Cass. Civ., sez. I, 8 settembre 2015, n. 17782

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Cass. Civ., sez. I, 8 settembre 2015, n. 17782

[Omissis].

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Milano ha rigettato le impugnazioni proposte, rispettivamente in via principale e in via incidentale, dall’impresa Grandi Lavori Fincosit S.p.a., in proprio e quale mandataria dell’A.T.I. costituita con Mazzi Impresa Generale Costruzioni S.p.a. (d’ora in avanti, per brevità, G.L.F.) e dalla S.p.a. Metropolitana Milanese (d’ora in poi, M.M.) avverso il lodo reso inter partes in data 26 gennaio 2007, con il quale il Collegio arbitrale nominato in virtù di clausola compromissoria contenuta nell’art. 12.2 del contratto di appalto relativo alla realizzazione di opere, fra le quali una galleria e una stazione, relative alla tratta […] della metropolitana di Milano, previo espletamento di consulenza tecnica d’ufficio, aveva parzialmente accolto le pretese avanzate dalla G.L.F., condannando la M.M. al pagamento della complessiva somma di Euro 6.690.634,96, rigettando le altre domande avanzate da entrambe le parti.

1.1 – In merito all’impugnazione principale, la Corte territoriale, per quanto in questa sede rileva, con riferimento alla doglianza inerente all’affermazione degli arbitri secondo cui la responsabilità di M.M. dedotta in ordine alla determinazione per difetto, in violazione di specifiche regole in tema di computo metrico, del prezza base d’asta, tale da determinare, in base all’offerta di un ribasso fondato su un valore non effettivo delle prestazioni provocata dal comportamento inadempiente della stazione appaltante, un corrispettivo inferiore a quello dovuto, ha ritenuto che la questione, sostanzialmente prospettata come vizio di omessa pronuncia, non fosse fondata.

Ed invero gli arbitri, i quali avevano affermato che il tema, inerente alla configurabilità di una responsabilità extracontrattuale, non potesse ricondursi alle previsioni della clausola compromissoria, si sarebbero comunque complessivamente pronunciati sul quesito nell’escludere la responsabilità contrattuale, trattandosi poi, nel merito, di una questione riservata alla valutazione degli arbitri stessi, non implicante un errore di diritto.

1.2 -È stato altresì ritenuto che non potessero accogliersi le censure inerenti all’esclusione dei premi di accelerazione previsti da specifici accordi intervenuti fra le parti, prospettate sotto vari profili inerenti al vizio di omessa pronuncia, violazione dei principi in tema di inadempimento e delle norme contenute negli artt. 1358 e 1359 cod. civ., illogica e contraddittoria motivazione: l’esclusione dei premi era stata affermata dal Collegio arbitrale con adeguata motivazione, laddove le questioni proposte non implicavano erronea applicazione di norme di diritto, bensì valutazioni di merito non scrutinabili in sede rescindente.

1.3 – Con riferimento ai quesiti parzialmente accolti, è stata ritenuta infondata la censura di GLF inerente all’esclusione dei maggiori oneri relativi alle maestranze, prospettata in relazione all’illegittimità del rilievo d’ufficio, da parte del collegio arbitrale, della mancata formulazione della relativa riserva.

Si è osservato in proposito che il Collegio arbitrale non aveva rilevato d’ufficio l’intempestività della riserva, ma aveva affermato che, relativamente al periodo compreso fra il 31 agosto 2002 e il 18 aprile 2003, “non era stata indicata nella riserva, tra gli oneri da indennizzare, la voce “maestranze”.

Tutti- Quanto alla decorrenza degli interessi — dalla data del lodo — sulla somma determinata a titolo di equo compenso per la sorpresa geologica, la Corte ha giudicato infondata la doglianza contenuta nell’impugnazione principale, affermando che nella liquidazione equitativa di tale voce dovevano ritenersi compresi anche gli interessi, e che comunque, proprio perché relativo a valutazione fondata su criteri equitativi, il motivo di impugnazione doveva ritenersi inammissibile.

1.5 -È stata del pari esclusa la fondatezza del rilievo inerente alla decorrenza e alla determinazione degli interessi sulla somma di euro 968.836,36, in quanto non era condivisibile la tesi di GLF in merito alla natura risarcitoria della relativa voce, inerente all’aumento del costo dei materiali a causa del ritardo nell’esecuzione dei lavori, trattandosi di debito di valuta, e non potendo, d’altra parte, applicarsi la L. n. 741 del 1981, art. 4.

