Cassazione Civile, sez. VI, ord.,11 ottobre 2017, n. 23919

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FATTO E DIRITTO

Preso atto che:

il Consigliere relatore dott. A. Scalisi ha proposto che la controversia fosse trattata in Camera di Consiglio non partecipata della Sesta Sezione Civile di questa Corte, ritenendo il ricorso tempestivo ma infondato, posto che la sentenza di primo grado era stata ritualmente notificata presso la cancelleria del Giudice adito R.D. n. 37 del 1934, ex art. 82 e di conseguenza l’appello era tardivo.

La proposta del relatore è stata notificata alle parti.

Letti gli atti del procedimento di cui in epigrafe.

Il Collegio premesso che:

La società IM.BER srl con ricorso del 29 febbraio 2016 ha chiesto a questa Corte la cassazione della sentenza n. 595 del 2015, con la quale il Tribunale di Campobasso dichiarava inammissibile l’appello proposto dalla società IMBER contro […] avverso la sentenza n. 62 del 2011 del Giudice di Pace di Bojano che aveva condannato la società IMBER, quale società costruttrice, a risarcire a […] i danni lamentati nelle unità immobiliari di proprietà dell’attrice.

Secondo il Tribunale di Campobasso, posto che la sentenza del GdP di Bojano era stata depositata il 30 novembre 2011 e notificata il 7 dicembre 2011, l’appello, notificato il 27 aprile 2012, era tardivo perchè proposto oltre il termine di trenta giorni previsto dall’art. 325 c.p.c..

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta per due motivi:

1) per omesso esame di fatti decisivi, violazione del R.D. n. 37 del 1934, art. 82 e dell’art. 125 c.p.c. modificato dal D.L. n. 138 del 2011, art. 2, comma 35-ter, lett. A) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5);

2) per omesso esame di un fatto decisivo, violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5), in relazione all’art. 153 c.p.c., comma 2.

2.= In via preliminare va esaminata l’eccezione avanzata dal controricorrente di inammissibilità del ricorso per tardività della notifica. Il controricorrente rileva che, dato il decesso del domiciliatario e, considerato che il difensore aveva il proprio domicilio extra districtum, aveva effettuato la notifica della sentenza nella cancelleria del giudice adito ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82,l’11 settembre 2015. Sicché, considerato che la notifica del ricorso in cassazione è stata effettuata il 29 febbraio 2016, l’impugnazione sarebbe intempestiva, essendo il termine per impugnare scaduto il 9 novembre 2015.

2.1= L’eccezione è infondata.

Va qui premesso che il R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 82 — secondo cui gli avvocati, i quali esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del Tribunale al quale sono assegnati, devono, all’atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l’autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso, intendendosi, in caso di mancato adempimento di detto onere, lo stesso eletto presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria adita — trova applicazione in ogni caso di esercizio dell’attività forense fuori del circondario di assegnazione dell’avvocato, come derivante dall’iscrizione al relativo ordine professionale, e, quindi, anche nel caso in cui il giudizio sia in corso innanzi alla Corte d’Appello e l’avvocato risulti essere iscritto all’Ordine di un Tribunale diverso da quello nella cui circoscrizione ricade la sede della Corte d’appello, ancorché appartenente allo stesso distretto di quest’ultima.

Tuttavia, a partire dalla data di entrata in vigore delle modifiche degli artt. 125 e 366 c.p.c., apportate dalla L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 25 esigenze di coerenza sistematica e d’interpretazione costituzionalmente orientata inducono a ritenere che, nel mutato contesto normativo, la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria, innanzi alla quale è in corso il giudizio, ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82 consegue soltanto ove il difensore, non adempiendo all’obbligo prescritto dall’art. 125 c.p.c. per gli atti di parte e dall’art. 366 c.p.c. specificamente per il giudizio di cassazione, non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine.

In altri termini, secondo la giurisprudenza di questa Corte, se l’avvocato extra districtum ha indicato la PEC, allora tutte le comunicazioni e notificazioni di causa devono essergli fatte a quell’indirizzo e non in Cancelleria.

Pertanto, la notifica della sentenza avrebbe dovuto essere effettuata mediante la PEC indicata dal difensore della società IMBER e non, invece, presso la cancelleria del giudice adito. Con l’ulteriore conseguenza che il termine di decadenza per la promozione del ricorso per cassazione non decorreva dalla notifica effettuata presso la cancelleria e dunque il termine di decadenza era quello lungo. Pertanto, il presente ricorso è tempestivo.

