei lavori da parte dell’appaltatore era dipeso dall’inadempimento della committente all’obbligo di corrispondere il prezzo secondo i previsti stati di avanzamento, non essendo stata la prova documentale […] ritenuta idonea a scalfire tale statuizione, in quanto dai documenti prodotti sono risultati come effettuati pagamenti per un importo complessivo inferiore di circa settantamila euro rispetto a quello che la committente stessa ha indicato come corrispettivo che si era impegnata a pagare per le opere effettivamente eseguite dalla società appaltatrice.
- 6. Il ricorso […] domanda la cassazione della sentenza per tre motivi; la […] a.s. resta intimata.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione di legge e nullità della sentenza, in ordine alla ritenuta validità della notificazione dell’atto di citazione in opposizione quantunque effettuata dall’ufficiale giudiziario assegnato presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, anziché da quello presso il Tribunale di Grosseto nel cui circondario risiedeva la parte destinataria, aggiungendo che pertanto la notifica avrebbe dovuto essere considerata affetta da nullità sanabile solo per effetto della propria costituzione in giudizio o della relativa rinnovazione disposta dal giudice di primo grado. Poiché, nella specie, nessuna di tali due evenienze si è verificata, tale nullità non sarebbe stata sanata, con conseguente nullità della sentenza d’appello per omesso rilievo del suddetto vizio della notifica e invalidità derivata dell’intero giudizio di opposizione.
- 7. In vista dell’adunanza camerale fissata per la definizione del ricorso dinanzi alla Seconda Sezione Civile l’Avvocato Generale, nelle sue conclusioni scritte, dopo aver rilevato l’inammissibilità del secondo e del terzo motivo di ricorso perché riguardanti questioni di fatto, ha sottolineato la “plausibilità” degli argomenti consapevolmente innovativi rispetto ai consolidati approdi interpretativi della giurisprudenza di legittimità — prospettati dalla Corte d’appello di Firenze in riferimento alla questione proposta con il primo motivo —ed ha chiesto che venisse disposta la trasmissione degli atti al Primo Presidente, ai sensi dell’art. 374 c.p.c., comma 2.
- 8. La […], in prossimità della suddetta adunanza camerale, ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis p.c., nella quale, con riguardo al primo motivo, ha dichiarato di essere “remissiva sulle richieste del Procuratore Generale” e quindi di rimettersi sul punto al giudizio della Corte, mentre ha insistito per l’accoglimento degli altri due motivi.
- 9. La Seconda Sezione Civile, accogliendo le conclusioni dell’Avvocato Generale, con ordinanza interlocutoria 8 gennaio 2018, n. 179, ha rimesso gli atti al Primo Presidente della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 374 c.p.c., comma 2, sulle questioni — in parte evidenziate dalla Corte d’appello di Firenze —che si pongono con riguardo alla determinazione delle conseguenze del mancato rispetto da parte dell’Ufficiale giudiziario nella notificazione degli atti in materia civile delle norme che definiscono, anche con riferimento alle notifiche a mezzo posta, i criteri di ripartizione territoriale per l’esecuzione delle suddette notifiche tra i vari uffici cui sono addetti gli ufficiali giudiziari.
Le suindicate questioni nell’ordinanza di rimessione sono state qualificate come “di massima di particolare importanza”, sia per l’impatto rilevante sul contenzioso civile di qualsiasi tipo, sia in considerazione del coordinamento della relativa soluzione con la recente sentenza di queste Sezioni Unite 20 luglio 2016, n. 14916.
- 10. Il ricorso è stato quindi assegnato dal Primo Presidente a queste Sezioni Unite ed è stata acquisita la relazione dell’Ufficio del Massimario.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I – Sintesi delle censure.
- 1. Il ricorso è articolato in tre motivi.
1.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia — in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, — violazione e falsa applicazione dell’art. 156 c.p.c., commi 1 e 3, e art. 159 c.p.c. nonchè del D.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229, artt. 106 e 107, contestando la statuizione della Corte d’appello con la quale — in deliberato contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità — è stato respinto il proprio motivo di gravame volto ad ottenere la dichiarazione di nullità della sentenza di primo grado, per essere stata la notificazione dell’atto di citazione in opposizione effettuata da un ufficiale giudiziario “territorialmente incompetente” ad eseguirla — cioè dall’ufficiale giudiziario assegnato all’UNEP presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere antiche da quello dell’UNEP presso il Tribunale di Grosseto nel cui circondario risiedeva la parte destinataria — senza che tale nullità sia stata, nella specie, sanata visto che la […] nel giudizio di primo grado non si è costituita (ma è rimasta contumace) e neppure il Tribunale ha disposto la rinnovazione della notifica stessa. Pertanto, ad avviso della ricorrente, la corretta applicazione delle norme invocate dovrebbe portare alla nullità della sentenza d’appello per omesso rilievo del suddetto vizio della notifica, con invalidità derivata dell’intero giudizio di opposizione.
1.2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia — in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, —violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e 2697 c.c., sostenendo che la sentenza impugnata sarebbe stata emessa in violazione dei criteri di ripartizione dell’onere probatorio, secondo cui laddove si discute di contratti a prestazioni corrispettive il giudice del merito, a fronte di dedotte inadempienze reciproche delle parti, deve effettuare una comparazione del comportamento dei due contraenti onde stabilire quale sia la parte che, con il proprio comportamento, si sia resa responsabile delle violazioni maggiormente rilevanti e quindi debba considerarsi l’unica cui vada addebitato l’inadempimento. Si afferma che, nella specie, tale comparazione non sarebbe stata fatta, avendo la Corte d’appello dato rilievo alla mancata correttezza della […] nel pagamento del corrispettivo pattuito per gli stati di avanzamento dei lavori, senza verificare se la società appaltatrice [N.d.a.] aveva realizzato tutte le opere previste nel contratto e se le aveva consegnate entro la data stabilita.