1.6 – L’ultima censura, concernente la compensazione delle spese processuali, è stata rigettata, in quanto si è ritenuto congruo il richiamo, contenuto nella motivazione al riguardo contenuta nel lodo, alla complessità delle questioni oggetto di trattazione.

2 – Con riferimento all’impugnazione proposta in via incidentale, i rilievi inerenti al parziale accoglimento delle voci inerenti alla ridotta produttività di cui alle riserve n. 12 e 13, in merito al ritardato spostamento dei binari in piazza […], agli intralci alla viabilità di accesso al cantiere, sono stati ritenuti inammissibili, in quanto, anche all’esito di un esame analitico delle doglianze, si è rilevato che si trattava di valutazioni, concernenti il merito, sia con riferimento alla individuazione della volontà delle parti, sia in ordine allo scrutinio delle risultanze di natura probatoria, riservate al Collegio arbitrale.

2.1 – A non dissimili conclusioni è pervenuta la Corte territoriale con riferimento alle voci di danno inerenti al rallentamento dei lavori, nonché alla riserva n. 15, in merito alle quali si è affermata la loro autonomia rispetto al ritardato pagamento, così rigettandosi lo specifico motivo fondato sulla esaustività degli interessi moratori nella misura convenuta dalle parti, non potendosi escludere che, sulla base di un valido apprezzamento di merito, da un medesimo evento possano derivare distinte ipotesi di danno.

2.2 – Quanto al cedimento del condotto fognario di […] da un lato si è osservato che l’interpretazione complessiva della relativa riserva da parte del Collegio arbitrale, a prescindere dall’utilizzazione, ad opera della stessa appaltatrice, dell’espressione “forza maggiore”, era sorretta da congrua motivazione e non implicava violazione dei canoni ermeneutici; sotto altro profilo si è ritenuto che le critiche attingessero questioni di merito riservate alla valutazione degli arbitri, anche con riferimento alla specifica doglianza secondo cui —  in relazione agli accertati difetti di progettazione la cui responsabilità era stata attribuita alla stazione appaltante —  GLF avrebbe dovuto tempestivamente segnalare la circostanza a MM.

2.3 – Le censure inerenti ai criteri adottati dal Collegio arbitrale per determinare i danni da ridotta produttività sono state giudicate inammissibili in quanto involgenti valutazioni delle risultanze istruttorie di esclusiva competenza degli arbitri.

2.4 – Anche in relazione alle riserve nn. 19, 20 e 22 la Corte territoriale ha osservato che si trattava di doglianze improponibili nella fase rescindente, in quanto relative all’interpretazione di accordi contrattuali o a mere valutazioni concernenti il merito.

3 – Per la cassazione di tale decisione la GLF propone ricorso, affidato a cinque motivi, cui M.M. resiste con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale, sorretto da sei motivi, resistiti da controricorso.

Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ..

MOTIVI DELLA DECISIONE

4 – Con il primo motivo del ricorso principale si deduce violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.: la Corte di appello avrebbe omesso di pronunciarsi in merito alla questione della responsabilità precontrattuale di M.M. in relazione alla determinazione erronea della base di appalto; in via subordinata vengono avanzati rilievi in merito al correlato vizio di omessa motivazione, nonché alla violazione e falsa applicazione dell’art. 1337 cod. civ. e della L. n. 205 del 2000, art. 6.

4.1 – La censura è in parte inammissibile, ed in parte infondata. Il tema che viene proposto in via principale riguarda l’omessa considerazione, nell’impugnata decisione, del rilievo secondo cui la domanda intesa a far valere la responsabilità precontrattuale di M.M. non poteva essere esclusa dalla portata della clausola compromissoria. In realtà, la critica alla decisione arbitrale, in parte qua, diligentemente riprodotta nel ricorso, era prospettata sia sotto il profilo dell’erronea esclusione della responsabilità precontrattuale, in quanto ritenuta di natura extracontrattuale, dalle questioni delimitate dalla clausola compromissoria, sia in relazione alla giurisdizione amministrativa in ordine — ­secondo gli arbitri —  a temi inerenti alla violazione di interessi legittimi, sia, infine, nel merito, all’errore di fondo del lodo nel ritenere, oltre alla natura pubblica della gara, “che il contratto fosse un appalto pubblico convenuto a corpo”.

