SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La società […] propose appello avverso la sentenza del Tribunale di Pordenone – sez. distaccata di San Vito al Tagliamento con la quale era stata accolta l’opposizione all’esecuzione proposta da avverso il precetto notificatogli ad istanza della predetta società per il pagamento della somma di L. 10.550.420, portata da una cambiale girata dal e protestata il […].
La Corte d’Appello di Trieste accolse l’appello ed, in riforma della sentenza impugnata, rigettò l’opposizione all’esecuzione, condannando l’appellato al pagamento delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio.
Avverso tale sentenza […] propone ricorso per cassazione a mezzo di tre motivi. La società intimata resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1. Col primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’art. 345 c.p.c., comma 2, per avere la Corte d’Appello accolto un’eccezione inammissibile, perchè tardivamente proposta dall’appellante soltanto nel grado di appello. Secondo il ricorrente, l’eccezione nuova consisterebbe nell’avere l’appellante sostenuto che il protesto della cambiale era stato levato tempestivamente (tenuto conto di quanto disposto dalla L. n. 92 del 1965), laddove in primo grado aveva dato per presupposto che i termini del R.D. n. 1669 del 1933, art. 51, comma 3, non fossero stati rispettati ed aveva sostenuto che non sarebbero stati fissati a pena di decadenza. Il motivo è infondato.
È da escludere che nel caso di specie si verta in ipotesi di eccezione, riservata alla parte e quindi preclusa in appello ai sensi dell’art. 345 c.p.c., che appunto è norma riferibile alle eccezioni non rilevabili d’ufficio.
1.2. Nel giudizio di opposizione all’esecuzione, spetta all’opponente contestare il diritto della controparte di procedere ad esecuzione forzata, dando prova dei fatti allegati (che, di norma, in sè considerati, sono fatti estintivi, impeditivi o modificativi dell’obbligazione ovvero, come nel caso di specie, fatti comportanti l’inadeguatezza del titolo posto a base del precetto a supportare l’esecuzione forzata) e degli elementi di diritto costituenti i motivi di opposizione. L’opposto, a sua volta, può contestare tali deduzioni, sia avvalendosi di eccezioni in senso tecnico (peraltro poco frequenti in un giudizio oppositivo quale è quello de quo), sia mediante mere difese, volte a contestare l’esistenza dei fatti che l’opponente assume a fondamento dell’opposizione ovvero le conseguenze che da tali fatti l’opponente vuole trarre.
1.3. L’eccezione ha ad oggetto fatti (ulteriori rispetto a quelli allegati dall’attore) cui la legge attribuisce autonoma idoneità modificativa, impeditiva o estintiva degli effetti del rapporto su cui la pretesa fatta valere in giudizio si fonda ed è riservata alla parte solo nei casi in cui la manifestazione della volontà della parte sia strutturalmente prevista quale elemento integrativo della fattispecie difensiva (come nel caso di eccezioni corrispondenti alla titolarità di un’azione costitutiva o all’esercizio di un diritto potestativo), ovvero quando singole disposizioni espressamente prevedano come indispensabile l’iniziativa di parte, dovendosi in ogni altro caso ritenere la rilevabilità d’ufficio dei fatti modificativi, impeditivi o estintivi risultanti dal materiale probatorio legittimamente acquisito (cfr. Cass. S.U. n. 1099/98, nonchè, tra le altre, Cass. n. 6450/04 e 16501/04). Le mere difese, a loro volta, hanno ad oggetto la contestazione delle condizioni di fondatezza della domanda dell’attore (cfr. Cass. n. 421/06, Cass. n. 4008/06), sia nel senso che si limitino a contestare l’esistenza dei fatti costitutivi sia nel senso che neghino le conseguenze che l’attore pretende di trarre da tali fatti.