1.3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia — in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, — omesso esame di una serie di documenti prodotti in giudizio che la Corte d’appello non avrebbe esaminato e che avrebbero dimostrato l’inadempimento della società appaltatrice [N.d.a.] rispetto agli obblighi contrattuali riguardanti il completamento delle opere appaltate e la riconsegna del cantiere. Si aggiunge che, in mancanza della prova delle opere realizzate e della loro puntuale consegna, la Corte territoriale non avrebbe neppure potuto affermare la sussistenza dell’inadempimento della […].
II – Esame delle censure.
L’esame delle censure porta al rigetto del primo motivo e alla dichiarazione di inammissibilità degli altri due motivi, per le ragioni di seguito esposte.
Secondo quanto rilevato dalla Seconda Sezione Civile nell’ordinanza interlocutoria 8 gennaio 2018, n. 179, lo scrutinio del primo motivo di ricorso comporta la soluzione di alcune questioni di massima di particolare importanza concernenti la determinazione degli effetti della notificazione eseguita —nella specie a mezzo posta — dall’ufficiale giudiziario senza rispettare i criteri di riparto territoriale stabiliti dal D.P.R. n. 1229 del 1959, artt. 106 e 107.
In particolare, la Seconda Sezione ha chiesto di stabilire, anche tenendo conto della recente sentenza di queste Sezioni Unite 20 luglio 2016, n. 14916:
- a) se una simile notifica possa dare luogo ad una semplice irregolarità, come affermato da tempo dalla giurisprudenza amministrativa;
- b) se, comunque, anche a voler considerare l’incompetenza dell’ufficiale giudiziario produttiva, per derivazione, di nullità della notificazione, la sanatoria per raggiungimento dello scopo si possa considerare avvenuta per effetto della consegna dell’atto cui segua indifferentemente la costituzione in giudizio o la contumacia — e non per effetto della sola costituzione in giudizio.
Per una migliore comprensione della soluzione data a tali questioni si ritiene opportuno effettuare una sintetica ricostruzione del quadro normativo e giurisprudenziale in materia.
Gli ufficiali giudiziari (al pari degli aiutanti ufficiali giudiziari e dei coadiutori degli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti) sono assegnati agli Uffici notificazioni, esecuzioni e protesti (UNEP), istituiti in (vedi R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 3, nel testo vigente e D.P.R. n. 1229 del 1959, art. 101, comma 1).
In base allo stesso D.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229, art. 106, comma 1, (Ordinamento degli ufficiali giudiziari e degli aiutanti ufficiali giudiziari): “l’ufficiale giudiziario compie con attribuzione esclusiva gli atti del proprio ministero nell’ambito del mandamento ove ha sede l’ufficio al quale è addetto, salvo quanto disposto dal comma 2 dell’articolo seguente”.
Il successivo art. 107 — dopo avere, al comma 1, stabilito che per la notificazione degli atti in materia civile ed amministrativa da eseguire fuori del Comune ove ha sede l’ufficio, l’ufficiale giudiziario deve avvalersi del servizio postale, a meno che la parte chieda che la notificazione sia eseguita di persona — al secondo comma prescrive che “tutti gli ufficiali giudiziari possono eseguire, a mezzo del servizio postale, senza limitazioni territoriali, la notificazione degli atti relativi ad affari di competenza delle autorità giudiziarie della sede alla quale sono addetti”, oltre che del verbale di cui all’art. 492-bis c.p.c. (sulla ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare) e degli atti stragiudiziali.
D’altra parte, l’art. 156 c.p.c. sancisce il principio del generale di tassatività delle nullità degli atti del processo, stabilendo che esse devono essere previste dalla legge e aggiungendo che tale principio è derogabile (nel senso che la nullità può essere in ogni caso pronunciata) soltanto nell’ipotesi in cui l’atto sia privo dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo, mentre reciprocamente la nullità non può essere pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato.
Per il successivo art. 160 c.p.c. la notificazione è nulla se non sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia oppure se vi è incertezza assoluta sulla persona a cui è fatta o sulla data, salva l’applicazione del citato art. 156, oltre che dell’art. 157 (che qui non interessa).
Le questioni evidenziate dall’ordinanza di rimessione sono scaturite principalmente dall’interpretazione del combinato disposto delle suindicate norme che ha dato luogo a orientamenti differenti —rispettivamente della giurisprudenza di questa Corte e di quella del Consiglio di Stato — circa gli effetti della notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario al di fuori dall’ambito territoriale di pertinenza dell’UNEP al quale è assegnato.
2.1. In particolare, la Corte di cassazione, in un risalente orientamento, configurò la suddetta fattispecie come mera irregolarità della notificazione, sanabile con la comparizione in giudizio del destinatario (vedi, per tutte: Cass. 5 gennaio 1945, n. 2), considerando la competenza dell’ufficiale giudiziario come di tipo amministrativo e non giurisdizionale.
Tale orientamento venne criticato da autorevole dottrina che sostenne che tra le nullità della notificazione di cui all’art. 160 c.p.c. e l’inesistenza della notificazione avrebbe dovuto essere contemplata la suddetta ipotesi da considerare come una vera e propria nullità — dimenticata dal legislatore — attinente ad un presupposto essenziale dell’atto di notificazione e che quindi determina un vizio logicamente precedente rispetto a quelli previsti nell’art. 160 cit., come tale riconducibile alla disciplina dettata dall’art. 156 c.p.c. ma sanabile dalla comparizione in giudizio del destinatario.