4.2 – L’orientamento di questa Corte circa la natura di clausola generale da attribuirsi ai principi della correttezza e della buona fede sanciti nell’art. 1337 cod. civ., da applicarsi anche ai contratti conclusi dalla pubblica amministrazione, non risulta disatteso nella decisione impugnata. In realtà, essendo il motivo di impugnazione del lodo essenzialmente incentrato sulla natura contrattuale della responsabilità nascente dalle trattative, la Corte di appello, con motivazione ampia e articolata (pagg. 21-23), ha rilevato che gli arbitri avevano escluso la responsabilità “contrattuale” di M.M., “avendo ritenuto, e motivato ampiamente in proposito, che il prezzo dell’appalto voluto dalle parti era quello risultante dal contratto”.

Il rilievo circa il giudizio degli arbitri circa la non riferibilità della responsabilità precontrattuale, in quanto di natura extracontrattuale, alla clausola compromissoria, è stato parimenti esaminato dalla Corte di appello, con conseguente esclusione della ricorrenza dei vizi denunciati, mediante l’attribuzione a tale aspetto della motivazione del lodo della natura di “argomentazione subordinata”, per altro in relazione al motivo inerente alla pronuncia fuori dei limiti del compromesso che non risulta coltivato in questa sede.

4.3– I delicati temi della riferibilità —  in generale della clausola compromissoria anche alla responsabilità derivante dalla violazione dei principi di correttezza e di buona fede e della natura della responsabilità precontrattuale, con la sua incidenza nei contratti di evidenza pubblica —  risultano assorbiti dalla constatazione della Corte di appello dell’infondatezza ovvero dell’inammissibilità dei motivi concernenti, rispettivamente, la violazione di regole di diritto, da parte degli arbitri, circa l’esclusione “con riguardo alla formazione del prezzo, che la volontà dell’appaltatrice fosse stata viziata, in sede di formazione del contratto, da errore o dolo”, nonché le ragioni di merito poste alla base del rigetto della domanda, in quanto non proponibili in sede rescindente. In altri termini, l’esame approfondito dei motivi di impugnazione del lodo e l’esclusione in esso di vizi logici o giuridici riguardanti il tema dell’informazione “decettiva” circa l’importo lordo dell’appalto risulta espressamente affrontato nell’impugnata decisione con motivazione ampia ed esauriente, laddove —  essendosi confermato il giudizio, anche di merito, circa l’insussistenza di qualsiasi responsabilità in capo alla stazione appaltante —  la questione circa la riconducibilità nella clausola compromissoria anche della responsabilità precontrattuale, essenzialmente esclusa in apicibus, appare all’evidenza priva del carattere di decisività.

5 – Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 1375, 1358 e 1359 cod. civ., nonché dell’art. 112 cod. proc. civ., GLF sostiene che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto, in relazione al premio di acceleramento, che si trattasse di “questioni di merito demandate agli arbitri”, senza considerare la valenza dei principi affermati negli artt. 1358 e 1359 cod. civ., in virtù dei quali, in presenza di una condizione non potestativa, il comportamento inadempiente della stazione appaltante assumeva rilievo anche con riferimento al mancato avveramento dei presupposti per la spettanza del premio in questione.

5.1 -Il motivo non può essere accolto, in quanto la questione inerente alla incidenza causale dei comportamenti attribuiti alla stazione appaltante rispetto non solo alla normale ultimazione dei lavori, ma a una loro conclusione anticipata, tale da far maturare il diritto al premio di acceleramento, implica, come correttamente affermato nella decisione impugnata, imprescindibili valutazioni di merito non apprezzabili in sede rescindente. Non a caso lo stesso ricorso, nel riproporre correttamente i termini della questione sottoposta all’esame della Corte di appello, riproduce i brani della consulenza tecnica d’ufficio dai quali avrebbe dovuto desumersi, con giudizio attinente al merito, che il cedimento del fondo del collettore fognario di via […] avrebbe comportato “l’impossibilità fisica ed assoluta di realizzare il programma accelerato con riferimento al traguardo del 31 agosto 2002”.

5.2 – Non può omettersi inoltre di rilevare che la previsione del premio di acceleramento trova la sua scaturigine nel vantaggio, per la stazione appaltante, di ottenere la consegna dell’opera prima del termine stabilito: anche accedendo alla ricostruzione della figura sotto il profilo del negozio sottoposto a condizione, va richiamato il principio, già affermato da questa Corte, secondo cui la norma dell’art. 1359 cod. civ., secondo cui la condizione del contratto si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento, non è applicabile nel caso in cui la parte tenuta condizionatamente ad una determinata prestazione abbia anch’essa interesse all’avveramento di essa, con la precisazione che la condizione può ritenersi apposta nell’interesse di una sola delle parti contraenti soltanto quando vi sia un’espressa clausola contrattuale che disponga in tal senso, ovvero allorché —  tenuto conto della situazione riscontrabile al momento della conclusione del contratto —  vi sia un insieme di elementi che nel loro complesso inducano a ritenere che si tratti di condizione alla quale l’altra parte non abbia alcun interesse; in mancanza, la condizione stessa deve ritenersi apposta nell’interesse di entrambi i contraenti (Cass., 3 luglio 2013, n. 16620).

