Cass. Civ., sez. I, 26 gennaio 1993, n. 948

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Cass. Civ., sez. I, 26 gennaio 1993, n. 948

[Omissis].

Svolgimento del processo

Con atto di citazione del 27 febbraio 1977 la S.p.A. I.F.I. (Istituto Finanziario Italiano), premesso che con atto pubblico amministrativo del 25 agosto 1971 stipulato con il Ministero delle Finanze aveva assunto l’incarico della pubblicità, distribuzione e vendita dei biglietti delle lotterie nazionali per il quinquennio 1972 -1976, convenne la predetta amministrazione davanti al Tribunale di Roma chiedendone la condanna al pagamento della somma di L. 782.891.598 che assumeva dovuta a titolo di revisione dei corrispettivi pattuiti, in ragione degli imprevedibili aumenti dei costi di gestione, organizzazione e vendita verificatisi nel corso del rapporto.

Il Ministero, costituitosi, contestò in linea di principio l’applicabilità dell’istituto della revisione, trattandosi nella specie di una concessione amministrativa e comunque di un contratto a struttura aleatoria, ed in concreto che l’I.F.I. avesse subito aumenti di costi non compensati da aumenti di guadagno; chiese pertanto il rigetto in toto della domanda.

Il Tribunale ritenne anzitutto che, nonostante la denominazione del contratto, non poteva configurarsi nella specie una concessione amministrativa, non ravvisando alcuna delega o trasferimento all’I.F.I. di funzioni o di attività propriamente pubbliche, ma si era in presenza di un ordinario contratto di diritto privato a contenuto misto, di mandato senza rappresentanza per quanto riguardava la vendita diretta dei biglietti, e di appalto di servizi, per quel che atteneva alla propaganda della lotteria ed all’organizzazione di una rete di distribuzione e rivendita. Ritenne peraltro che al contratto, di per sè di natura commutativa, le parti avevano specificamente attribuito carattere aleatorio, soprattutto con le clausole che prevedevano per l’I.F.I. l’impegno a garantire il pagamento di un minimo complessivo di massa premi per ogni lotteria, ed un incasso corrispondente ad un numero minimo di biglietti venduti, ed in considerazione di tale natura aleatoria voluta dalle parti, escluse la possibilità di applicare l’art. 1664 cod. civ. o altre norme sulla revisione dei prezzi, e rigettò di conseguenza la domanda.

La sentenza, impugnata dall’I.F.I. è stata integralmente confermata dalla Corte d’appello che ha in sostanza condiviso ed ulteriormente ribadito i rilievi e le argomentazioni del primo giudice.

L’I.F.I. propone ora ricorso per cassazione per un unico motivo.

L’Amministrazione finanziaria resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato per un motivo, al quale l’I.F.I. resiste a sua volta con controricorso.

L’I.F.I. ha altresì depositato memoria.

Motivi della decisione

Va anzitutto disposta la riunione dei due ricorsi, proposti contro la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.).

Con l’unico motivo del ricorso principale, l’I.F.I. deduce che con motivazione insufficiente, illogica e contraddittoria e violando le regole di ermeneutica contrattuale, la Corte d’appello avrebbe ritenuto che le parti avessero inteso rendere aleatorio il contratto, di per sè commutativo, tra loro stipulato, facendo in proposito riferimento alle clausole relative ai minimi garantiti per i quali l’I.F.I. si era impegnato verso l’Amministrazione; secondo il ricorrente, quelle clausole già di per sè non varrebbero a snaturare la natura commutativa del rapporto, imponendo semplicemente all’appaltatore di acquistare in proprio i biglietti eventualmente necessari per raggiungere il minimo, ed in ogni caso la Corte d’appello non avrebbe considerato varie altre clausole che confermavano il carattere commutativo del contratto, né infine che il minino garantito riguardava se mai il rischio della maggiore o minore quantità di biglietti venduti, ma non quello dell’aumento imprevedibile dei costi, su cui si basava la domanda di maggior compenso.

La censura è infondata.

Il contratto aleatorio si caratterizza appunto per l’alea, vale a dire per il rischio, connaturale al contratto e ad esso inerente fin dalla sua formazione, cui i contraenti, o uno di essi, si espongono circa il contenuto e l’entità delle prestazioni, in modo che per ciascuna delle parti, o anche per una sola di esse, rimane obiettivamente ed assolutamente incerto, al momento della stipulazione, quale sarà il risultato economico del contratto e se da esso deriverà un vantaggio, o quanto meno un vantaggio proporzionato al sacrificio da sostenere.

Certamente in ogni contratto, anche in quelli commutativi, è insito un margine più o meno ampio di alea, non sempre il risultato finale pratico-economico effettivamente conseguito dalle parti corrispondendo a quello che esse rispettivamente si aspettavano. Ma, mentre, nel contratto commutativo ciascuno dei contraenti è in grado, al momento della stipula, di valutare il rispettivo sacrificio e vantaggio che può derivare dalle loro prestazioni, l’incertezza del risultato dipendendo in definitiva dalla capacità soggettiva di valutazione degli elementi già a disposizione delle parti stesse, nel contratto aleatorio quella valutazione non è possibile a priori, l’entità delle prestazioni, o di una di esse, dipendendo da un evento che non è noto se ed in quali modalità e termini si verificherà (estrazione di un numero o di un biglietto nella lotteria, esito di una gara nella scommessa, durata della vita nella rendita vitalizia, e così via); e di tale evento, che incide o può incidere sull’equilibrio delle prestazioni, le parti accettano ed assumono il rischio.