9.1.1. Nel corso del tempo nella giurisprudenza di legittimità si è quindi consolidato un indirizzo sostanzialmente conforme a tale dottrina, in base al quale la notificazione effettuata da un ufficiale giudiziario extra districtum non si considera affetta da nullità assoluta, ma soltanto da nullità relativa sanabile, con effetto ex tunc, qualora l’atto abbia raggiunto il suo scopo, rappresentato dalla costituzione del destinatario in giudizio (e non dalla mera consegna dell’atto), dovendo in caso contrario il giudice disporre la rinnovazione della notifica ai sensi dell’art. 291 c.p.c. (ex plurimis: Cass. 24 luglio 1964, n. 2000; Cass. 12 agosto 1982, n. 9569; Cass. 11 febbraio 1995, n. 1544 e di recente Cass. 6 luglio 2006, n. 15372; Cass. 6 giugno 2013, n. 14355; Cass. 21 agosto 2013, n. 19352; Cass. 19 settembre 2014, n. 19834; Cass. 29 ottobre 2014, n. 22995), con l’ulteriore precisazione che la sanatoria ex tunc per effetto della costituzione dell’intimato si produce anche quando la parte dichiari che tale costituzione è avvenuta al solo fine di denunciare l’invalidità della notificazione (ex plurimis, Cass. 15 gennaio 2003, n. 477; Cass. 23 agosto 2004, n. 16591).
9.1.2. Nella medesima ottica — e quindi sempre riaffermando anche il suddetto regime di sanabilità della nullità — per effetto di alcuni interventi di queste Sezioni Unite, si è anche precisato che:
- a) la nullità della notificazione della sentenza eseguita da ufficiale giudiziario territorialmente incompetente preclude il decorso del termine breve di impugnazione (Cass. SU 12 febbraio 1999, n. 51), dovendosi escludere la sua sanatoria per raggiungimento dello scopo derivante dall’impugnazione della sentenza, la quale ha carattere autonomo rispetto alla notificazione della sentenza stessa, senza presupporla necessariamente come avvenuta in una data precisa e, quindi, senza realizzare lo scopo dell’utile decorrenza del termine per impugnare (ex multis: Cass. 18 dicembre 2003, n. 17430);
- b) la legge 20 novembre 1982, n. 890 ha attribuito all’ufficiale giudiziario la facoltà di utilizzare, in linea generale, la notificazione degli atti a mezzo posta, senza nulla immutare quanto alla sua competenza territoriale. Conseguentemente l’ufficiale giudiziario, a norma del D.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229, art. 106 e 107, anche in ipotesi di utilizzazione del servizio postale, può notificare atti del proprio ministero a persone residenti, dimoranti o domiciliate all’interno dell’ambito territoriale dell’ufficio al quale è addetto, mentre può eseguire notificazioni al di fuori di tale ambito soltanto se concernono atti relativi a procedimenti che siano o possano essere di competenza dell’autorità giudiziaria della sede di appartenenza (Cass. SU 23 marzo 2005, n. 6271 e fra le tante: Cass. 11 febbraio 1995, n. 1544; Cass. 11 novembre 1997, n. 11210; Cass. 6 giugno 2013, n. 14355);
- c) la notificazione del ricorso per cassazione costituisce, a norma del D.P.R. n. 1229 del 1959, art. 107, un atto di competenza promiscua, perchè la stessa riguarda non solo la città di Roma dove il processo deve essere trattato, ma anche il luogo nel quale la sentenza impugnata è stata pronunciata e il ricorso deve essere notificato; ne consegue che l’incombenza può essere svolta anche dall’ufficiale giudiziario del luogo dove la sentenza impugnata è stata emessa (Cass. SU 4 ottobre 1996, n. 8683; Cass. SU 9 agosto 2001, n. 10969 e fra le molte conformi: Cass. 15 gennaio 2013, n. 812). E la stessa regola si applica anche alla notifica del controricorso e dell’eventuale ricorso incidentale (tra le tante: Cass. 15 febbraio 2007, n. 3455.