1.4. Quando l’opposto, che nel giudizio di opposizione all’esecuzione è convenuto, si limiti, come accaduto nel caso di specie, a contestare le allegazioni dell’opponente sulla validità ed efficacia esecutiva del titolo sul quale il precetto è fondato non solo non svolge eccezioni di parte, ma nemmeno svolge eccezioni, limitandosi invece a delle mere difese: ed invero la verifica della regolarità del titolo, tenuto conto della causa petendi dell’opposizione, non può non avere ad oggetto i presupposti per tale regolarità. Così, quando l’opponente deduca la tardività del protesto di un titolo cambiario, l’ambito di indagine è dato dall’osservanza di tutte le norme che regolano i tempi della levata di protesto; pertanto, con riferimento a tali norme l’opposto svolge ragioni giuridiche, che sono mere difese, poiché non ampliano l’oggetto della cognizione del giudice a fatti che questi non dovrebbe valutare se non fossero stati allegati dalla parte. Ed appunto, nel caso di specie, sia la decisione del giudice di primo grado che la decisione del giudice d’appello si sono occupate della tempestività del protesto levato il […], essendosi limitato il secondo giudice a correggere un errore in cui era incorso il giudice di primo grado; correzione che, pertanto, si è svolta con riferimento ai medesimi elementi di fatto già valutati dal primo giudice.
2.1. Col secondo motivo di ricorso, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’art. 88 della Legge Cambiaria ed all’art. 2697 c.c., per non avere il giudice d’appello tenuto conto della previsione della prima di tali norme, che, in caso di cambiale alterata, stabilisce la presunzione che la firma dei giranti sia stata apposta prima della rettifica, “qualora non risulti dal titolo o non si dimostri che la firma sia stata apposta prima o dopo”. Infatti la Corte d’Appello di Trieste ha motivato nel senso che sarebbe stato onere dell’appellato, vale a dire del debitore destinatario del precetto, provare l’invalidità della cambiale azionata per avervi apposto la propria firma prima della alterazione, così violando il disposto di legge appena richiamato. Il motivo è infondato, ma la motivazione della sentenza impugnata necessita della correzione di cui appresso.
2.2. Premesso che la contestazione circa l’alterazione contenuta in una cambiale deve essere necessariamente proposta con la querela di falso (cfr. Cass. n. 4618/98, nonchè Cass. n. 2717/77), va evidenziato che, nel caso di specie, invece, l’opponente non ha dedotto una contraffazione della data di scadenza della cambiale, ma si è limitato alla contestazione circa i tempi della rettifica della data, che ha riconosciuto essere stata autorizzata sia pure con firma non riconducibile con certezza all’emittente.
Data tale situazione processuale, correttamente il giudice d’appello ha valorizzato gli elementi presuntivi desumibili dal contenuto letterale del titolo, con le date, di emissione, al […] e, dalla regolarizzazione fiscale, al punto Orbene, tenuto conto di tali elementi, appare incongruo il riferimento della motivazione alla necessità di una prova ulteriore in merito alla data di correzione della scadenza della cambiale. Detti elementi infatti sono tali che, già se considerati di per sè, superano la presunzione dettata dall’art. 88 della Legge Cambiaria, in quanto inducono a ritenere che la correzione della data di scadenza sia contestuale all’emissione della cambiale (cfr., nello stesso senso, in un caso analogo, Cass. n. 4209/10, in motivazione). Se si considera che l’opponente, malgrado intendesse contestare le risultanze letterali del titolo, non ha invece inteso presentare la querela di falso, non può che concludersi nel senso della correttezza della decisione della Corte d’Appello, che ha ritenuto che la firma di girata da parte del sia stata apposta dopo la correzione della data di scadenza della cambiale.
3.1. Col terzo motivo di ricorso il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto in riferimento all’art. 1243 c.c. e della L. n. 1669 del 1933, art. 55 per non avere il giudice d’appello accolto l’eccezione di compensazione formulata con riferimento al credito di regresso che lo stesso ricorrente vanterebbe nei confronti della società intimante il precetto, per essere questa, a sua volta, già girante della cambiale con firma di girata apposta prima di quella del medesimo […].
3.2. Il motivo è infondato se riferito all’eccezione di compensazione; inammissibile se riferito alla situazione di estinzione per confusione che si verifica nella fattispecie della c.d. girata di ritorno della cambiale.