6 -Il terzo motivo, con il quale si deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ovvero vizio di omessa pronuncia, in relazione alla mancata attribuzione dei maggiori oneri, per il costo del personale, dovuto alla protrazione dei lavori, per non essersi rilevato che la mancata formulazione —  in parte qua —  della riserva non era stata eccepita dalla controparte e non avrebbe potuto essere rilevata d’ufficio, è fondato.

6.1 – La Corte di appello non ha esaminato la questione, ritualmente avanzata da GLF, circa l’illegittimità del rilievo ufficioso della decadenza derivante dalla mancata iscrizione della riserva concernente i maggiori costi relativi al personale (su cui cfr. Cass., 13 settembre 2014, n. 19531; Cass., 23 maggio 2011, n. 11310;26 gennaio 2006, n. 1637; Cass., 14 marzo 2003, n. 3824), limitandosi ad affermare, in maniera poco comprensibile, che il Collegio arbitrale non avrebbe rilevato d’ufficio l’intempestività della riserva, ma soltanto “rilevato che, relativamente al periodo 31 agosto 2002 -18 aprile 2003, non era stata indicata nella riserva, tra gli oneri da indennizzare, la voce maestranze”.

7 -Il quarto motivo, con cui si deduce violazione degli artt. 1224, 1282 e 2043 cod. civ., nonché violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., con riferimento alla rivalutazione e al riconoscimento degli interessi su determinati importi, è parzialmente fondato.

7.1 – Con riferimento all’equo compenso per la c.d. “sorpresa geologica”, questa Corte ha affermato il principio secondo cui detto compenso, dovuto all’appaltatore per i maggiori oneri derivanti da difficoltà di esecuzione per cause geologiche, secondo la previsione dell’art. 1664 c.c., comma 2, integra un debito di valuta e la relativa liquidazione ove venga effettuata prendendo a base i maggiori esborsi dell’appaltatore, per poi adeguarli agli indici della sopravvenuta svalutazione monetaria, quale mezzo al fine di renderne equo l’ammontare, non comporta un’arbitraria rivalutazione automatica di esso restando il parametro inflattivo utilizzato quale mero criterio per determinare secondo equità il compenso medesimo (Cass., 9 giugno 1988, n. 3923; Cass., 27 marzo 1993, n. 3733).

7.2 – L’affermazione secondo cui la liquidazione del compenso da parte degli arbitri, in quanto equitativa, sarebbe stata comprensiva degli interessi, appare, senza un approfondimento delle motivazioni espresse al riguardo nel lodo, contrastante con il suddetto principio, dovendosi ritenere che, in assenza di specificazioni, la somma liquidata in via equitativa non sia comprensiva degli interessi e del maggior danno ai sensi dell’art. 1224 cod. civ..

7.3 – Non può condividersi il rilievo circa la natura risarcitoria, costituente, quindi, debito di valore, della somma attribuita per l’aggiornamento dei prezzi, avendola la Corte di appello correttamente esclusa, in conformità all’indirizzo secondo cui quanto spettante a titolo di revisione prezzi nell’appalto costituisce debito di valuta (Cass., Sez. un., 28 dicembre 2007, n. 27186; Cass., 8 aprile 1999, n. 3393).

7.4 – Quanto alla decorrenza degli interessi, deve applicarsi il principio secondo cui in tema di appalto di opere pubbliche, la formulazione delle riserve, posta a carico dell’appaltatore al fine di evitare la decadenza da domande di ulteriori compensi, indennizzi o risarcimenti, non implica —  come pure sostenuto dalla ricorrente —  costituzione in mora secondo il regime civilistico dell’istituto, in quanto si esaurisce nella quantificazione di una pretesa di integrazione del corrispettivo, e non implica un immediato soddisfacimento, ma resta soggetta ad un successivo procedimento di verifica, con la conseguenza che gli interessi sulle somme risultanti effettivamente dovute da parte dell’Amministrazione vanno liquidati dalla data dell’intimazione di pagamento o della domanda di arbitrato (Cass., 21 febbraio 2006, n. 3768).