9.1.3. Sono stati anche affermati i seguenti principi:
- l’incompetenza dell’ufficiale giudiziario notificante è causa di una nullità, non dell’atto, ma della sua notificazione che è suscettibile di sanatoria esclusivamente per effetto della costituzione del destinatario, in quanto questo è l’atto del processo cui la notificazione stessa è strumentale e non trova, quindi, equipollenti nella semplice certezza dell’avvenuta ricezione che è, di per sé, circostanza estranea al processo medesimo (Cass. 29 marzo 1994, n. 3039; Cass. 17 settembre 1992, n. 10647; Cass. 11 dicembre 1987, n. 9165);
- per il combinato disposto del D.P.R. n. 1229 del 1959, art. 106 e art. 107, comma 2, la potestà notificatoria è attribuita sia all’ufficiale giudiziario del luogo in cui essa deve essere eseguita sia a quello addetto all’autorità giudiziaria competente a conoscere della causa cui attiene la notificazione, il quale ultimo può operare anche fuori dalla circoscrizione territoriale, ma solo a mezzo del servizio postale. Pertanto, è nulla la notificazione effettuata dall’ufficiale giudiziario fuori dalla circoscrizione territoriale personalmente e non a mezzo del servizio postale (Cass. 26 agosto 1985, n. 4549), mentre è valida la notificazione di un ricorso per cassazione eseguita dagli ufficiali giudiziari addetti agli uffici giudiziari dei domicili eletti dagli intimati presso i loro difensori (Cass. 4 febbraio 1983, n. 940 e di recente: Cass. 9 febbraio 2016, n. 2574);
- i messi del giudice di pace (già messi di conciliazione), pur se sono in rapporto di servizio con l’ente locale, tuttavia sono inseriti nell’ufficio giudiziario per effetto di nomina da parte del presidente del tribunale e partecipano con gli ufficiali giudiziari e con i relativi aiutanti alla funzione di notificazione degli atti processuali (L. n. 374 del 1991, artt. 12 e 13, come modificati sia dal D.L. n. 571 del 1994, convertito dalla L. n. 673 del 1994 sia dalla L. n. 479 del 1999). Pertanto è nulla — non giuridicamente inesistente — la notificazione eseguita dal messo del giudice di pace in violazione delle regole sulla distribuzione delle competenze con gli ufficiali giudiziari e i relativi aiutanti oppure sui previsti limiti territoriali o anche laddove non ricorra alcuna delle deroghe alla competenza generale dell’ufficiale giudiziario previste al D.P.R. n. 1229 del 1959, art. 34, perchè si tratta di un atto posto in essere da un organo pur sempre partecipe della complessiva funzione di notificazione degli atti processuali (Cass. 28 febbraio 1996, n. 1586; Cass. 3 maggio 1999, n. 4396; Cass. 23 agosto 2004, n. 16591);
- i messi del giudice di pace esplicano esclusivamente le loro funzioni per gli affari di competenza del giudice stesso nel territorio della sua giurisdizione e il D.P.R. n. 1229 del 1959, art. 34 —ove manchino o siano impediti l’ufficiale giudiziario e l’aiutante ufficiale giudiziario e ricorrano motivi di urgenza — consente al capo dell’ufficio di disporre che le notificazioni siano eseguite dal messo di conciliazione (oggi del giudice di pace), ma deve trattarsi del messo del luogo in cui l’atto deve essere notificato in quanto in caso contrario la notificazione è nulla e tale nullità — relativa e sanabile con la costituzione della parte intimata o con la rinnovazione dell’atto disposta d’ufficio dal giudice ex art. 291 c.p.c. — si verifica anche se la notifica è effettuata a mezzo del servizio postale, in quanto è applicabile solo nei confronti degli ufficiali giudiziari il D.P.R. n. 1229 del 1959, art. 107, che prevede la possibilità di eseguire per posta, senza limitazioni territoriali, la notificazione di atti relativi ad affari di competenza dell’autorità giudiziaria della sede di assegnazione (tra le altre: Cass. 20 luglio 1999, n. 7782);
- anche la nullità della notificazione della sentenza eseguita da messo di conciliazione (oggi messo notificatore del giudice di pace, n.d.r.) incompetente preclude il decorso del termine breve d’impugnazione, al pari di quella eseguita dall’ufficiale giudiziario incompetente (Cass. 1º giugno 2000, n. 7277).
9.1.3. Quanto alle modalità di sanatoria, solo in ipotesi del tutto marginali si è affermata, nel caso di notificazione a mezzo posta, la sanabilità del vizio da “incompetenza territoriale” dell’ufficiale giudiziario notificante per effetto della sottoscrizione da parte del destinatario della ricevuta di ritorno, sottolineandosi che tale atto attesta l’avvenuta attuazione della recezione, la quale “costituisce lo scopo della notifica stessa” (Cass. 8 luglio 1981, n. 4474; Cass. 5 maggio 1978, n. 2116).
Peraltro il suddetto indirizzo minoritario è stato seguito in alcuni casi con riguardo alla notifica effettuata dal messo di conciliazione (oggi del giudice di pace) in difetto dell’autorizzazione del capo dell’ufficio giudiziario, affermandosi che la relativa nullità è sanabile non solo a seguito della costituzione della parte, ma anche in ogni altro caso in cui sia raggiunta la prova della avvenuta comunicazione dell’atto al notificato, data l’equiparazione funzionale tra l’ufficiale giudiziario ed il messo di conciliazione contenuta nella L. 15 dicembre 1959, n. 1229, art. 34, come modificata dalla L. 11 giugno 1962, n. 546 (Cass. 28 gennaio 1999, n. 770; Cass. 6 maggio 2004, n. 8625; Cass. 24 novembre 2005, n. 24812; Cass. 16 maggio 2008, n. 12456; Cass. 29 gennaio 2014, n. 1990).
A quest’ultima giurisprudenza ha fatto riferimento, di recente, Cass. 21 novembre 2017, n. 27571 per affermare — in una ipotesi di notificazione dell’atto di appello a mezzo del servizio postale effettuata da un ufficiale giudiziario asseritamente incompetente territorialmente, ma perfezionatasi con la consegna dell’atto stesso al procuratore dei ricorrenti costituito in primo grado — il principio secondo cui non può essere dichiarata la nullità della notificazione eseguita da ufficiale giudiziario territorialmente incompetente, laddove questa anche in mancanza di costituzione della parte in giudizio abbia comunque raggiunto il suo scopo, in virtù dell’avvenuta consegna dell’atto al destinatario — o comunque della circostanza che l’atto in questione sia pervenuto nella sfera di conoscenza o di conoscibilità di questi a seguito del regolare adempimento delle disposizioni normative disciplinanti la sua consegna.
Tale conclusione è stata espressamente finalizzata a restringere l’area di operatività della nullità della notificazione eseguita da ufficiale giudiziario territorialmente incompetente, in conformità dell’art. 160 c.p.c.