3.3. In proposito giova richiamare i precedenti di questa Corte costituiti dalle sentenze n. 4666/88 e n. 6475/98. Secondo tale ultimo precedente, “in ipotesi di girata cambiaria c.d. di ritorno, fatta dal giratario in favore del primo prenditore-girante, essendo il titolo presentato per l’incasso, deve escludersi che detto giratario di ritorno abbia azione di regresso nei confronti di colui che nei suoi confronti è unico girante ma anche giratario, cumulando egli, rispetto a tale azione, la qualità di legittimato attivo e passivo, con la conseguente estinzione per confusione delle reciproche obbligazioni cambiarie ed inoperatività del regime delle eccezioni opponibili. Tale principio è applicabile anche nel caso in cui vi siano girate intermedie, nel senso che ogniqualvolta il rapporto di garanzia derivante dalla girata intermedia non interferisca nella rilevanza del rapporto tra i protagonisti della girata di ritorno, esso non impedisce, in relazione a quest’ultimo e nei limiti di quest’ultimo, il consolidamento dell’effetto estintivo”.
3.4. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la causa estintiva dell’obbligazione che opera nella fattispecie in esame non è certo la compensazione. Questa, infatti, presuppone l’esistenza di due distinte contrapposte obbligazioni che facciano capo a due distinti soggetti. Nel caso della c.d. girata di ritorno si ha invece il fenomeno della confusione, che presuppone che un solo soggetto riunisca in sè le qualità di debitore e creditore. La norma dell’art. 15, comma 3, della Legge Cambiaria, per la cambiale tratta (richiamata dall’art. 102 per il vaglia cambiario) deroga alla norma dell’art. 1253 c.c., rendendo possibile la girata in favore di colui che sia obbligato in forza della stessa cambiale (di modo che egli finisce per essere ad un tempo creditore e debitore): tale deroga è giustificata dalla possibilità di ulteriori girate; ma, come rilevato dalle sentenze su richiamate, “la deroga al principio generale dell’estinzione del credito cambiario per confusione viene meno invece (e la situazione torna assimilabile a quelle previste dal codice civile in materia di estinzione delle obbligazioni) quando resti accertato che il giratario di ritorno è creditore definitivo per scadenza del titolo o in mancanza di giratari successivi”(Cass. n. 4666/88). Questa situazione rileva sul piano sostanziale e cambiario perchè comporta l’estinzione per confusione delle reciproche obbligazioni cambiarie e del doppio rapporto di girata, nonchè sul piano processuale perchè, determinando la coincidenza soggettiva tra garantito e garante, comporta anche una coincidenza di legittimazione ad agire in regresso che rende inammissibile la relativa azione.
3.5. Dato quanto sopra, è palesemente infondato il riferimento alla compensazione giudiziale fatto dal ricorrente, che si traduce nella richiesta di liquidazione di un debito asseritamente opposto in compensazione che, di fatto, non esiste come debito distinto da quello azionato in giudizio.
3.6. Se, invece, si intende il motivo come riferito, sia pure in termini impropri, alla causa estintiva della confusione, il ricorso è palesemente inammissibile per difetto di autosufficienza poiché, trattandosi di un caso concreto in cui, come detto nell’esposizione del motivo, tra le girate riferibili alle odierne parti in causa vi era una girata intermedia (a tale […]), il ricorrente avrebbe dovuto, quanto meno, dedurre ed indicare i fatti per i quali il rapporto di garanzia derivante dalla girata intermedia non interferirebbe nella rilevanza del rapporto tra i protagonisti della girata di ritorno (cfr. Cass. n. 6475/98), vale a dire le ragioni per le quali controparte di un’eventuale azione di regresso del […] avrebbe dovuto essere la società odierna resistente, piuttosto che il diretto girante dello stesso […]. Di ciò nulla è detto in ricorso, sicché nemmeno è dato desumere da esso che, in concreto, si sia verificata la situazione di confusione che avrebbe comportato l’effetto estintivo invocato (peraltro del tutto impropriamente) dal ricorrente.
- 4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida, in favore della società resistente, nella somma di Euro 1.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA.
(Omissis). 1