2.1.= Con il primo motivo la società IMBER srl si duole del fatto che il Tribunale di Campobasso non abbia tenuto conto che l’odierna ricorrente — nel costituirsi nel giudizio di primo grado con comparsa di costituzione e di risposta del 18 luglio 2010 — aveva indicato il numero del proprio fax e pertanto la notifica della sentenza effettuata in cancelleria non aveva avuto effetti nei confronti del procuratore della parte benché non avesse eletto domicilio nel circondario a cui appartiene l’ufficio innanzi al quale il processo si è svolto. L’elezione ex lege di domicilio nella cancelleria del giudice, previsto, dal R.D. n. 34 del 1934, art. 82 deve ritenersi superata dalla possibilità che la notifica venga eseguita a mezzo fax giusto il D.L. n. 138 del 2011, art. 2, comma 35-ter, lett. A).

2.2.=Il motivo è infondato.

Va qui premesso che, nell’ipotesi di condifensori uno dei quali (il domiciliatario intra districtum) abbia perso lo ius postulandi e non possa, pertanto, essere legittimamente raggiunto dalla notifica della sentenza di primo grado, tale notifica, nel caso in cui l’altro difensore abbia il proprio domicilio extra districtum, deve essere indirizzata, ai sensi della norma R.D. n. 34 del 1934, ex art. 82 alla cancelleria del giudice adito, ovvero, se il notificante lo ritenga, al domicilio del secondo procuratore, qualora anche quest’ultimo risulti destinatario di una dichiarazione della parte di elezione di domicilio presso il proprio studio. Deve, conseguentemente, essere esclusa, in tal caso, la legittimità della notifica alla parte personalmente, verificandosi tale esigenza nella sola ipotesi in cui quest’ultima sia rimasta priva di difensore (ricorrendo, cioè, solo in tal caso la ratio indicata in subiecta materia dalle Sezioni Unite di questa Corte, a mente della quale la parte stessa non potrebbe sottrarsi all’onere di informarsi circa la ragione dell’avvenuta notifica alla sua persona e non al proprio difensore).

A sua volta va qui evidenziato che questa Corte ha già osservato che in tema di notificazioni autorizzate dal giudice ai sensi dell’art. 151 c.p.c., è giuridicamente inesistente la notificazione a mezzo fax in quanto, difettando in tale caso la prova della consegna dell’atto e la conoscenza legale dello stesso da parte del destinatario, essa esorbita dallo schema legale previsto dall’art. 137 c.p.c. e ss. (Cass. 25/03/2003, n. 4319; Cass. 15/02/2006, n. 3286). Il principio è condivisibile in quanto, nel caso di notificazione a mezzo fax, manca la prova in modo assoluto della consegna dell’atto (provenendo il messaggio di avvenuta ricezione dallo stesso apparecchio trasmittente), del soggetto che lo ha ricevuto, della conformità della copia ricevuta all’originale (segnatamente sotto il profilo della leggibilità della copia teletrasmessa), né si perfeziona una presunzione di conoscenza legale dell’atto comunicato, collegata ai modelli procedimentali previsti dalla legge, ove non intervenga l’attestazione di ricezione da parte del destinatario. Va, a tal fine, rilevato che con riguardo alle sole comunicazioni, l’art. 136 c.p.c., comma 3 aggiunto dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, n. 2, comma 1, lett. B), con decorrenza 1º marzo 2006, e per i procedimenti instaurati successivamente a tale data, prevede che tali comunicazioni possono essere effettuate dal cancelliere “a mezzo telefax o posta elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi”.

Pertanto, la notifica della sentenza del Giudice di Pace indirizzata alla cancelleria del giudice adito è corretta e legittima ed utile a far decorrere i termini dell’impugnazione.

La sentenza del Tribunale di Campobasso va, pertanto, confermata laddove specifica che “invero la società IMBER aveva eletto domicilio presso l’avv. […] in […], come è noto in materia di impugnazioni quando il difensore esercente il proprio ufficio fuori della circoscrizione del Tribunale al quale è assegnato abbia eletto domicilio in un Comune diverso (nel caso in esame […]) da quello sede dell’ufficio giudiziario adito (nel caso in esame […])la sentenza è ritualmente notificata presso la cancelleria del Giudice adito R.D. n. 37 del 1934, ex art. 82. Di conseguenza l’appello è tardivo”.

3.= Con il secondo motivo la ricorrente si duole del fatto che la Corte distrettuale non abbia preso in considerazione l’eccezione sollevata dall’appellata di non aver potuto prendere cognizione della notifica della sentenza per causa a lei non imputabile.

3.1. = Il motivo è infondato, posto che non viene indicata una ragione oggettivamente impeditiva di prendere conoscenza della notificazione se è anche vero — come la stessa ricorrente riferisce — che agli atti esisteva una annotazione ove si diceva “originale nel fascicolo di parte” (cfr. copia notificata della sentenza a pag. 6 doc. 1).

In definitiva, il ricorso va rigettato e la ricorrente, in ragione del principio di soccombenza ex art. 91 c.p.c. condannata a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio, che vengono liquidate con il dispositivo.

Il Collegio dà atto che, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente in solido a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% del compenso ed accessori, come per legge; dà atto che, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

[Omissis].

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