Nella medesima ottica è stata anche esclusa la nullità della notificazione eseguita personalmente dall’ufficiale giudiziario extra districtum, senza la preventiva richiesta scritta del notificante, precisandosi che il requisito della richiesta scritta ha rilievo soltanto nel rapporto tra il notificante e l’ufficiale giudiziario e non incide, invece, sulla validità della notifica effettuata dall’ufficiale giudiziario fuori dal Comune sede dell’ufficio cui è assegnato perchè non può dubitarsi che il soggetto notificando non vede menomata la sua posizione per il fatto che la notifica sia stata eseguita dall’ufficiale giudiziario di persona invece che con il servizio postale, né ciò riduce le garanzie da cui deve essere assistita la notifica (Cass. 9 aprile 2001, n. 5262).
9.1.4. La stessa finalità è stata perseguita, mutatis mutandis, anche da Cass. 28 luglio 2017, n. 18759 che — in continuità con un consolidato indirizzo della giurisprudenza di nomofilachia (risalente, quale sua prima espressione, a Cass. 21 giugno 1949, n. 1557) e superando il diverso orientamento della nullità della notifica del precetto eseguita da un ufficiale giudiziario territorialmente incompetente, sanabile per effetto della proposizione dell’opposizione ex art. 617 c.p.c. — ha affermato che, ai sensi del D.P.R. n. 1229 del 1959, art. 107, comma 2, il precetto può essere notificato, a richiesta di parte ed a mezzo del servizio postale, ad opera di qualunque ufficiale giudiziario, senza limitazioni territoriali, in quanto non costituisce atto del processo esecutivo, ma è un presupposto estrinseco ad esso, ossia un atto preliminare stragiudiziale.
9.1.5. Anche per quanto riguarda l’inesistenza giuridica della notificazione — pure prima di Cass. SU 20 luglio 2016, n. 14916, ma comunque in sintonia con i principi ivi affermati — la notificazione è stata considerata giuridicamente inesistente (e insuscettibile di sanatoria) solo in caso di completa esorbitanza dallo schema legale degli atti di notificazione, ossia quando difettino gli elementi caratteristici del modello delineato dalla legge, dovendo invece considerarsi nulla nel caso in cui sussistano violazioni di tassative prescrizioni del procedimento di notificazione.
Di conseguenza, è stato precisato che la legittimazione di chi provvede alla notificazione è da considerare condizione essenziale perchè la notificazione esplichi, almeno in parte, gli effetti che le sono propri (vedi, per tutte: Cass. 9 settembre 1997, n. 8804). Pertanto, ad esempio, è stata considerata inesistente:
1) la notificazione del ricorso per cassazione eseguita anziché dall’ufficiale giudiziario, ai sensi dell’art. 137 c.p.c., da persona qualificatasi come “responsabile ufficio personale” (Cass. 13 febbraio 1999, n. 1195);
2) la notificazione eseguita per mezzo di ufficiale di P.G., che è assolutamente incompetente a compiere notifiche di atti processuali civili (Cass. 7 marzo 2004, n. 5392);
3) la notificazione del ricorso per cassazione al difensore dell’intimato a mezzo di un Commissariato di P.S. (Cass. 5 ottobre 2004, n. 19921).
Inoltre, in alcuni casi, anche la notificazione di atti giudiziali da parte di messi comunali — diversamente da quella eseguita dai messi di conciliazione (ora messi del giudice di pace) — è stata reputata giuridicamente inesistente, non nulla, in quanto è effettuata da organi carenti di qualsiasi attribuzione in materia. Infatti, anche i messi comunali notificatori, come organi amministrativi, svolgono la funzione di notificazione, sulla base della L. 3 agosto 1999, n. 265, art. 10, comma 1, secondo cui le pubbliche amministrazioni di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 1, comma 2, “possono avvalersi, per le notificazioni dei propri atti, dei messi comunali, qualora non sia possibile eseguire utilmente le notificazioni ricorrendo al servizio postale o alle altre forme di notificazione previste dalla legge” . (Cass. 30 agosto 2017, n. 20582). Tuttavia, vi è una totale disomogeneità tra la categoria dei messi comunali, legati all’ente locale sia da rapporto di servizio che da rapporto organico, e quella dei messi notificatori del giudice di pace, il cui rapporto di servizio intercorre con il Comune ma sono incardinati sul piano del rapporto organico nell’ufficio giudiziario in virtù dell’atto di nomina del presidente del Tribunale e sono investiti della funzione di notificare gli atti relativi ai procedimenti di competenza del giudice di pace ai sensi del D.P.R. n. 1229 del 1959 (Cass. 23 agosto 2004, n. 16591).
Cass. 21 marzo 2005, n. 6095 — richiamata nell’ordinanza di rimessione in oggetto — ha ritenuto inesistente e non meramente nulla la notificazione eseguita a cura del “messo del giudice di pace” dalla cui relata emergeva la mera indicazione del Comune senza alcun riferimento (anche) all’ufficio di tale luogo ove la notificazione doveva essere eseguita, ritenendo che in tale situazione la notifica difettasse degli elementi caratteristici suoi propri, esorbitando anzi completamente dallo schema legale degli atti di notificazione. Ma si tratta di un orientamento isolato, difforme da quello su riportato, benché nella sentenza si richiamino, senza motivazione espressa, sia Cass. 20 luglio 1999, n. 7782 sia Cass. 13 febbraio 1999, n. 1195, dianzi citate.