Anche nei contratti commutativi, peraltro, e specialmente in quelli cosiddetti di durata, ad esecuzione continuata, periodica o differita, l’equilibrio economico tra le prestazioni, quale previsto e voluto dalle parti e quale risultante nella configurazione tipica del contratto, può subire un’alterazione imprevista per effetto di circostanze non esistenti né valutabili al momento della sua formazione, ed in tal caso, ove quella alterazione oltrepassi i limiti segnati dal rischio ordinario proprio di ciascun contratto, l’ordinamento reagisce apprestando rimedi, come quello generale della risoluzione o riduzione ad equità per eccessiva onerosità sopravvenuta (art. 1467 c.c.) o come quello specifico del contratto di appalto della revisione del prezzo per sopraggiunta onerosità o difficoltà di esecuzione (art. 1664 c.c.), che valgano ad eliminare o ridurre lo squilibrio.

Le parti tuttavia, nel loro potere di autonomia negoziale, ben possono prefigurarsi la possibilità di sopravvenienza ed assumersene, reciprocamente o unilateralmente, il rischio, modificando in tal modo lo schema tipico del contratto commutativo mediante l’aggiunta di un rischio che in quello schema gli sarebbe estraneo e rendendolo per tale aspetto aleatorio, con l’effetto di escludere, nel caso di verificarsi delle sopravvenienza, l’applicabilità dei meccanismi riequilibratori previsti nell’ordinaria disciplina del contratto (cfr. art. 1469 c.c.).

L’assunzione del rischio supplementare può formare oggetto di un’espressa pattuizione, ma può anche risultare per implicito dal regolamento convenzionale che le parti hanno dato al rapporto e dal modo in cui hanno strutturato le loro obbligazioni; e l’accertamento in concreto della detta volontà, attraverso l’interpretazione delle clausole contrattuali, costituisce un’indagine di fatto riservata al giudice del merito, ed incensurabile in sede di legittimità se esente da errori di diritto e da vizi logici.

Nella specie, in ordine al contratto intervenuto con l’Amministrazione delle Finanze avente ad oggetto la pubblicità, distribuzione e vendita dei biglietti delle lotterie nazionali, l’I.F.I. ha chiesto la revisione del compenso pattuito deducendo un sopravvenuto imprevedibile aumento dei costi di gestione e organizzazione del servizio, ed invocando al detto fine il disposto dell’art. 1664, primo comma, c.c.

La Corte d’appello ha convenuto sulla qualificazione del rapporto come appalto di diritto privato e non, come invece sostenuto dall’Amministrazione, di concessione amministrativa, ed ha correttamente affermato la natura commutativa del contratto di appalto nella sua configurazione tipica. Ha escluso però che nella specie l’appaltatore potesse far valere l’invocato diritto alla revisione del prezzo, in quanto con le clausole che stabilivano per l’I.F.I. l’obbligo di garantire all’Amministrazione per ogni lotteria un incasso corrispondente ad un numero minimo di biglietti venduti, ed il pagamento di un minino di massa premi, le parti avevano inteso rendere aleatorio il contratto, e l’I.F.I. in sostanza aveva assunto a proprio carico il rischio delle dedotte sopravvenienze.

Premesso che non vi è contestazione sul contenuto delle predette clausole, pienamente logiche e congruenti si presentano le implicazioni e le conclusioni che la Corte di merito ne ha tratto.

Le lotterie nazionali, di cui lo Stato si riserva il monopolio, non costituiscono propriamente un servizio pubblico, ma sono soltanto mezzi di reperimento di entrate, ed il minimo garantito di biglietti venduti cui si impegnava l’assuntore del servizio di pubblicità, distribuzione e vendita, serviva semplicemente ad assicurare allo Stato un’entrata minima netta corrispondente al prezzo dei biglietti depurato delle percentuali forfettariamente predeterminate a favore dell’appaltatore a titolo di compenso, e comprensive di tutti gli oneri e costi del servizio. E certamente incompatibile con tale impegno sarebbe stata la facoltà dell’appaltatore di far valere asseriti aumenti di costi per ottenere una revisione (id est: aumento) del compenso, che correlativamente e necessariamente sarebbe andata ad incidere sull’ammontare dell’incasso minimo assicurato contrattualmente allo Stato dalla vendita di quel numero di biglietti.

Evidentemente irrilevante è il modo in cui era prevista la realizzazione del minimo garantito (in particolare acquisto diretto da parte dell’I.F.I. dei biglietti eventualmente necessari), mentre nessuna incompatibilità con le indicate conclusioni della Corte d’appello presentano le altre clausole richiamate dal ricorrente che prevedono la possibilità di modificare le condizioni del contratto per altre e diverse sopravvenienze specificamente indicate (mutamento dell’abbinamento delle varie lotterie con le manifestazioni programmate, aumento del prezzo dei biglietti, e così via).

Il riscontro dell’adeguatezza e della congruità della motivazione della sentenza impugnata è di per sé sufficiente a determinare il rigetto del ricorso principale, la ricostruzione della volontà delle parti di un contratto attraverso l’interpretazione delle clausole relative essendo compito esclusivo del giudice del merito, non censurabile in cassazione quando sia assolto l’obbligo della motivazione.

Il ricorso incidentale, con il quale l’Amministrazione contesta la qualificazione data al rapporto dalla Corte d’appello, rimane assorbito essendo stato proposto in forma condizionata.

Il ricorrente principale, in ragione della sua soccombenza, deve essere condannato al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano come in dispositivo.

 P.Q.M.

La Corte di Cassazione, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale; condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in L. […] di cui L. 5.000.000 per onorari.

[Omissis].

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