La doglianza, pertanto, (nella parte in cui non risulta assorbita dalle superiori considerazioni), è parzialmente meritevole di accoglimento, nel senso che la statuizione inerente alla decorrenza degli interessi dalla data di sottoscrizione del lodo non è conforme a detto principio, laddove l’attribuzione del maggior danno, ai sensi dell’art. 1224 c.c., comma 2, è subordinata alla verifica della rituale proposizione della relativa domanda.

8 – II quinto motivo del ricorso principale, concernente il regolamento delle spese processuali, rimane assorbito.

9 – I primi due motivi del ricorso incidentale, con i quali si denuncia vizio di motivazione, violazione degli artt. 112 cod. proc. civ., artt. 1655, 1660, 1667, 1668 e 1372 cod. civ., anche in relazione al capitolato tecnico e all’art. 2967 cod. civ., riguardanti l’attribuzione della responsabilità a M.M. in ordine al cedimento del condotto fognario, sono inammissibili, in quanto sostanzialmente intesi a riproporre un riesame nel merito della vicenda, non consentito in sede di legittimità.

10 – A non diverse conclusioni deve pervenirsi in ordine al terzo e al quarto motivo, concernenti la quantificazione dei danni sulla base di una diversa valutazione delle risultanze istruttorie.

11 – Con il quinto motivo si sostiene la nullità della decisione ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ., omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e violazione degli artt. 1224 e 1362 cod. civ. in relazione al D.P.R. n. 1063 del 1962, artt. 35 e 36: essendo stata predeterminata la corresponsione degli interessi moratori, l’attribuzione di un ulteriore risarcimento, correlato ai danni che l’inadempimento della stazione appaltante aveva determinato nei rapporti con i subappaltatori, configurerebbe un’illegittima duplicazione.

11.1 – La censura è infondata, avendo la sentenza impugnata ben evidenziato l’autonoma risarcibilità delle voci di danno in parola, la prima delle quali sarebbe derivata dall’indisponibilità delle somme, riconducibile nella previsione dell’art. 1224 c.c., comma 2.

Il secondo pregiudizio, ricollegato sotto il profilo causale a un ulteriore illecito in cui è incorsa la stazione appaltante, consistito nella violazione dell’obbligo di collaborazione e specificamente nella negligenza in cui essa era incorsa nel reperimento delle risorse occorrenti per la realizzazione dell’opera, è stato riferito, secondo una valutazione di merito non sindacabile in questa sede e con innegabile autonomia rispetto alla previsione del maggior danno ex art. 1224 cod. civ., alle ripercussioni di natura economica nei rapporti con subappaltatori e fornitori.

12 – Con la sesta censura del ricorso incidentale, deducendosi violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e della L. n. 2248 del 1865, art. 348 del D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 24 del R.D. n. 350 del 1895, art. 25 artt. 1341, 1362, 1372 e 1664 cod. civ., nonché omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, si sostiene che, a fronte del motivo di impugnazione del lodo avente ad oggetto il giudizio di nullità, ai sensi dell’art. 1341 cod. civ., della clausola n. 5 del contratto nella parte in cui escludeva qualsiasi “compenso o indennità di sorta” nell’ipotesi di difficoltà di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e simili, la Corte di appello si sarebbe limitata ad affermare che “le restanti doglianze attengono, ancora una volta, a valutazioni di merito non censurabili in questa sede”.

12.1 -Il motivo è fondato. La ricorrente in via incidentale, nel pieno rispetto del principio di autosufficienza del ricorso, ha riportato il tenore della clausola in esame, nonché i motivi di impugnazione, incentrati, anche con richiami alla giurisprudenza di questa Corte, sia sulla normale escludibilità del rischio geologico mediante specifica previsione contrattuale, sia sulla specifica approvazione della clausola contenuta nella dichiarazione unilaterale dell’impresa.

La valenza giuridica delle questioni sottoposte all’esame della Corte di appello non può essere disconosciuta e l’esame del motivo di impugnazione del lodo non poteva essere evitato, con una sorta di non liquet, mediante la generica affermazione della riferibilità al merito della questione dedotta.

Ricorre, pertanto, il denunciato vizio di omessa pronuncia, con evidente assorbimento delle questioni, non esaminate nella sentenza impugnata, circa la nullità della clausola per violazione dell’art. 1341 c.c., comma 2.

13 – La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di appello di Milano che, in diversa composizione, applicherà i principi sopra indicati, provvedendo, altresì, in merito al regolamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo e — in parte qua — il quarto motivo del ricorso principale, nonché il sesto motivo dell’incidentale con assorbimento, per la residua parte, del quarto e del quinto motivo del principale.

Rigetta nel resto. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione.

[Omissis].

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