9.1.6. In sintesi, può dirsi che la giurisprudenza fin qui sinteticamente illustrata — a parte il regime della sanatoria, sul quale comunque si registrano importanti aperture — si è sviluppata in modo del tutto conforme al principio affermato da Cass. SU 20 luglio 2016, n. 14916, secondo cui un elemento costitutivo essenziale idoneo a rendere un atto qualificabile come notificazione — la cui mancanza determina l’inesistenza della notifica — è rappresentato dallo svolgimento dell’attività di notificazione da parte di un soggetto qualificato dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato.
Infatti, la notifica effettuata dall’ufficiale giudiziario senza rispettare le norme che definiscono, anche con riferimento alle notifiche a mezzo posta, i criteri di ripartizione territoriale per l’esecuzione delle notifiche tra i vari uffici cui sono addetti gli ufficiali giudiziari in genere è stata considerata nulla perchè eseguita in violazione delle norme relative alla “competenza territoriale” o “funzionale” dell’organo notificante, rientranti tra le tassative prescrizioni del procedimento di notificazione, visto che in casi minoritari si è parlato al riguardo di “carenza di potere” ma sempre in termini di nullità e non di inesistenza della notifica (Cass. 7 giugno 2013, n. 14495).
- 10. Da questa argomentazione nasce la diversa posizione assunta dalla giurisprudenza amministrativa da molto tempo (vedi: Cons. Stato. Ad. Plen. 26 marzo 1982, n. 4 e giurisprudenza successiva conforme), la quale muove dalla premessa che il D.P.R. n. 1229 del 1959, artt. 106 e 107 non regolano la “competenza” territoriale degli ufficiali giudiziari, ma la ripartizione delle relative attribuzioni, in ragione, tra l’altro, della circostanza che all’epoca gli ufficiali giudiziari erano retribuiti in funzione del numero di atti compiuti.
10.1. L’improprietà del riferimento al concetto di competenza e alla sanzione della nullità (sia pure relativa) viene desunta da molteplici elementi:
- nel codice di rito mentre si detta la disciplina delle modalità con le quali la notifica va eseguita nulla si dice in merito alla “competenza” dell’ufficiale giudiziario e, d’altra parte, a differenza di quanto avveniva nel passato, oggi gli ufficiali giudiziari non sono più “addetti” agli uffici giudiziari ma ad appositi e autonomi UNEP;
- i citati artt. 106 e 107 non prevedono alcuna nullità per le ipotesi di loro violazione né delineano per gli ufficiali giudiziari una competenza inderogabile la cui violazione possa determinare la nullità;
- le norme che disciplinano la materia e anche le due suddette disposizioni utilizzano, infatti, il termine “competenza” soltanto per indicare l’oggetto di cognizione del giudice (vedi art. 107, comma 2, cit.);
- neppure le norme processuali prevedono una simile nullità e neanche potrebbe sostenersi che la “competenza” territoriale dell’ufficiale giudiziario rappresenti un requisito necessario perchè la notificazione raggiunga il suo scopo, visto che la relativa violazione non incide sulla garanzia della consegna al destinatario dell’atto con modalità idonee ad assicurarne la conoscibilità, tanto più nel caso di notifica a mezzo posta nella quale l’ufficiale giudiziario è solo mittente del plico raccomandato mentre la notifica viene completata dall’ufficiale postale del luogo di residenza dell’intimato.
10.2. Di qui la conclusione che, nell’ipotesi di cui si tratta, non è configurabile una nullità attinente al processo — come sostenuto da autorevole dottrina — anche se questo non vuol dire che non si producano conseguenze, solo che non si tratta di conseguenze processuali: in caso di richiesta delle parti di notificare atti che esulano dalle sue attribuzioni l’ufficiale giudiziario può motivatamente ricusare il suo ministero (D.P.R. n. 1229 del 1959, art. 108) e se ciò non avviene è ipotizzabile l’irrogazione di sanzioni disciplinari, o di altro tipo, a carico dell’ufficiale giudiziario.
La successiva giurisprudenza amministrativa ha precisato che la violazione delle norme di cui al D.P.R. n. 1229 del 1959, artt. 106 e 107 non costituisce causa di nullità della notificazione, ma semplice irregolarità della stessa, non rilevante ai fini processuali (Cons. Stato Sez. 4, 13 ottobre 1983, n. 714; Cons. Stato, Sez. 4, 14 dicembre 2004, n. 8072 seguite dall’assolutamente prevalente giurisprudenza amministrativa, anche se non mancano alcune voci dissonanti, che peraltro richiamano la giurisprudenza di questa Corte; vedi per tutte: TAR Sicilia Palermo Sez. 3, 19 giugno 2013, n. 1339; TAR Sicilia Catania Sez. 4 Sent., 3 maggio 2008, n. 726).
- 11. Alla luce delle suddette osservazioni il Collegio ritiene che il suindicato indirizzo — che considera affetta da nullità la notifica eseguita da ufficiale giudiziario eccedendo i limiti delle proprie attribuzioni territoriali — vada approfondito nelle sue premesse e nei suoi effetti e vada quindi superato, anche alla luce degli sviluppi della giurisprudenza di legittimità più recente, nella quale viene data ampia applicazione ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, a partire da Cass. SU 20 luglio 2016, n. 14916.
- 12. Quanto alle premesse —come si è già detto e come risulta anche da Cons. Stato. Ad. Plen. 26 marzo 1982, n. 4 —la tesi della nullità della notifica eseguita da ufficiale giudiziario eccedendo i limiti delle proprie attribuzioni territoriali ha la sua radice in una risalente dottrina, secondo la quale il legislator si dimentica e si era “dimenticato” di inserire tale ipotesi tra le nullità e che essa era da configurare come effettuazione di un atto in difetto di “competenza funzionale” dell’ufficiale giudiziario, antecedente rispetto a quelli contemplati nell’art. 160 c.p.c., ma da disciplinare ai sensi dell’art. 1. 56 c.p.c..
In tutta la copiosa giurisprudenza di questa Corte successiva non si rinviene alcun approfondimento specifico al riguardo, né nel corso degli anni si registrano modifiche derivanti dalle molteplici innovazioni in materia di notifiche e di disciplina del rapporto di lavoro del personale addetto agli UNEP, ivi compreso il relativo trattamento retributivo.
- 13. Ebbene, a distanza di tanti anni dall’emanazione del D.P.R. n. 1229 del 1959, artt. 106 e 107 risulta oggi del tutto evidente l’errore di prospettiva della suindicata dottrina oltre che, a questo punto, la contrarietà dei relativi effetti ai principi del giusto processo.
L’errore di prospettiva di luce è fondato su diversi elementi:
- a) se, come sostenuto dalla suddetta dottrina, l’ipotizzata nullità è un vizio “logicamente precedente” rispetto a quelli previsti nell’art. 160 c.p.c., difficilmente esso può essere configurato come vizio “processuale”, in quanto esso, anche nell’indicata prospettiva, più che incidere sul processo — ai cui fini è sufficiente che sia garantita la consegna al destinatario con modalità idonee ad assicurarne la conoscibilità dell’atto — riguarderebbe la “competenza” dell’ufficiale giudiziario nell’ambito del procedimento notificatorio;
- b) ma, come rilevato dalla giurisprudenza amministrativa, né gli artt. 106 e 107 cit. né altre norme della materia fanno riferimento, al riguardo, al concetto di “competenza” dell’ufficiale giudiziario, in quanto si limitano a parlare di ripartizione delle attribuzioni tra ufficiali giudiziari e quindi dei relativi compiti, la cui mancata consapevole violazione è considerata valutabile dal punto di vista disciplinare (vedi D.P.R. n. 1229 del 1959, art. 63, lett. h, nonché D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55);
- c) infatti, è significativo che il D.P.R. n. 1229 del 1959, artt. 106 e 107 non prevedano alcuna nullità per la notifica effettuata senza il rispetto della suddetta ripartizione;
- d) ne consegue che appare improprio fare riferimento alla categoria della “competenza” funzionale o territoriale degli ufficiali giudiziari quando la rispettiva normativa non lo fa —e soprattutto al fine di desumerne la produzione di effetti sul processo;
- e) a tale ultimo riguardo va sottolineato che, poiché non si può mettere in dubbio che la notifica effettuata dall’ufficiale giudiziario extra districtum è del tutto idonea a raggiungere il suo scopo, la configurazione di una nullità di tipo processuale (sia pure sanabile) al di fuori delle ipotesi contemplate dall’art. 160 c.p.c. non può neppure rientrare nell’ambito applicativo dell’art. 156 c.p.c., nel silenzio sia delle norme del codice che disciplinano le modalità di effettuazione delle notifiche sia del D.P.R. n. 1229 del 1959 e della normativa ad esso collegata;
- f) sicuramente più esatto è fare riferimento ai “limiti territoriali delle attribuzioni” degli ufficiali giudiziari e questo consente di andare più agevolmente alla ratio di tali limiti, che è da rinvenire nella necessità di distribuire il lavoro tra i vari uffici con la finalità di un’equa ripartizione degli introiti che, all’epoca, formavano la retribuzione, prettamente proventistica, degli ufficiali giudiziari;
- g) tale ragione oggi è anche venuta meno perchè, con la privatizzazione del pubblico impiego, la disciplina del rapporto di lavoro e della responsabilità disciplinare degli ufficiali giudiziari e assimilati — quali impiegati dello Stato inseriti nel Comparto Ministeri ai fini della contrattazione collettiva — non è più compresa nella normativa “particolare”, prevista dal D.P.R. n. 1229 del 1959, essendo dettata dal D.Lgs. n. 165 del 2001 e dalla contrattazione collettiva di settore — a partire dal primo CCNL Comparto Ministeri, entrato in vigore il 16 maggio 1995 —, con applicazione di un complesso metodo retributivo che può ritenersi assimilabile al trattamento stipendiale degli impiegati statali e che non è più legato ai proventi riscossi per le notifiche come lo era un tempo (Cass. SU 25 luglio 2006, n. 16895; Cass. 28 settembre 2006, n. 21032).
- 14. Tutte le anzidette osservazioni non possono che portare all’accoglimento della soluzione secondo cui la violazione delle norme di cui al D.P.R. n. 1229 del 1959, artt. 106 e tutti 107, costituisce una semplice irregolarità del comportamento del notificante (eventualmente sanzionabile disciplinarmente o ad altro titolo, se ne ricorrono i presupposti) la quale non solo è di per sè del tutto ininfluente sulla validità del procedimento notificatorio (visto che per la ripartizione delle attribuzioni tra gli ufficiali giudiziari la relativa disciplina non fa riferimento alla nozione di “competenza” territoriale) ma non produce alcun effetto ai fini processuali e quindi non può essere configurata come causa di nullità della notificazione.
Tale soluzione è conforme non solo al principio di tassatività delle nullità processuali (art. 156 c.p.c.), ma anche ai principi del giusto processo di cui all’art. 111, secondo comma, Cost. che, in coerenza con l’art. 6 CEDU, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, comporta l’attribuzione di una maggiore rilevanza allo scopo del processo — costituito dalla tendente finalizzazione ad una decisione di merito — che impone di discostarsi da interpretazioni suscettibili di ledere il diritto di difesa della parte o che, comunque, risultino ispirate ad un eccessivo formalismo (vedi, fra le tante, Corte EDU: sentenze Beles e altri c. Repubblica ceca, 12 novembre 2002 – p. 62; Viard c. Francia, 9 gennaio 2014 – p. 38; Kemp e altri c. Lussemburgo, 24 aprile 2008 – p. 53; Trevisanato c. Italia, 15 settembre 2016 – p. 45).
Dal punto di vista sistematico la suindicata soluzione, oltre ad avere il pregio di essere uguale a quella applicata dalla prevalente giurisprudenza amministrativa — con conseguente semplificazione del sistema complessivo — è anche in linea con le profonde evoluzioni che si sono avute in materia di notificazioni, contraddistinte dalla perdita di rilievo del “requisito territoriale” del notificante, come evidenziato anche nella presente ordinanza di rimessione.
Ciò si verifica, infatti, sia nel ricorso alle piattaforme telematiche collegate ad anagrafe elettronica obbligatoria (che è in espansione), sia nella crescente diffusione delle notifiche a mezzo posta (L. n. 890 del 1982) e di quelle eseguite in proprio dagli avvocati (L. n. 53 del 1994), ora anche mediante PEC (Posta Elettronica Certificata).
Lo stesso accade anche in ambito UE sia con riguardo al titolo esecutivo europeo (Cass. 22 maggio 2015, n. 10543) sia per quel che si riferisce al riconoscimento, ai sensi del regolamento 13 novembre 2007, n. 1393/2007/CE, di una competenza generalizzata agli organi mittenti (per l’Italia: gli UNEP costituiti presso le Corti d’appello o presso i Tribunali che non siano sede di Corti d’appello) in relazione a tutti gli atti da notificare negli Stati membri dell’Unione, senza limiti territoriali.
Per tutte le anzidette ragioni il primo motivo di ricorso deve essere respinto e per la soluzione delle questioni di massima di particolare importanza prospettate nell’ordinanza interlocutoria va affermato il seguente principio di diritto:
“in tema di notificazione, la violazione delle norme di cui al D.P.R. n. 1229 del 1959., artt. 106 e 107, costituisce una semplice irregolarità del comportamento del notificante la quale non produce alcun effetto ai fini processuali e quindi non può essere configurata come causa di nullità della notificazione. In particolare, la suddetta irregolarità, nascendo dalla violazione di norme di organizzazione del servizio svolto dagli ufficiali giudiziari, non incide sull’idoneità della notificazione a rispondere alla propria funzione nell’ambito del processo e può, eventualmente, rilevare soltanto ai fini della responsabilità disciplinare o di altro tipo del singolo ufficiale giudiziario che ha eseguito la notificazione”.
Restano da esaminare il secondo e il terzo motivo di ricorso, che come si è detto vanno dichiarati inammissibili.
Per il secondo motivo a tale conclusione si perviene perché, come ha osservato l’Avvocato generale nelle proprie conclusioni, con esso si deduce solo apparentemente una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (orientamento consolidato; di recente: Cass. 4 aprile 2017, n. 8758) ponendo così in discussione l’attività di “governo delle prove” che spetta al giudice del merito. Tale attività va svolta in base al principio del libero convincimento del giudice ed è regolata dagli artt. 115 e 116 c.p.c., la cui eventuale violazione è apprezzabile nel giudizio di cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo applicabile “ratione temporis”, che nella specie è quello successivo alla sostituzione ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134.
Ciò è reso evidente dal fatto che non si denuncia l’avvenuta attribuzione, da parte della Corte d’appello, dell’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne risultava gravata secondo le regole dettate dall’art. 2697 c.c., ma si sostiene l’erroneità delle modalità di valutazione delle prove — derivante dalla mancata effettuazione della prospettata “comparazione” del comportamento dei due contraenti — da cui sarebbe derivata una errata ricostruzione dei fatti. Ma l’unico profilo di censura denunciabile — e quindi ammissibile — nel ricorso per cassazione come violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. è solo quello del mancato rispetto delle regole sull’attribuzione dell’onere probatorio, che qui non viene prospettato (Cass. 17 giugno 2013, n. 15107).
Con il terzo motivo si denuncia l’erroneità dell’attività di valutazione delle prove svolta dalla Corte territoriale, ma le censure risultano formulate in modo da esprimere un mero dissenso rispetto alle motivate valutazioni delle risultanze probatorie effettuate dalla Corte d’appello, che come tale è di per sè inammissibile. A ciò va aggiunto che in base all’art. 360 c.p.c., n. 5 — nel testo qui applicabile ratione temporis — la ricostruzione del fatto operata dai Giudici di merito è sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi od obiettivamente incomprensibili (Cass. SU 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. SU 20 ottobre 2015, n. 21216; Cass. 9 giugno 2014, n. 12928; Cass. 5 luglio 2016, n. 13641; Cass. 7 ottobre 2016, n. 20207). Evenienze che qui non si verificano.
III – Conclusioni.
In sintesi, il primo motivo di ricorso deve essere respinto e gli altri due vanno dichiarati inammissibili, sicché il ricorso nel suo complesso va rigettato.
La complessità delle questioni trattate e la sostanziale novità della soluzione accolta impongono l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione, dandosi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni Unite, rigetta il ricorso. Compensa, fra le parti, le spese del presente giudizio di cassazione.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13. [Omissis].